Omparty – Petra Janca

Omparty - Petra Janca

Picanto Records – PIC 026 – 2011




Leon Pantarei: tabla, blown tombak, set percussivo, looper, voce

Pasqualino Fulco: chitarra acustica e elettrica, chitarra sinth

Roberto Cherillo: piano, tastiere

Carlo Cimino: basso acustico, basso elettrico

Luca Aquino: tromba, flicorno, elettronica

Lutte Berg: chitarra acustica, acustica fretless, chitarra elettrica, elettrica fretless





Il bravo produttore e discografico Sergio Gimigliano continua a proporci musica ricercata che sta al jazz, con uno sguardo altro, o altrove. Essendo uno molto vicino al mediterraneo, ne assapora le influenze e le musiche che hanno stratificato millenni di storia culturale e sonora del nostro paese. Nel nostro caso lo fa producendo il disco del percussionista calabro Leon Pantarei, leader del trio Omparty. La musica dell’Omparty è una fusione di jazz, musica etnica e influenze popolari, calabresi in primis.


Il loro è un sapiente ordito di suoni che si sviluppano in maniera concentrica, quasi ossessiva e sciamanica; una sorta di ragnatela sonora che cattura l’ascoltatore e lo ammalia con melodie ataviche nel loro intimo ma moderne nell’espressione. L’Omparty in Petra Janca diventa un quartetto con l’ingresso del contrabbassista Carlo Cimino. La sua presenza da maggiore profondità e sostanza alla musica del gruppo. Ad arricchire il disco, inoltre, ci sono due ospiti di valore, il trombettista Luca Aquino e il chitarrista Lutte Berge.


Leon Pantarei dispiega in questo lavoro il suo armamentario di percussioni dalle provenienze più disparate. Lo fa creando un tappeto sonoro che si basa sull’equilibrio delle forze, sulla mancanza di prevaricazione. Lavora su una sottile linea rossa che dirige “democraticamente” i lavori. Gli altri musicisti sono così liberi di tessere la loro tela attraverso interventi che si integrano con la musicalità dei singoli strumenti. I nove brani del disco non sono altro che una lunga narrazione di viaggi attraverso le culture musicali di popoli a noi vicini e lontani. Melodie accattivanti e mai scontate. Contrasti di colori e incursioni sonore. Squarci di suoni che si materializzano dalla tromba di Aquino e dalle schitarrate di Berg e Fulco. Il jazz è presente. È la barra che tiene la nave in rotta. È la variante che rompe, con l’improvvisazione, l’ossessione circolare della musica etnica. Ne è prova il religioso e orante Santunente, oppure il sensuale, sulfureo e sardonico Mamamambo, violato dalla tromba corsara di Aquino e dalle rasoiate della chitarra di Berg. Le note preziose di una chitarra acustica aprono invece il nebuloso e ottomano Dr. Maduk. Non sono da meno le melodie rotanti di Calle De Las Brujas, che stemperano la loro energia centrifuga nella tranquillità estatica de La Nina Y La Luna. Tata Ca’ Muaru e Occhi Turchini, sono, stravolti con mestiere, i due motivi ripresi dal repertorio popolare calabro: interessante la loro riproposizione che preserva il nocciolo ma ne altera irrimediabilmente la polpa e il gusto.