Jazzacci!… Paolo Jannacci Trio

Foto: Stefano De Lorenzi










Jazzacci!… Paolo Jannacci Trio.

San Bartolomeo al Mare – 14.7.2012

Paolo Jannacci: pianoforte

Stefano Bagnoli: batteria

Marco Ricci: basso elettrico


Anche questa volta, è un refuso a stupirmi. C’è chi si affida alla serendipità e chi alle stelle, ma un refuso involontario è spesso qualcosa che ha a che fare con il gusto e l’inconscio, con ciò che hai dentro e che sta tra le informazioni culturali e la necessità di filtrarle. Così, se anni fa mi era capitato proprio su queste pagine di scrivere sul concerto di “Al Jazzeau”, sorridendone, oggi la stessa cosa è capitata per questo artista. “Paolo Jazzacci”, ho scritto in primis, e cercherò di spiegarne il perché.


La storia di questa serata, sabato 14 luglio, ha inizio in una piazzetta della collina di San Bartolomeo al Mare, località della Riviera ligure di Ponente. La chiesetta della Rovere e un sagrato adibito per l’occasione. Una rassegna non propriamente per turisti, denominata dal bravo direttore artistico Cesare Bollani M&T (Musiche e Teatro) e con una buona compagine di spettacoli interessanti e non scelti a casaccio. E un ristorante. Piccolo, con pochi tavolini davanti al portale della Chiesa drappeggiati con tovaglie a quadretti e un vento lieve che porta in giro la poesia del basilico e dell’orata alla ligure. Ma in posti come questo la poesia è ovunque, quindi incontrare Stefano Bagnoli a un tratto non davanti a un tom ma a una zuppiera di pasta al pesto è stato singolare e sicuramente di buon auspicio per la serata. Con lui Marco Ricci a formare la sezione ritmica di uno dei musicisti più sorprendenti che abbia ascoltato negli ultimi anni. Uno per il quale le etichette non servono, qualcuno con un cognome così importante da doverlo onorare e a un tempo sdoppiare. Paolo, Jannacci di cognome. Quello che accompagna con il piano i comici di Zelig. Quello che quando sta sullo stesso palco di suo padre gli misura i passi e se lo mangia con gli occhi. Quello che in questa serata è stato chiamato per suonare un concerto di jazz e sin dall’inizio ne assapora lo svolgimento, si gode il momento, dipana note sapienti con autorevolezza ma anche con tutto il divertissement di chi non ha voglia di dimostrare nulla. E infatti è stata la sua musica a lasciarci sopraffatti.


Le spazzole di Bagnoli sono leggendarie, e non è una novità. Il basso elettrico di Ricci è morbido e sinuoso, entrambi lasciano molto spazio al pianista e gli lasciano raccontare molto. Con le parole, perché Iannacci cerca di coinvolgere un pubblico assai eterogeneo con aneddoti e sensazioni personali, ma anche con una modalità lenta e documentata di intervalli, temi, citazioni che entusiasmano la platea e la fanno sentire dentro quel suono.


E così, dall’evocazione di Bill Evans alla magnifica Can Camini dal soundtrack di Mary Poppins – già in passato mirabilmente ri-arrangiato anche da Duke Ellington – fino ai brani originali Chiara’s Tune e Solaris (un pezzo davvero notevole, con ritmiche alla Petrucciani e grande versatilità), l’incedere del trio è lento e intenso, con un finale dilatato e una simpatica gag tra Jannacci e Bagnoli, prima di un bis applauditissimo.


Una serata necessaria. Senza gli applausi al punto giusto e con un po’ più divulgazione verbale di quanto ci si aspettasse, è vero, ma magnifica e certo un momento di vacanza da tutta la verbosità tecnica che ci caratterizza solitamente.


Era una bella faccenda, insomma, essere lì nel parterre completamente indifesi di fronte alla differenza tra l’essere “facile” e l’essere “semplice”.


A volte cose così fanno davvero bene, e ricreano il senso del perché amiamo tanto il Jazz. Così tanto che anche “Jannacci” si possa tramutare nel suo corrispettivo omofono…