Roma Jazz Festival 2011

Foto: Fabio Ciminiera





Roma Jazz Festival 2011.

Auditorium Parco della Musica, Roma. 8/30.11.2011.

Come piacevole tradizione a novembre all’auditorium di Roma è tempo di Roma Jazz Festival. Giunto alla sua trentacinquesima edizione , anche quest’anno il cartellone offre puntualmente, in una ventina di giorni, un gran numero di spettacoli distribuiti nella varie sale. A ben guardare però gli artisti di punta presenti in programma sono in definitiva dei veri e propri habitué del palco romano, venendo così a mancare, ancora una volta, il vero colpo a sorpresa. Ecco allora ritrovare i vari Metheny, Bollani, Fresu e Rava ad impreziosire un programma che punta più sull’usato sicuro che sul nuovo ad alto rischio.


L’anteprima è toccata nel mese di ottobre a Wayne Shorter con il suo oramai collaudato quartetto mentre, l’8 novembre, è il flamenco di Dave Holland e Pepe Habichuela ad inaugurare ufficialmente il festival. Due giorni dopo fa invece ritorno a Roma la chitarra elettrica di Mike Stern, salito alla ribalta per aver affiancato il suo nome all’ultimo periodo davisiano. Alla guida del suo quartetto di stampo tipicamente fusion, in cui spicca il sassofono tenore di Bob Malach ed una ritmica corposa, i quattro danno vita ad una esibizione più che altro fatta di virtuosismi e compiacimenti fini a se stessi in un susseguirsi di esercizi di stile alla lunga poco entusiasmanti.


Il 13, in una gremita Santa Cecilia, l’ennesimo ritorno di Pat Metheny propone nuovamente i suoi brani in uno splendido trio completato dalla batteria di Bill Stewart ed il contrabbasso di Larry Grenadier. Ed è proprio quest’ultimo la vera star della serata, quando fin già dall’apertura delizia il numeroso pubblico accorso in uno splendido duetto con il chitarrista americano. Anche l’entrata di Stewart si rileva un valore aggiunto, formando con lo stesso Grenadier una ritmica di assoluto valore al servizio dell’instancabile leader che, sul finire ripropone, anche se in maniera ridotta, il suo innovativo progetto solista Orchestrion che si dimostra ancora una volta stucchevole.


Uno degli eventi più attesi è senza dubbio lo sbarco dopo anni di Dee Dee Bridgewater che porta in tour lo splendido omaggio a Billie Holiday, uscito già su disco lo scorso anno per la Verve. Già dalle prime battute però si ha la sensazione che non tutto funzioni al meglio, complice anche una equalizzazione che non sembra impeccabile, con la voce della cantante che sovrasta fin troppo gli altri strumenti. Uno show che sembra esser più vicino a Ella Fitzgerald che a Billie Holiday per timbro, estensione vocale e per il modo di interpretare i vari standard presenti in scaletta. La voce di Dee Dee resta comunque ancora di qualità assoluta ed è un vero e proprio strumento, con tanto di quello scat caro proprio alla Fitzgerald, anche se non pienamente supportata dai suoi compagni di palco, lontani anni luce dai vari James Carter e soci presenti sul disco.


Ecco allora che le note più positive e sorprendenti le fanno vedere e ascoltare proprio i nostri musicisti, a partire dall’originale progetto Musica Nuda che ha come protagonisti Petra Magoni e Ferruccio Spinetti. L’atipico duo scongiura anche le perplessità iniziali riguardo la tenuta di un intero concerto fatto soltanto di voce e contrabbasso grazie ad un vario repertorio fatto di brevi brani che spazia con disinvoltura da rivisitazioni di Bach a De André, passando per composizioni originali. Il feeling perfetto, la splendida voce della Magoni e l’incedere costante di Spinetti, che non disdegna anche la tradizione mediterranea, fanno il resto, riuscendo a dar vita ad uno spettacolo di rara eleganza ed originalità che incanta anche l’esigente platea romana, la quale riserva loro una giusta ovazione finale, ripagata con ben tre bis.


Chiusura in bellezza il 30 novembre per il nuovo progetto di Enrico Rava ispirato a Michael Jackson. La band si compone di ben dodici elementi con i migliori giovani talenti del jazz italiano e una ricca sezione fiati fatta di ben sei elementi. Con gli arrangiamenti curati dall’eclettico trombonista Mauro Ottolini, il collettivo da subito spinge sull’acceleratore e, prendendo spunto dai temi più o meno noti dell’artista americano, rivisita tutta la musica del secolo scorso inserendo frammenti dixieland, reggae, funk e pop riletti in versione orchestrale. È proprio la musica d’insieme che viene qui privilegiata con i vari solisti messi in secondo piano ad iniziare da Giovanni Guidi e da una ritmica collaudata che comunque riesce a farsi notare. Di contro sono proprio i fiati a potersi sbizzarrire con un Rava in splendida forma e assoluto protagonista di un progetto sicuramente riuscito.