Slideshow. Beatrice Zanolini

Foto: Dario Tettamanzi










Slideshow. Beatrice Zanolini.


Jazz Convention: Così, a bruciapelo puoi parlarci del tuo nuovo lavoro discografico?


Beatrice Zanolini: È il frutto dell’incontro di quattro amici che hanno voluto condividere un progetto intrecciando le proprie esperienze e i propri talenti musicali con garbo e senza sovrapposizioni, con cura e semplicità e con una buona – ed essenziale – dose di divertimento. Non a caso il titolo è 4 Friends. Più che l’opera di un quartetto è un lavoro corale dove gli stessi strumenti diventano protagonisti inediti nelle ritmiche e negli arrangiamenti (come il palmo e il dorso della mano che battono e strofinano la cassa del contrabbasso o il tintinnio delle chiavi del sassofono…): tutto questo è nato spontaneamente durante le esecuzioni, con la leggerezza e l’armonia di un’intesa complice fra di noi. Ed è stato bello giocare sulle formazioni alternate: dei 10 brani della track list, 3 sono in quartetto, 2 sono in trio e 5 in duo, con la voce che si accompagna di volta in volta solo con il contrabbasso, o la chitarra o il sassofono. Siamo andati dove ci ha portato l’ispirazione.



JC: Ci racconti ora il primo ricordo che hai della musica?


BZ: Sono nata e cresciuta onnivora di musica, con i miei genitori che ascoltavano dal jazz di Ellington, Fitzgerald, Satchmo, Miles alle canzoni di Cole Porter e Glenn Miller, da Mozart a Beethoven, da Sinatra a Presley passando dai Platters e Bill Haley ai cantautori italiani come De Andrè, Jannacci, Gaber, dalle colonne sonore di Ennio Morricone fino alla canzone dialettale di Giovanni D’Anzi. E invece dello Zecchino d’Oro, da piccina ascoltavo i Beatles e Con le mie lacrime cantata in italiano dai Rolling Stones. Guai a toccare i miei 45 giri!



JC: Quali sono i motivi che ti hanno spinto a diventare una cantante?


BZ: Ho sempre cercato nella musica un modo di esprimermi, di ascoltarmi e di farmi ascoltare. L’ho fatto per anni anche attraverso la danza. Ho iniziato a suonare la chitarra a dieci anni, mi sono sempre divertita a comporre testi e parodie, fin dai tempi della scuola. La musica è sempre stata per me un modo efficace di comunicare. Il vero salto c’è stato quando ho avuto modo di collaborare con musicisti professionisti di grande talento e sensibilità (e di grande pazienza!) con i quali è subito nata anche una splendida amicizia. Da qui la voglia di condividere non solo momenti di musica ma anche progetti, idee…



JC: Pensi sia difficile essere donna nel jazz? La condizione femminile aiuta o no in questa musica?


BZ: Non credo che le difficoltà nel trovare una propria posizione di soddisfazione – se non sempre di successo si può parlare – stiano nel fatto di essere donna o uomo, o di usare la voce piuttosto che di suonare uno strumento. E non tocco nemmeno l’argomento estetico. La vera difficoltà oggi sta nell’arrivare a chi ascolta e nel reperire i mezzi per realizzare i propri lavori. Credo che nel panorama jazz italiano ci siano moltissimi grandi talenti – uomini e donne, musicisti e vocalist – che meriterebbero molto più spazio e attenzione, più opportunità. L’importante è trovare almeno la propria identità e provare ad esprimerla. E non lasciarsi abbattere.



JC: E a scegliere principalmente il jazz da cantare?


BZ: Ho sempre amato il jazz anche se per anni non l’ho realmente coltivato nemmeno come ascoltatrice..ho imparato ad apprezzarlo ancor di più frequentando musicisti meravigliosi che amano profondamente quello che fanno e che sanno trasmettere questa passione..Il jazz è incontro di identità diverse, è improvvisazione, è intuito e fantasia, libertà espressiva ma nel rispetto di tutti gli elementi coinvolti, è genuino. Adoro tutto questo!



JC: Ha ancora un significato oggi la parola jazz?


BZ: Certo che sì! Proprio per i concetti di cui sopra. È un linguaggio universale e senza tempo, permette l’incontro di stili e condizioni molto diversi eppure capaci di fondersi in una magia unica in quanto irripetibile perché diversa ogni volta. L’improvvisazione è un’arte fine ed eccelsa. La complicità è una risorsa essenziale. La tecnica un elemento importante ma non sempre necessario laddove arriva l’emozione di chi legge la musica con il cuore e non con gli occhi. Ovunque ed in qualunque momento si può fare jazz e quando questo accade si azzera ogni barriera, ogni limite.



JC: Ma cos’è per te il jazz?


BZ: Libertà… rispetto… evoluzione…



JC: Quali sono le idee, i concetti o i sentimenti che associ alla musica jazz?


BZ: Come ho detto, nel jazz non ci sono limiti invalicabili quindi tutto è associabile: si sussurra e si urla, si esulta e si piange, si esprime il sogno e si esterna la rabbia…ti fa ballare dentro, ti rapisce, ti accarezza e ti scuote. La spiritualità interiore si traduce anche in gestualità espressiva. C’è comunione, intesa, confronto, spazio per tutti gli elementi in gioco, rispetto e tolleranza, esaltazione reciproca, ricerca continua…



JC: Come pensi che si evolverà il jazz del presente e il jazz del futuro?


BZ: Credo che non ci sia un vero e proprio percorso evolutivo perché il jazz è capacità espressiva oltre i limiti spaziotemporali e quindi è esso stesso evoluzione per definizione. Forse bisogna parlare in senso lato di evoluzione della cultura, soprattutto di chi ascolta. Oggi forse il pubblico attento e sensibile non è quello più vasto ma c’è, e merita di essere soddisfatto. Vorrei si evolvessero le situazioni nelle quali poter fare jazz, mi piacerebbe ci fossero più spazi per arrivare a più persone e un maggior riconoscimento dei talenti: più rispetto, insomma.



JC: Tra i dischi che hai fatto ce ne è uno a cui sei particolarmente affezionata?


BZ: Ogni lavoro ha la sua storia, il suo percorso. Certamente 4 Friends realizzato con Riccardo Bianchi, Marco Ricci e Giulio Visibelli e il cd in duo con Marco Detto On the fly (un lavoro del tutto estemporaneo!) hanno rappresentato per me una sfida, un impegno ed anche una svolta verso nuovi obiettivi. E poi dietro c’è un sentimento profondo di affetto, stima, ammirazione e rispetto che mi lega a questi musicisti meravigliosi.



JC: Quali sono stati i tuoi maestri nel canto, nella musica, nella cultura, nella vita?


BZ: In primis la mia famiglia, sempre..e tutte le persone che amo, che fanno parte (o hanno fatto parte) della mia vita personale e musicale. Ogni giorno imparo qualcosa… Non ho mai studiato né canto né musica, sono autodidatta e seguo il mio istinto, con tutti i miei limiti ma con totale spontaneità. Ma in particolare c’è una persona eccezionale che rappresenta per me un Maestro di musica e di vita ed è Franco Cerri: ascoltarlo suonare e parlare è sempre una grande lezione. Poi ci sono i modelli dai quali imparare. Credo che si debba ascoltare tutta la musica, anche quella che riteniamo pessima, perché i modelli più importanti non sono quelli da copiare ma quelli da evitare!



JC: Qual è o è stato per te il momento più bello della tua carriera di musicista?


BZ: Quando dalla platea di un teatro ho sentito la voce di mia figlia che mi ha gridato: “Brava!”



JC: Quali sono i musicisti con cui ami collaborare?


BZ: Elencarli tutti sarebbe lungo perché ho la fortuna di lavorare con persone straordinarie non solo perché sono dei musicisti eccelsi ma anche perché sono umanamente stupendi. In particolare ci sono degli amici con i quali, oltre alle esecuzioni musicali, amo molto condividere tempo libero, passioni e sogni, e costruire progetti: Riccardo Bianchi, Marco Ricci, Giulio Visibelli, Marco Detto, Gigi de Martino. Siamo più o meno coetanei, abbiamo anche molte affinità caratteriali o percettive. Recentemente mi è anche capitato di lavorare con un giovane di grande talento e spessore umano come Antonio Fusco.



JC: Cosa stai progettando a livello musicale per l’immediato futuro?


BZ: Anche se nella fisica non esiste il “moto perpetuo”, io ne ho fatto sempre la mia filosofia di vita: mai fermarsi! In questo momento ci sono tante idee ed alcuni progetti aperti. Tre in particolare, diversi e coinvolgenti: la rivisitazione jazz di alcuni autori italiani come Lauzi, Gaber e Jannacci con interazione di parti recitate dall’attore Fabio Bezzi; un Cd di inediti (al quale sto lavorando da alcuni mesi con Riccardo Bianchi); la collaborazione con Giulio Visibelli al suo progetto di arrangiamento e produzione delle operette di Giuseppe Pietri, sempre rigorosamente jazz!