Sei Miguel & Pedro Gomes – Turbina Anthem

Sei Miguel & Pedro Gomes - Turbina Anthem

NoBusiness Records – NBCD 29 – 2011




Sei Miguel: pocket trumpet

Pedro Gomes: chitarre






Potremmo considerare il presente Turbina Anthem per tastare il polso qualitativo dell’etichetta lituana NoBusiness, ormai fortemente conformata nella proposta di un jazz radicale, e che fonda il proprio carisma anche sulla rappresentazione privilegiata di enormi nomi quali David S. Ware, William Parker, Barry Guy o il sempre poco rappresentato Howard Riley.


Andando all’incisone in oggetto, la coppia d’improvvisatori portoghesi Pedro Gomes e Sei Miguel, il cui insolito assortimento strumentale chitarre-pocket trumpet è già un elemento di curiosità, sembra persistere, pur nella sua originalità, nel solco di coloro che, fatti propri vari idiomi del jazz e dell’avanguardia, riapprocciano con primitiva curiosità (e volendo, anche con artefatta innocenza) la natura elementare dei rispettivi utensili sonori.


Con un’entrata da autentici guastatori assorti, i due mirano alle fondamenta della concezione melodica, esplicitando quasi una doppia natura espressiva nel caso del chitarrista Pedro Gomes, che se in elettrico apre a squassanti vivisezioni del complesso oggetto-chitarra, generando minacciosi e incuranti clangori, in acustico con grezza veracità adotta armonizzazioni povere e dalla vita melodica breve; respiro corto, aspro e avido per la tromba, che non si fa scrupolo di lacerare la corteccia dei belletti d’ottone per liberare dello strumento venature più intime.


La foga vivisettoria del duo incede senza apparente programma, che non sia la determinazione di una “libera arena” di energie possenti e immediate; pure, questo intento all’insegna dell’ispirazione umorale e della collisione incidentale, si permette però anche una sua “serialità” interna nelle cinque The Pale Star, che cadenzano l’album fino alla terminale The Pale Star V – firmamento che, al limite di un flusso di accadimenti sonori che non mancano di asprezze e tocco violento, si fa tersa oasi di ristoro fondata sull’intimismo crepuscolare delle sei corde acustiche, sulla sordina compunta e i pistoni in morbidezza, che segnano il congedo nel recupero di gusto melodico leggibile e di tono (stavolta) incruento.


Graziata anche da una vivida ripresa sonora, nella scia di quella musica creativa ed istantanea che vuol persistere su certe sue piste fintamente spaesate e nobilmente illetterate, l’ostinatamente deviante coppia conferma come il concetto di “musica nuda” non vada dunque ripensato e, nel mantenersi aderente all’ideale concetto di libertà ed istinto fattisi sensazione condivisa, Turbina Anthem, non scevra di componenti ansiogene ed anti-estetiche (come a tanti apparirà) e d’altro canto non giungendo prima né nuova nell’ambito, riesce comunque nel suo incompiuto insieme a stagliarsi per creatività statuaria ed “importante”.