Foto: La copertina del DVD
In viaggio con Manfred Eicher.
ECM Records – ECM 5050 – 2009
Un uomo seduto in una stanza, riflette sulla musica e ascolta i silenzi, i riverberi, le emozioni di un flusso sonoro che arriva da lontano. Comincia così il viaggio di Manfred Eicher intorno al mondo alla ricerca delle fonti della musica, nei luoghi in cui i suoi interpreti vivono e gli strumenti con cui lavorano.
Una piccola chiesa in Lituania, con una pala d’altare splendidamente colorata. Un coro, una sezione di archi. Un direttore illuminato dalla luce fioca accesa sul leggio. Due uomini ascoltano la musica infondo alla sala, commentano, si interrogano, interrompono l’esecuzione, discutono con il direttore, riprendono la partitura. L’incontro con Arvo Pärt è la prima tappa del percorso attraverso concerti e le sedute di registrazione. Un racconto scandito da parole e passione, dai preparativi e dall’attenzione al particolare: tutto ciò che serve per portare l’idea musicale dalla sua concezione fino alla sua manifestazione in disco e, soprattutto, in concerto.
Sounds and silence, Travels with Manfred Eicher, documenta il modo di intendere la musica e il processo che informa i dischi della ECM. I due registi, gli svizzeri Peter Guyer e Norbert Wiedmer, non celebrano Eicher – e, d’altronde, non ce n’è nessun bisogno, i dischi parlano da soli. Le immagini e le musiche riportano allo spettatore le intenzioni di Eicher, il suo percorso sempre coerente quanto aperto al continuo divenire della musica, a ridefinire le griglie espressive a seconda delle necessità emotive.
Tanto per segnare le possibili differenze il secondo personaggio incrociato nel percorso è la compositrice greca Eleni Karaindrou. E poi ancora Anouar Brahem, Nik Bärtsch e i Ronin, Dino Saluzzi, Anja Lechner, Marilyn Mazur e il duo formato da Gianluigi Trovesi e Gianni Coscia. Nel corso dell’ora e mezza del documentario scorrono perciò suoni e stili diversi, raccontati nelle tante lingue parlate dai protagonisti. Sounds and silence rivela come il suono della ECM sia in realtà la somma di tanti suoni, di tanti addendi, possibilmente differenti tra loro.
Le matrici etniche possono essere un sostrato comune a molti dei personaggi coinvolti, ma entrano in gioco anche sperimentazione e jazz, intensità delle interpretazioni, pulizia del suono e cura dei particolari. Senza dubbio la scelta dei personaggi pone in primo piano non tanto i personalismi dei singoli – Eicher, compreso – quanto la forza complessiva del percorso.
Un lavoro estremamente affascinante, ricco di colori, suoni, passione, voglia di raccontarsi e di mettere in evidenza i propri principi estetici. Sounds and silence porta dentro la musica e la visione di una esperienza che in senso complessivo – Eicher, la sua filosofia, i musicisti, i lavori prodotti – è protagonista da almeno trentacinque anni della musica creativa e di qualità.
La passione e la forte partecipazione con cui Eicher incontra il lavoro dei suoi musicisti conquistano, un trasporto e un coinvolgimento totali, ribadisce con forza Eleni Karaindrou. Una passione rivolta allo stesso tempo alla cura del particolare e all’aspetto generale. La forza della ECM viene da una traiettoria che si è mantenuta ragionevolmente al di sopra del livello di fiducia consentito dagli ascoltatori, oltre che dal livello medio delle produzioni. Scelte intelligenti – come quella di non svendere il catalogo o di non rieditare in maniera costante e capziosa i lavori aggiungendo bonus track al grido di definitive edition – hanno dato forza all’etichetta. La coerenza del prodotto e tanti altri elementi hanno fatto si che il marchio ECM fosse al di sopra del singolo disco – e, di conseguenza, al di sopra dell’eventuale flop di qualche lavoro.
Forse è anche inutile dirlo, ma avviare al giorno d’oggi una raccolta di musica contemporanea – per riprendere l’acronimo dell’etichetta, Editions of Contemporary Music – è una scommessa con un punteggio decisamente più alto rispetto al momento in cui la stessa idea venne messa in pratica da Eicher. Difficoltà che rende ancor più prezioso il ruolo di suscitatore avuto dal produttore in questi anni.
Guyer e Wiedmer accostano di continuo le singole esperienze e questo rende un grande servizio al documentario: il filo narrativo è sviluppato in maniera del tutto corale e sembra di vedere i vari protagonisti passarsi il testimone del racconto per mezzo di parole e musica, per mezzo di esperienze e ricordi. Sounds and silence è un racconto di voci e di immagini in presa diretta. Ambienti e lingue diverse, colori e luci estremamente differenti, situazioni varie dove i musicisti e il loro produttore danno corpo alla musica. I due registi svizzeri con una sapiente scelta di luci e inquadrature miscelano il racconto con le immagini raccolte intorno agli interpreti, ispirazioni e moniti concreti, vita quotidiana e avvenimenti epocali come la guerra in Libano.
Le “immagini” restano nella mente al termine del documentario: l’espressione, trasfigurata e rapita, di Arvo Pärt mentre ascolta l’esecuzione della propria musica; il volto e le parole forti, radicate e radicali, di Dino Saluzzi; i ragionamenti lucidi e diretti di Anouar Brahem; Anja Lechner completamente immersa nella musica suonata con Saluzzi; la profondità di Eleni Karaindrou.
“Non credo al suono in sè, come fatto artistico. Credo al racconto che si manifesta attraverso il suono e arriva al suo destinatario, l’ascoltatore. Quello che significa qualcosa per me è contenuto nel suono.” Sono le parole con cui Dino Saluzzi riassume il suo mondo estetico: insieme alle note di De Pacem Domine di Arvo Pärt, queste parole concludono il viaggio di Sounds and Silence e ne possono costituire la sintesi intima.