Roccella Jazz Festival 2011

Foto: Stefano Costantino





Roccella Jazz Festival 2011. “Unitàlia In-Attesa”

Rumori Mediterranei XXXI edizione. 12/20.8.2011.


Per le celebrazioni del centocinquantesimo anno dell’Unità d’Italia anche il Roccella Jazz Festival ha contribuito a suo modo e con la “consueta” originale trasversalità che da sempre lo contraddistingue, al racconto in musica del jazz italiano di oggi.


Un’edizione, questa, variegata e mobile, tesa ad offrire una molteplicità di linguaggi sonori che Paolo Damiani definisce come una specie di “laboratorio plurale”.


Ecco dunque giungere alle nostre orecchie il Jewish Experience, straordinario quintetto di Gabriele Coen che, nella piazzetta di Martone ha offerto una formula magica e coinvolgente di jazz e klezmer d’autore, agile e incisiva, dirompente e prodigiosa nella sua spettacolare teatralità.


E se il nucleo centrale dell’esibizione del clarinettista romano si è essenzialmente basato su Awakening, meraviglioso disco pubblicato e prodotto dalla Tzadik di John Zorn, quella di Dado Moroni ha invece tessuto le fila di una tradizione fresca e sempre rinnovabile nei modi e nei tempi di un pianismo pulsante e inimitabile.


Tanto Monk, tanti standard immortali (tra questi una magnifica versione di Everything Happens To Me), inframezzati dai divertenti racconti del pianista genovese, hanno emozionato non poco gli spettatori accorsi all’ex Convento dei Minimi per i confidenziali incontri del pomeriggio. A ruota, per l’occasione, si è esibito anche il trombettista Luca Aquino, con un magnifico solo incentrato su fascinazioni elettroniche mutanti e intimiste, ricche di sofisticate ed avvenenti atmosfere forgiate su di una musicalità incline a evoluzioni ora ponderate, poi carnali e pulsanti.


Su di una linea d’onda impagabile per dinamica e comunicatività, il concerto applauditissimo di Fabrizio Bosso e Rosario Bonaccorso ha trascinato il pubblico roccellese dentro una dimensione vibrante di suggestioni, esaltando la coesione inossidabile inscenata dai due musicisti i quali hanno regalato prodezze autografe alternate da una manciata di standard eterni.


Cristina Zavalloni, tra canzoni colte e citazioni jazz come punto di riferimento ultimo ha altresì vivacemente esposto in duo con il pianista Andrea Rebaudengo (suo partner anche nella vita), il proprio impagabile talento creativo interpretando musiche del Novecento e scegliendo autori complessi come György Ligeti, Charles Ives sino a Egberto Gismonti. Musica viva e attualissima nella forma e nei modi di un sound eclatante e spregiudicato è ugualmente emerso nei magnifici sbilanciamenti del concerto della vocalist bolognese alla guida della Radar Band con Cristiano Arcelli splendido alto sassofonista e arrangiatore di quasi tutti i temi, affiancato dalla spettacolarità di una special guest come Cyro Baptista alle percussioni. Ancora donne e ancora Italia nelle prodezze vocali di Roberta Gambarini, frizzante interprete di un jazz che racchiude tutta la carnalità e l’avvenenza più energica di un songbook variegato, soprattutto in certe ballad e antiche come Lush Life, Whats New o più celebri ed ammiccanti come Estate di Bruno Martino, dove al pianoforte siedeva un sempre grande e impareggiabile Kirk Lightsey. Incantevole poi “Sui Prati, Ora In Cenere, Di Omero”, concept concert basato sugli emozionanti testi di Stefano D’Arrigo, con la voce recitante di Chiara Caselli ed un trio da pelle d’oca: Rita Marcotulli, Elena Ledda e Luciano Biondini.


Altro trio, esclusivamente al femminile, con ospite la splendida cantante chicagoana Dee Alexander è stato quello di “Hear In Now” con la nostra Silvia Bolognesi al contrabbasso, la violoncellista Tomeka Reid e Mazz Swift al violino. Jazz da camera variegatamente improvvisato ma colto e ricco di complesse composizioni costituiva la girandola espressiva di questa formazione prodiga di fantasie creative dall’ambizioso linguaggio esplorativo.


La bellezza interpretativa, la chiarezza dell’esposizione, la caratura artistica rara e sapiente, sono stati gli ingredienti del coinvolgente concerto del Monica Salmaso Group. Una band semplice ma efficace così come il ricco songbook fatto di brani autografi, e tra questi quelli del marito sassofonista Teco Cardoso nonchè da classici brasialini firmati da Djavan, Milton Nascimento e Chico Buarque de Hollanda.


Tra i componenti del quartetto spiccava il giovane pianista di Niterói André Mehmari, virtuoso ma agile, colto ed esploratore di smaglianti profondità intuitive che lo incoronano come geniale nuovo talento della musica brasiliana di questi ultimi anni. Altro pianista poderoso e incandescente è stato quello del New Quartet capitanato dal contrabbassista svedese Lars Danielsson. Si tratta di Tigran Hamasian, ventiquattrenne interprete armeno con già a suo attivo ben quattro cd pubblicati a suo nome. Affiancato dal funzionale chitarrista inglese John Parricelli (session man di vaglia) e da Magnus Öström, celebre drummer degli E.S.T., Danielsson ha presentato al Porto delle Grazie di Roccella il ricco campionario di accattivante jazz, incisivo e ispirato, presente nel suo nuovo disco di prossima pubblicazione e programmato in uscita per il 2012.


E a proposito di E.S.T., questo è stato grossomodo il modello ispiratore del contenuto musicale dei tedeschi Tingvall Trio con Martin Tingvall (pianoforte), Omar Rodriguez Calvo (contrabbasso) e Jürgen Spiegel (batteria). Di tutt’altra dimensione la presenza a Roccella di due grandi senatori del jazz internazionale che hanno invece calcato il palco del Teatro al Castello, degnamente acclamati da un grande riscontro di pubblico. Eddie Gomez alla guida del suo quartetto ha reso omaggio alla figura di Scott La Faro al quale nella mattinata del 17 agosto era stata dedicata un’interessantissima conferenza-studio condotta dai relatori Francesco Martinelli e Vincenzo Caporaletti. Al concerto di Gomez, con Stefan Karlsson al pianoforte, con un granitico Nasheet Waits alla batteria e con un giovane promettente trombettista siciliano, Alessandro Presti, sono state eseguite musiche di Bill Evans o standard che il grande pianista di Plainfield suonò col fido contrabbassista originario di Siderno, scomparso a venticinque anni a seguito di un grave incidente stradale.


Da spellarsi le mani l’esibizione dell’ottantunenne pianista Hamad Jamal, sempre prezioso ed eloquente alla testa del suo nuovo quartetto. Lunghi tappeti ritmici, sonorità esotiche con ampio spazio concesso all’improvvisazione delle percussioni di Herlin Riley e Manolo Badrena l’hanno fatta da padrone per l’autore di Poinciana nonché pianista amatissimo da Miles Davis, col quale però il nostro non ebbe mai modo di suonare.


Ultime segnalazioni riguardano altri significativi concerti. Tra questi l’esibizione di Stefano Di Battista, con Gino Castaldo voce narrante e la grintosa band formata da un eccezionale pianista come Julian Oliver Mazzariello e dalla ritmica costituita Luca Bulgarelli e Marcello Di Leonardo, su musiche tratte dal suo nuovo lavoro Woman’s Land dedicato alle figure di grandi donne come Rita Levi Montalcini, Coco Chanel, Ella Fitzgerald, Anna Magnani e Valentina Tereskova.


Massimo Donà, trombettista e filosofo ha invece esposto le sue musiche intriganti e palesemente davisiane (periodo “seventies”), interpretate sul palco da Francesco Bearzatti (sax tenore), Bebo Baldan (tastiere), Michele Polga (contrabbasso) e Davide Ragazzoni (batteria), su testi del misconosciuto filosofo Andrea Emo, letti e commentati dal sempreverde David Riondino.


Infine Moni Ovadia il quale ha celebrato con brevi racconti, antiche storie e divertenti aneddoti, i suoni e le atmosfere magiche del popolo Rom, “cantando” le intersecazioni più inedite tra la cultura ebraica e quella degli zingari. Un concerto che ha esaltato tra l’altro la sofferenza comune patita dai due popoli nel periodo delle persecuzioni razziali degli anni trenta.


Aperta come di consueto a Reggio Calabria dai concerti di Danilo Rea e Flavio Boltro seguito dai World Sinfonia di Al Di Meola (chi scrive è stato assente alla prima serata), la manifestazione si è invece conclusa con la cantautrice Chiara Civello insieme a Jacques Morelenbaum (a Roccella in versione di leader e di ospite), e da Nicola Piovani. Il compositore romano ha diretto in chiusura l’Orchestra Nazionale dei Conservatori Italiani in un breve ma applauditissimo concerto costituito da musiche autografe tratte da celebri colonne sonore (Il Generale, La Voce della Luna, Ginger e Fred), e tra queste, il tema de La Vita è Bella che gli valse l’Oscar nel 1999.