Ponissi, Solani e il Moloch

Foto: Efrem Abbà








Ponissi, Solani e il Moloch.

Alfredo Ponissi raggiunge un importante traguardo: sabato 14 aprile presso la sala “Il Kino” di via Perugia a Roma ci sarà la proiezione del suo cartoon Moloch (firmato assieme a Carola De Scipio), film finalista nella sezione di animazione del Concorso Internazionale di Roma “RIFF”, cioè Rome Indipendent Film Festival 2012, unico film italiano in gara, mentre la prossima settimana sarà proclamato il vincitore. Ne parliamo con il contrabassista della band di Ponissi, Stefano Solani.



Jazz Convention: Dove nasce l’idea di questo progetto Moloch e come si è sviluppata?


Stefano Solani: L’idea nasce da un racconto breve di Alfredo Ponissi, che oltre a essere un musicista jazz (tra i più dotati sassofonisti sulla scena) e compositore di vaglia internazionale è anche uomo di lettere: ha già scritto due romanzi, numerosi racconti e varie poesie. Moloch sono le memorie fantastiche del protagonista del film, con diversi riferimenti autobiografici nei quali la musica è al centro, così come è al centro la sua band, i Moloch appunto, di cui faccio parte. Moloch spinge a fondo l’acceleratore su un’epica jazzistica resa iperbolica anche da trovate narrative come il suonare orribilmente mascherati. E il mio alter-ego è “Salty Dog”, il contrabbassista.



JC: Oltre lei e Ponissi, da chi è formato il gruppo?


SS: Ponissi è ovviamente ai sassofoni e al flauto, poi ci sono Guido Canavese al pianoforte e Alessandro Minetto alla batteria e, per l’occasione del film, appaiono due ospiti: la vocalist Silvia Pellegrino e il batterista Jimmy Weinstein.



JC: Come interagite tra voi?


SS: Sarebbe assai lunga da spiegare, ma posso dire che sull’interazione all’interno di un gruppo di jazz e le dinamiche che ne determinano la sua musica, in collaborazione con Gabriele Artuso per l’associazione Webindra, io personalmente tengo corsi e workshop sul territorio, denominati ” he Music In You ” che stanno riscuotendo molta attenzione e un grande successo. Sono aperti a chiunque sia sinceramente interessato alle tematiche dell’improvvisazione e ai suoi punti-luce.



JC: Torniamo a Moloch: come si è concretizzato?


SS: Il progetto si realizza con Ponissi che dapprima ha voluto la trasposizione del racconto in un fumetto realizzato con i disegni di Francesco Nespola, mentre sempre Alfredo al tempo stesso ne scriveva le musiche, i vari temi originali che da quel momento la band, quella reale intendo, “The Good Life Quartet”, ha iniziato a suonare nel proprio repertorio in club e festival. Poi ha chiesto alla nostra amica e collaboratrice Carola De Scipio, regista e scrittrice, di girarne un film. Grazie a lei, a questo punto si sono aggiunte in fase di doppiaggio le collaborazioni totalmente gratuite e partecipate, perché innamorate del progetto, di Lello Arena e di altri attori e attrici.



JC: Che differenze esistono per lei fra suonare in concerto o per una colonna sonora?


SS: Beh, le differenze sono parecchie. Una per esempio è che innanzi tutto in sala di registrazione manca il pubblico e questo lo si può dire anche per qualsiasi altra sessione di natura privata: di prove, per studio o altro. Nel caso di colonne sonore che ho inciso, dove la musica e tutto il resto è previsto e preparato prima, allora io sono solo un esecutore, come chiunque altro in quella situazione. Mentre se all’opposto invece, la musica è totalmente improvvisata, si può suonare istantaneamente e registrare la musica che ne esce mentre si guardano contemporaneamente le immagini del film che scorrono, come mi è capitato di fare in altra occasione.



JC: Tutto questo vale anche per Moloch?


SS: Trattandosi del jazz di Moloch che è in altra posizione ancora, le varie versioni delle musiche incise per ogni brano, i cosiddetti “takes”, vengono scelte secondo criteri diversi che cambiano, valutando l’interazione tra il materiale scritto, cioè il tema, e le sue variazioni, ovvero le improvvisazioni e la loro riuscita nel loro bilanciamento, nella loro miscela. Poi la versione approvata viene inoltre ulteriormente vista e ascoltata in relazione con il “mood” della serie di immagini che va ad incontrare nel film. In concerto invece, il film sta, per così dire, spalmato tutt’intorno a te, nell’ambiente e al tempo stesso è dentro di te, e insieme questo dentro e il fuori avvolgono il punto, là da dove andrai ad estrarre la musica da te quella sera, diventando la vera colonna sonora della realtà di quel momento. Quello che voglio dire è che simultaneamente il film è dentro e fuori, “in’n’out”, come direbbe il buon Buckminster Fuller.



JC: Avrà un seguito, per lei, questo tipo di musica?


SS: Sì, un paio di seguiti. Prima di tutto la resistenza di combattenti per la musica che lega me e Alfredo in un rapporto di profonda stima e fiducia reciproca, e che si è sviluppato proprio con la lotta per affermare i valori della cultura e dell’educazione, musicali e filosofici, attraverso i vari progetti diversi che abbiamo realizzato insieme in questi ultimi anni e che sono tutt’ora in essere. E poi questo splendido risultato che abbiamo ottenuto senza nessuna raccomandazione o mediazione politica di alcun genere e realizzandolo a un costo prossimo allo zero. Due condizioni in netta controtendenza epocale che perseguiamo intenzionalmente da sempre, soprattutto la prima,e che ci ha fatto suonare molto poco con scarsi ingaggi e molta fatica in questi ultimi dieci anni. Ma noi teniamo duro e il vento sta cambiando.



JC: Altri aspetti che vuole sottolineare di questa esperienza?


SS: Direi il jazz e il suo cuore: il jazz e l’improvvisazione, soprattutto, non moriranno mai perché la loro intima essenza è all’origine del far musica per l’essere umano. E poi è proprio di questi giorni la notizia che l’Unesco ha istituito a partire da quest’anno 2012 in poi che il 30 aprile sia la “Giornata Internazionale del Jazz” nel mondo! Stay tuned, guys!