Foto: Copertina di Allucinéscion
Guido Leotta. Raccontare suonando, fare musica scrivendo.
«Sono nato nel 1957 e ho sempre amato libri e musica. nel 1985, ho messo in piedi Moby Dick, in collaborazione con poeti, narratori e traduttori “locali”: presto – per fortuna – la piccolissima casa editrice è diventata piccola e poi media, allargando le sue competenze ad autori di tutta Europa. Tanto da arrivare a vincere il Premio per la traduzione del Ministero dei Beni Culturali, per il nostro lavoro dedicato alle lingue minoritarie.» Guido Leotta per la sua Moby Dick ha avviato Carta da Musica: una collana di audiolibri, ma si potrebbero anche definire dischi raccontanti per l’importanza rivestita sia dalla musica originale che dal testo, di cui abbiamo ascoltato Pianodeltablues e Allucinéscion. Musicista e, prima ancora, ascoltatore onnivoro («Dal progressive alla musica irlandese: ho suonato con un gruppo che faceva musica brasiliana e poi rhythm’n blues. Nel 1990 abbiamo dato vita al Faxtet – quintetto di bluejazz che vede ancora oggi i quattro quinti originari dei componenti: una specie di famiglia!»). È autore dei testi per i brani di Fabrizio Tarroni che, oltre che essere chitarrista del Faxtet, ha una carriera “parallela” con il vocalist John De Leo ed ha realizzato due album di pop-rock come cantautore.
I lavori presenti nella collana rappresentano una naturale evoluzione del lavoro di Moby Dick. Storie in cui l’argomento musicale è presente, elaborati secondo un particolare meccanismo creativo che unisce in modo indissolubile musica e parole, suono della voce e interpretazione dei solisti. «Ho continuato un percorso sempre più stretto tra musica e parole. Il mio sogno è raccontare storie quando suono e fare musica quando scrivo. Sono iniziative che coniugano i due “generi”, nate quando in Italia non lo faceva ancora nessuno, con un festival piccolo ma tuttora vitalissimo. E da questo “fare” è nata poi Carta da Musica, nel 1994. Una collana di audio-libri che mantiene una originalità unica: stuzzichiamo musicisti, scrittori e attori a “mettersi insieme” per progetti in cui tutti collaborano e che diventano poi spettacoli teatrali e reading che – finalmente, dopo qualche anno in cui questi oggetti venivano guardati come… dischi volanti – hanno trovato una “collocazione” anche sugli scaffali delle librerie, e nei festival. Siamo contenti di aver “inventato” queste collaborazioni così strette, etimologicamente “simpatiche” che evolvono strada facendo: perché oltre a non avere i mezzi adeguati per farlo, non ci interessa più di tanto, con tutto il rispetto e l’ammirazione, mettere insieme, ad esempio, Fiorello che interpreta Camilleri sulle musiche di Rava. Per fare questo basta aver un buon budget, e una distribuzione capillare.»
Si tratta di progetti che vedono coinvolti lo scrittore, gli autori, gli interpreti delle musiche e gli attori che raccontano la storia: la “scrittura” diventa, da lavoro solitario, una sorta di staffetta creativa. «Sono storie, o tragitti poetici, che trovano sintonia anche e soprattutto nelle personalità che li creano. Ci sono stati esperimenti fallimentari con scrittori troppo pieni di sé, che non hanno voluto “mettersi in gioco”, o con attori troppo spaventati dall’idea che la loro voce dovesse cooperare con altri “strumenti” o musicisti che si annoiano perché abituati a mostrare i muscoli in ogni occasione e quindi temono di diventare “damigelle” al servizio degli altri, perdendo la loro centralità. Ma per fortuna abbiamo anche trovato artisti davvero disposti a sperimentare questa strada. Attori come Elena Bucci o Matteo Belli, Ferruccio Filipazzi o Nicoletta Zabini – e scrittori come Lucarelli, Rigosi, Giovanni Nadiani, poeti come la francese Sylviane Dupuis e il belga Willem M. Roggeman – ben felici di realizzare progetti con questo respiro. Tutto questo, sì, fa uscire per un attimo i singoli protagonisti dal lavoro in solitaria per una cooperazione che – quando scatta adeguatamente – dà frutti inattesi: piacevoli, amichevoli, affascinanti, emozionanti.»
I Faxtet sono un po’ la colonna portante di questa attività. Oltre ad essere presenti e a dare la propria voce ai dischi, si sono anche “impregnati” del lavoro fatto per realizzarli. «Le musiche spesso sono a cura del Faxtet, ma non solo. Faxtet si è dimostrato un gruppo sensibile e pronto all’ascolto, che non ha bisogno di dimostrare nulla – per questo, eventualmente, ci sono i dischi e i concerti come jazz quintet – e che ha trovato naturale “respirare” assieme agli altri protagonisti. Faxtet è nato, abbastanza casualmente, proprio in concomitanza con la necessità di “sonorizzare” una serata poetica. Immediatamente dopo è nata l’esigenza di un repertorio originale e di uno sviluppo delle idee abbozzate in quei primi mesi di collaborazione. Ognuno di noi proviene da esperienze le più varie – rock, blues, canzone d’autore, funk, jazz più o meno “contaminato” e via andare con le sigle – e continua a coltivare progetti “altri”, ma il gruppo è diventato un campo base imprescindibile fatto di amicizia, brindisi e cene, interminabili discussioni politiche e musicali. Insomma: abbiamo imparato a camminare insieme godendo dei pregi e sopportando i difetti. Come ho detto fin da subito: l’unico elemento che abbiamo visto cambiare negli anni è stato il bassista. Ora – da un paio di stagioni – abbiamo con noi l’ottimo Milko Merloni – elegante e puntuale contrabbassista ma anche grintoso e trascinante bassista elettrico, ma soprattutto persona squisita, di immensa disponibilità e professionalità. Abbiamo realizzato una manciata di album strumentali e una decina di audiolibri. Abbiamo avuto la fortuna di qualche tour all’estero (compreso il Guinness Jazz Festival, in Irlanda) e abbiamo condiviso oltre 400 palchi. Per essere degli emeriti nessuno, senza management né particolari “entrature”, sarebbe da idioti lamentarsi! Per il futuro abbiamo la prospettiva di inserire in organico anche una cantante – la davvero bravissima Maura Chiara Montanari – che potrebbe rivelarsi fondamentale per uno sviluppo ulteriore, per praticare strade altre o comunque trovare nuovi colori al nostro bluejazz.»
Partendo da Pianodeltablues e Allucinéscion, ma anche guardando gli altri titoli del catalogo, si individuano due linee: l’iconografia della musica e dei suoi protagonisti e le storie della pianura emiliana. Inoltre la musica non rimane confinata al solo jazz, ma si amplia e prende direzioni diverse. La direzione musicale, in qualche maniera, spetta alla trama del racconto. «Gli scenari vanno dalla pianura emiliano-romagnola al disagio psichico, ai panorami più sfumati della lirica. Inevitabilmente la musica è protagonista anche a livello testuale nel lavoro degli scrittori coinvolti. Dico “inevitabilmente” perché spesso la musica diventa il territorio comune che facilita la comunicazione: gli attori dalla “giusta” sensibilità, capaci di usare la voce come sesto strumento, diventano stimoli per noi che suoniamo, e a loro volta ricevono spunti dal nostro “fare”.»
La musica nell'”economia” della casa editrice è diventata un punto forte. Sono stati pubblicati anche altri libri legati alla musica – come Magazzino Jazz di Franco Bergoglio e i racconti di Aldo Gianolio raccolti in “A Duke Ellington non piaceva Hitchcock” – ma anche dischi, tradizionalmente intesi, come i lavori del Grupo Candombe, Walter Gaeta e Ferruccio Filipazzi. «La casa editrice si occupa spesso di libri che hanno la musica come motore prioritario. Il libro di Gianolio, con le sue 4 edizioni, tradotto in Germania, diventato audio-libro per la voce di Paolo Nori ed è uno degli esempi più fortunati. La raccolta di testi di Franco Bergoglio, che presenteremo nei prossimi mesi con l’accompagnamento del Faxtet in un reading a “voci alterne”. Abbiamo anche realizzato uno dei pochi libri, e forse tra i migliori in circolazione, dedicati alla storia del flauto “classico”. Diciamo che ho avuto la fortuna d’incontrare altri che, come me, non riescono a disgiungere drasticamente le varie discipline, o – per lo meno – sono capaci di attingere linfa da tutto quel che si muove attorno.» E, per sottolineare il senso di incontro tra storie e musiche, Leotta descrive anche molte della altre attività che vedono coinvolti i prodotti della casa editrice. «Ad esempio, negli spettacoli del Grupo Candombe, spesso interviene Ruben Andres Costanzo, intellettuale italo-argentino che si dedica a un percorso storico e narrativo che corre parallelo alle musiche dell’eccellente sassofonista Silvio Zalambani e dai solisti della formazione.»