Albòre Jazz – ALBCD-013 – 2011
Lorenzo Tucci: batteria
Claudio Filippini: pianoforte
Luca Bulgarelli: contrabbasso
Il trio jazz nella sua accezione più nota: piano – contrabbasso – batteria, è, di fatto, un momento assolutamente consolidato.
Sempre bello da ascoltare, ma spesso scontato, proprio per la sua formula che si è imposta ancor prima dell’avvento del jazz moderno. Per cui, quando ci capita tra le mani una soluzione fresca e originale come Tranety, guidata non da un pianista ma da un batterista, Lorenzo Tucci, pensiamo con sollievo che anche le formule più rinsaldate possano ancora suscitare nell’ascoltatore un certo tipo di emozione che la lunga militanza nel campo del jazz, per forza di cose (e di ragioni anagrafiche) ha logicamente stemperato nel corso degli anni.
Tranety possiede innanzitutto una grande esaltazione “morale”, prima ancora che musicale: i
brani sono quasi tutti di Coltrane, a parte il classico Afro blue di Mongo Santamaria e i “doveri di firma” dei musicisti: Hope e Solstice Tucci e Ivre a Paris del bravissimo pianista Claudio Filippini. L’altro elemento trainante è il contrabbassista Luca Bulgarelli (il “cemento” tra Tucci e Filippini). Per “esaltazione morale”, intendo la modestia (dote sconosciuta a molti musicisti di ogni latitudine) cioè avere il coraggio di non proporre testardamente propri temi per l’intero cd come purtroppo avviene oggi.
Non basta saper manovrare uno strumento per diventare compositori. Questo non mi stancherò mai di ripeterlo.
Questo cd, infatti, non è un mero tributo a John Coltrane. E quindi non andrà ad aggiungersi alle centinaia già stoccate “in magazzino”. Così come avvenuto per Drumonk, Tranety si libra in un percorso personale che guarda al “Maestro”, come elemento tracciante di un solco indelebile: il jazz. Nessuna concessione a sperimentalismi velleitari. Le trame coltraniane vengono proposte da tre musicisti che evidentemente, nel corso dei decenni, hanno digerito la lezione più importante del loro ispiratore, arrivando non a una sommatoria d’intenti, ma a una liberazione della propria idea, nata e sviluppata, però, dal pensiero di Coltrane. Proprio per questo, Tucci, Filippini e Bulgarelli, meriterebbero la palma come uno dei più stimolanti trii dell’anno. Africanismo presente, ma mai ostentato; poliritmica sempre controllata; ensemble assolutamente non debordante e melodia incantata. Proprio il recupero nella melodia di stampo coltraniano sta probabilmente la grande forza del trio. Il brano composto da Filippini (il citato Ivre de Paris) è appunto un elegante distillato
melodico che però bene si incunea nella logica modale di Tranety. Le perle presenti sul Cd
spaziano in un excursus che transita da Moment’s notice, Equinox, Lonnie’s lament, Cousin Mary (quindi il Coltrane pre Ascension) e After the rain per la chiusura di un disco dal quale è difficile staccarsi dall’ascolto.