Discograph – LCI4846 – 2011
Eric Legnini: pianoforte
Franck Agulhon: batteria
Thomas Bramerie: contrabbasso; chitarra
Krystle Warren: voce, chitarra
Da Romeo: chitarra elettrica
Kiala Nzavotunga: chitarra elettrica
Boris Pokora: sax tenore, clarinetto basso, flauto, sax baritono
Julien Alour: tromba, flicorno
Jerry Edwards: trombone
Okotu Moses: percussioni
Eric Legnini è un pianista che riscuote un discreto successo tra il pubblico italiano. Ha un gruppo nutrito di estimatori, non foss’altro per via delle sue collaborazioni con alcuni dei nostri musicisti più rappresentativi come il trombettista Flavio Boltro, il sassofonista Stefano Di Battista e il contrabbassista Rosario Bonaccorso, per fare solo alcuni nomi del panorama nostrano. Con The Vox ci ha regalato un disco caldo, dalle atmosfere soul, finemente ricamate dalla splendida voce di Krystle Warren, una cantante statunitense dal futuro radioso, se si spinge oltre gli ottimi risultati già raggiunti in questo disco. Krystle è anche autrice dei testi di alcuni degli undici brani contenuti nel disco.
Il pianista belga ha fatto le cose in grande in The Vox, usando dieci musicisti di origine francese e africana. Questi li ha divisi tra una corposa e potente sezione ritmica, coadiuvata, a volte, da chitarre elettriche; e una sezione fiati, che sostanzialmente crea quelle atmosfere soul tipiche degli anni sessanta di cui il disco è totalmente impregnato; e poi il pianismo effervescente, colorato e caldo di Legnini. The Vox è un viaggio musicale che parte dal soul jazz degli anni sessanta e si spinge verso i nuovi fenomeni della musica nera afro-americana.
Ne è testimone l’attacco del disco, un pressante incipit soul-funky, di vecchia memoria, che introduce la title track. In seguito arrivano una serie di pezzi, Joy e I need you, dominati dal fraseggio sensuale e accalorato della brava Krystle Warren, che, forse, dà il meglio di sé in ballad come Near The House On The Hill e Rose Coloured Glasses. In queste emerge, nella “lentezza” del brano, il suo timbro ampio e profondo che ricorda, con le dovute distanze, Cassandra Wilson. Legnini invece si concede all’interno del disco uno spazio tutto suo esibendosi in trio con fare spumeggiante e ricco di note nei brani Kitchen Maquis e London Spot, mentre in Cinematic si lascia andare verso un pianismo languido e discorsivo, intimo e di atmosfera.