Térez Montcalm – Here’s to You, songs for Shirley Horn

Térez Montcalm - Here's to You, songs for Shirley Horn

Incipit Records – INC 131 – 2011




Térez Montcalm : voce, chitarre

Gil Goldstein: pianoforte

Rufus Reid: basso

Steve Williams: batteria

Ernie Watts: sax tenore

Roy Hargrove: tromba






Settima incisione della vocalist canadese, ma si direbbe il primo dalle morfologie più spiccatamente jazz, intendendo il complesso stile, in cui l’espressione jazz s’imbeve di forti correnti rockeggianti, che hanno rapidamente orientato le attenzioni sulla talentuosa solista: progetto a gestazione decennale dedicato alla cantante-pianista che segnò un’originale arte del trio dagli anni ’60 all’alba del corrente millennio, Here’s to You ha trovato nella partecipazione dello storico batterista di Horn, Steve Williams, un notevole motore e fondamento di un ben accurato omaggio, preparato anche con grande quota emotiva: “Williams sa evidentemente come Shirley appoggiava la sua voce sul ritmo” apprendiamo dalle parole di Térez Montcalm “e dal canto mio non mi sono chiesta se vi avrei posto intonazioni rock o altro, ho cantato per come ho sentito, senza avvertire l’esigenza di modificare in nulla il mio modo di cantare!”


Accompagnandosi a sidemen di prim’ordine che garantiscono un esito di pregevolissimo standard, i toni dell’album tendono prevalentemente, in buona parte per la tipologie d’arrangiamento e di interventi strumentali, su un predominante mood hardbop, non sortendo così nell’abituale ventaglio stilistico apprezzabile durante un concerto-tipo della cantante, in buona parte tonificato dalle innervature rock del suo spettro esecutivo, che ella stessa contribuisce a modellare con gli interventi dall’inseparabile chitarra.


Aprendosi con classe compunta eppure già definita, Here’s to life svela con ampiezza la vocalità rauca, avvolgente e riflessiva di Montcalm, qui sostenuta da un raffinato e vaporizzato accompagnamento strumentale (segnatamente da parte di sax e pianoforte), e si rinvigorisce il clima già alla seconda Nice Ecstasy, in cui la fisicità compatta della cantante reincarna con agio i più decisi impeti di grandi signore della canzone e trascina una sezione strumentale già infittita e marciante ove di suo Gil Goldstein opera in “double” una eco sottile del pianismo personale di Horn, sortendo in momenti di fraseggio accorto e coagulato.


Raffinata elettricità pervade Rules of the road, per poi transitare verso i più dilatati climi auto-contemplativi, d’impronta gospel di A song for you, tra i momenti di maggior approfondimento del cantato della protagonista, doppiate dalle lunari sortite di Hargrove. Vigoria lucida e spedita di The great city, sostenute seduzioni old-fashion in A time for Love, la brillante impennata d’orgoglio di Just in time (con grande esposizione della storica batteria di Williams e scatto di vigoria dei tasti di Goldstein), languori privati e mirabilmente centellinati di One at a time, suggellando la session nei finali, levigati chiaroscuri di You won’t forget me.


Impreziosito da due cavalli di razza del mainstream, Roy Hargrove ed Ernie Watts, magistrali per discrezione e pur incisiva partecipazione, l’album è certo una grande realizzazione che sottende anche intelligente operato produttivo, ma a causa del clima stilisticamente un po’ ristretto la vocalità di Montcalm, nei cui confronti risulta piuttosto agevole, quasi immediata, l’assimilazione epidermica agli stilemi Jopliniani, stanti la lacerata emissione e le rauche profondità naturali, qui rischierebbe di esser fruita con impressioni parziali, rispetto alla maturità e alla completezza stilistica già espressa ad esempio nel precedente Connection, in cui la “promenade” tra cover assai eterogenee (evergreen francesi e del pop internazionali, addirittura un’inattesa ma forte rivisitazione di Mogol-Battisti) palesava la gamma timbrica drammatica, l’elastica vocalità e la grinta naturale della felina e atletica ragazzona, seppur totalmente priva di malizie e ammiccamenti gestuali, di cui anzi colpisce l’accessibilità sempre semplice dei modi e della presenza “cantautoriale” in scena. Forti elementi insomma di spontaneità e classe “diversamente intesa”, in questa testimonianza su disco che ulteriormente accredita e completa la credibilità di una comunque già solida, e per rinnovati versi affascinante nuova grande signora dell’interpretazione e del cantato.