Gianluigi Trovesi & Gianni Coscia – Frère Jacques. Round about Offenbach

Gianluigi Trovesi & Gianni Coscia - Frère Jacques. Round about Offenbach

ECM Records – ECM 2217 – 2011




Gianluigi Trovesi: clarinetto
Gianni Coscia: fisarmonica






La curiosa serialità intrapresa con In cerca di cibo, proseguita quindi con Round about Weill (rispettivamente nel 2000 e nel 2004) aveva catalizzato grande attenzione sulle creative complicità di due sperimenta(n)ti maestri del suono popolare e colto nonché dell’interpretazione raffinata e accessibile, abili e catturanti miniaturisti, sia pur dalla pennellata ampia e di possente fibra, di vedute orientate ad ampio e trasversale raggio sulle stratificazioni e i panorami vivi del suono e della memoria.


S’avvicenda il percorso dunque dell’erratica coppia, nelle sue cifre intrisa degli umori semplici della terra e dei variamente tangibili eppure così importanti segni della strada: svelandosi nel fioco e compunto lucore d’apertura di Sognando Hélène, l’esposizione fluisce verso l’affabulazione swingante e dispettosa dell’offenbachiana Piff, paff, pouff!, passando attraverso le volute esplicitamente mozartiane che ammodernano, anticandola, La Périchole (che curiosamente risuona del blocco tematico non poi così vago del seicentesco Canone di Pachelbel); quindi più sfacciata e ammiccante sensualità tanguera in Tangoffenbach, lievitanti eco circospette in chiave jazzy da L’eccentrico inventore, così come gustose botte-e-risposte autoriali tra il modello e il duo.


Et moi? No, tu no! nasce gaiamente introspettiva per rimodellarsi a guisa di picaresca e umorale miniatura, lungo le vaghe onde di Parton le barcarole si giunge alle cospirazioni allusive e sagge di tono latino della Béguine del fauno, e l’elettricità dalle fibrillazioni sottili che anima Le jugement de Paris sfocia nella crepuscolare nonchalance di Ma! Non so!.


Irruzione annunciata della danza nella finta timidezza d’esposizione di Galop… trotterellando che tempera gli umori per poi esplodere orgiasticamente nella dionisiaca danza dell’arcinoto Can-Can, pur nella sua breve salve. Giudizio sospeso sull’alzata d’ingegno alla base del titolo Un americano a Troia (ma non è che le argute e forti venature klezmer dell’ancia manchino di forza espressiva specchiandosi nel modello gershwiniano) ritrovandoci al congedo di Epilogue ad umori composti e ricongiunti con l’albeggiare tenue dell’incipit.


Gratificato ancora una volta dalle note introduttive in libertà e francamente amicali dell’illustre Umberto Eco (che ha facile gioco nel collocarsi nemmeno tra i peggiori librettisti ECM), giocando nella sempre apparente modestia, il duo di “retroguardisti” che fanno confluire il folk nel jazz (e quant’altre rispettosamente amene considerazioni siano state loro tributate) sono forti degli strumenti d’ebano di Trovesi che da sottili sanno ergersi a maestosi e possenti e dell’intima palette di vividi chiaroscuri del mantice di Coscia. Gli eccessi dell’Autore compiaciuto delle incontenibili danze del Can-Can o del sulfureo Orfeo all’Inferno vengono contenuti, lievitati e altrimenti posti in gioco e se ne distilla nell’essenza il gusto melodico e della tradizione forte, fidando sullo charme semplice e la solida classe insiti nei suoni della vita, donando a ciò forma e materia con l’eloquenza assai possibilista, aperta, sensibile, e l’intesa fra i due, furtiva e ammiccante come l’interscambio di segni, istantaneo e strategico, sensibile e vigoroso.


Per chi ancora indugiasse per “genere” tra gli scaffali delle (superstiti) buone rivendite di dischi, consiglieremmo di farsi speditamente avanti e senza esitazione verso l’ovvio settore d’appartenenza: Musica!