Slideshow. Egidio Colombo

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Slideshow. Egidio Colombo


Jazz Convention: Così, a bruciapelo puoi parlarci del tuo nuovo lavoro discografico?


Egidio Colombo: Si tratta di un compendio del variegato panorama del blues, dalle origini al “blues metropolitano”, con particolare riferimento alle sue espressioni jazzistiche del periodo classico. Ho realizzato l’opera con il Banjo Clan, un gruppo di jazz tradizionale che dirigo da oltre quarant’anni.



JC: Mi racconti ora il primo ricordo che hai della musica jazz?


EC: Nel 1951 mi affascinò la musica del chitarrista country Arthur Smith (autore del noto Guitar Boogie) e subito dopo rimasi folgorato dallo swing del quintetto dell’Hot Club de France, di Django Reinhardt e Stephane Grappelli. In seguito scoprii il magico mondo di Louis Armtrong, con l’acquisto di un “78 giri” con l’incisione di Papa Dip.



JC: Quali sono i motivi che ti hanno spinto a diventare un musicista jazz?


EC: La grande carica emotiva che mi trasmetteva questa musica mi coinvolse talmente che si trasformò quasi in un ossessione e nel 1952 riuscii a procurarmi un banjo e cominciai a strimpellare accordi ad orecchio.



JC: Ha ancora un significato oggi la parola jazz?


EC: Per me ha ancora un significato quella parte di jazz che rimane ancorata ad alcune caratteristiche che ritengo fondamentali : lo swing innanzitutto, la libertà espressiva e la creatività (improvvisazione).



JC: Ma cos’è per te il jazz?


EC: È linfa vitale, una forma d’arte che permette di esternare liberamente i tuoi sentimenti. Io sono anche pittore e trovo molte analogie tra jazz e pittura.



JC: Quali sono le idee, i concetti o i sentimenti che associ alla musica jazz?


EC: Carica esistenziale, gioia e spiritualità.



JC: Come pensi che si evolverà il jazz del presente e il jazz del futuro?


EC: Chi può dirlo? Come per altri filoni artistici ritengo impossibile formulare previsioni attendibili.



JC: Tra i molti dischi che hai fatto ce ne è uno a cui sei particolarmente affezionato?


EC: Sì, un LP della FDC Records del 1984 che raccoglie registrazioni che ho effettuato con la Genova Dixieland Jazz Band, al fianco del clarinettista Albert Nicholas e del trombettista Bobby Hackett, nel 1971.



JC: Quali sono stati i tuoi maestri nella musica, nella cultura, nella vita?


EC: Sono completamente autodidatta. Devo la mia formazione musicale a migliaia di ore di ascolto di dischi incisi dai grandi (ma non solo) del jazz classico e la mia “iniziazione” al trombettista Fausto Rossi e al trombonista Lucio Capobianco, in allora colonne della storica Riverside Syncopators Jazz Band. Naturalmente Louis Armstrong e King Oliver sono stati (e lo sono tuttora) i miei punti di riferimento.



JC: Qual è stato per te il momento più bello della tua carriera di musicista?


EC: Una serie di registrazioni effettuate con Albert Nicholas e Bobby Hackett nel 1971 e la partecipazione a Umbria Jazz nel 1987, con il mio gruppo Banjo Clan.



JC: Quali sono i musicisti con cui oggi ami collaborare?


EC: Il clarinettista Alfredo Ferrario, il chitarrista Roberto Colombo e il contrabbassista Aldo Zunino.



JC: Cosa stai progettando a livello musicale per l’immediato futuro?


EC: In prima persona, nulla. Con il gruppo Stringology, invece, siamo entrati in sala di incisione per la registrazione di una serie di brani originali di Roberto Colombo.