Foto: Francesco Truono
Roccella Jazz 2012. Sguardi a Levante (Parte II)
(segue dalla prima parte)
Sta diventando un’abitudine, oltre che un rito percorrere spazi consacrati o funzionali alla maratona jazzistica in oggetto, e l’ormai piena stagione estiva ci fa ricordare come il jazz, e la musica dal vivo, ci infonda l’emozione non solo tramite il suono ma anche attraverso l’immagine.
Una pacchia per i professionisti, tra cui il collaboratore iconografico di questo servizio, il vissuto fotografo Francesco Truono, che interpelliamo idealmente a nome di tutti i reporter fotografici, e che nel suo stile coraggioso ed eccentrico rimane un grande ritrattista della tenebra e un maestro di sorpresa.
Jazz Convention: «Truono, prendiamo a spunto un tuo aforisma: Roccella – l’imprevedibilità è la sua grandezza.»
Francesco Truono: «È proprio così… Dico che è un posto dove davvero si fa cultura… e da dove non vorresti mai andartene. Una Babele, dove può arrivare chiunque e puoi aspettarti qualunque cosa. A prescindere dai nomi, sono i progetti ad essere del massimo interesse, e in ciò un plauso va tributato secondo me alla grande direzione artistica. La realtà è che a Roccella si abbracciano le arti a 360 gradi, e puoi non capire se stai assistendo a musica, o teatro … È una miscellanea, un vero è proprio crogiuolo (mutuerei la parola “crocicchio” dal blues), una miscela di suoni, colori e voci, dove la parola si priva del suo senso etimologico e si denuda nella sua dimensione di suono. Ciò a cui si assiste è insieme tutto e niente… Insomma, Roccella in Jazz è unica!»
Corroborati e confortati da sì ispirate parole, c’imbattiamo in un altro operatore di settore ludico-culturale sia pur differente, il titolare del punto-vendita discografico in appoggio al Festival (nonché animatore di un quotato centro audiofilo): Saverio Surace è un’altra vecchia conoscenza con cui torniamo ad incontrarci.
Jazz Convention: «Quale bilancio riportate della vendita discografica in rapporto al Festival?»
Saverio Surace: «Mi impegno ad importare e a garantire l’offerta di un’assortita rappresentazione del jazz di qualità, partendo come s’intuisce dai musicisti ospiti o che hanno già segnato la manifestazione. Ovvio che la situazione del mercato è quella che è, ma prevale l’emozione del momento, e il pubblico volentieri ambisce ad acquistare una testimonianza dell’avvenimento cui partecipa; anche i nostri consigli sono seguiti e nell’insieme posso parlare di un risultato certamente positivo.»
Non solo il disco, ma soprattutto il contatto con gli artisti (quando possibile) contribuisce al fascino dell’evento, e torniamo con la memoria ad un’edizione di diversi lustri orsono, in cui con grande egualitarismo si poteva far colazione gomito a gomito con Paolo Fresu (insieme al notevole gruppo Tanit), contendersi il telecomando della hall con Roberto Gatto o John Abercrombie (allora in quartetto) scambiando un saluto più volte al dì per le scale dell’hotel con un cortese e puntualmente sorridente Steve Lacy.
«Credo che abbiamo centrato pienamente un carattere saliente dello spirito di Roccella Jazz, ossia quello dell’incontro» prosegue Vincenzo Stajano. «Rumori Mediterranei sta appunto a sottolineare la voglia d’incrociare le culture di quest’area, e l’obiettivo si manifesta lanciando un centro di ricerca sulle musiche di questi paesi. In quest’edizione ospitiamo cinque gruppi dalla Turchia, ritenendo che la punta di diamante sia rappresentata dal concerto del grandissimo maestro di flauto Ney, Kudsi Erguner. Ma l’elemento dell’incontro si manifesta soprattutto nella costituzione di gruppi che per la prima volta trovano a riunirsi qui, dando vita a progetti originali; devo certamente ricordare il grandissimo progetto, su nostra commissione, affidato a George Russell e che esitò nelle Roccella Variations, poi fissate su disco.»
Naturalmente il Festival esprime anche la realtà del Territorio, che gli si evolve intorno; abbiamo voluto approfondire questi aspetti con l’attuale Assessore all’Ambiente, avvocato Vincenzo Bombardieri.
Jazz Convention: «Vorremmo inquadrare il Festival alla luce delle istanze territoriali?»
Vincenzo Bombardieri: «Tre parole: cultura, turismo e ambiente sono tra loro interconnessi, e hanno segnato l’attività primaria delle amministrazioni che si sono succedute, Roccella Jazz ne rappresenta la punta di diamante, ed il riscontro istituzionale è che essa è fonte di input per le sfere amministrative. La realtà osservabile dal visitatore esprime in molti aspetti ciò per cui abbiamo lavorato in quanto a tutela ambientale. Le nostre spiagge ormai da 10 anni detengono la Bandiera Blu, abbiamo il sostegno del Touring Club e di Lega Ambiente. Abbiamo lavorato non solo per le spiagge, anche per l’abbattimento delle barriere architettoniche, soprattutto enfatizzerei l‘enorme estensione delle piste ciclabili che collegano la via marina al Porto, quest’ultimo di grande importanza, e che vive come darsena peschereccia ma anche di diportismo turistico. Simboleggia, diremmo, quel carattere di incontro-scambio che ben si sposa con la cifra del Festival, ossia dialogo tra le culture del Mediterraneo; non a caso, entro breve tempo sarà punto di transito per tutta una crescente massa di turisti in transito verso la Grecia.»
Jazz Convention: «Ecco che tornano le origini: magari un po’ di Storia?»
Vincenzo Bombardieri: «Non vorremmo perderci troppo, andando troppo a ritroso verso l’arcaico Porto Ausonio, o l’antica Anfisia; attualmente potrei designare il recupero del Castello o il Palazzo dei Carafa come due elementi storici che segnano l’immagine della località. Teniamo nel massimo conto le presenze locali, che arrivano a triplicarsi nel periodo del Festival, e pertanto com’è noto molti altri Comuni della fascia sono coinvolti nella ricezione delle stesse. È questo l’attuale coronamento della lunga attività dell’Associazione Culturale Jonica, che ha rappresentato e si è interfacciato con un tessuto associativo ampio e ramificato, e vive nell’arco dell’intero anno anche in forma di rassegne, gruppi e caffè letterari.»
Personaggio con cui abbiamo avuto modo nella scorsa edizione di condividere le esibizioni pubbliche ed anche ascolti privati, è un grande veterano e testimone del giornalismo jazz, Franco Fayenz.
Jazz Convention: «Qualche considerazione sul valore di Roccella Jazz da parte di uno sperimentato visitatore?»
Franco Fayenz: «Ho scritto già molti interventi e articoli e ribadisco quanto già detto: per quanto propone in termini di programma e scelta di musicisti, questo Festival è sempre stato molto particolare per livello d’interesse, e dico che vi si trova sempre qualcosa da imparare. Quando iniziai a curare il settore jazz per la rivista Amadeus, nel 1989, il primo articolo volli dedicarlo proprio a Roccella, partendo da un musicista storico, lo scomparso George Russell, e sul quale intendo tenere in questa sede una lezione. Allora il tema prescelto era “La Follia”, danza ispano-portoghese affrontata già da vari autori in passato, in questa occasione da rendere in jazz, e su cui Russell costruì un capolavoro poi documentato su disco, e al cui riguardo è stato eretto anche un monumento.»
Jazz Convention: «Approfittiamo per valutare insieme lo stato di salute del nostro jazz?»
Franco Fayenz: «Mi preme di più affrontare lo stato di salute dei nostri Festival, che non è buono. Questo perché non è buono lo stato di salute della cultura italiana, e qui tiro in ballo l’incuria da parte dei politici, specie nei tempi più recenti: la cultura, e dunque la musica, ha pagato più di altri settori! Roccella è riuscita a salvarsi in pieno in questa edizione, altri hanno dovuto invece ridurre l’offerta, in certi casi in termini anche minimi.»
Jazz Convention: «Qual è il valore e la testimonianza dell’essere giornalista jazz attualmente?»
Franco Fayenz: «Parlo per me, e dico che è nulla; il critico fa il suo mestiere: bene se ne è capace, pazienza se non lo è! E poi, parlerei più che di critico, di cronista: riferisco, non sta a me dare giudizi di valore, e nemmeno parlerei di un dibattito musicale. Un dibattito non lo si può portar avanti da solo, ma solo se si riscontrano i presupposti e la possibilità di farlo. L’esperienza nel mio lavoro, tornando alla precedente domanda, mi permette comunque di affermare che il jazz italiano – oggi – è uno dei più vitali al mondo, vanta personaggi di primissimo piano ammirati e seguiti in Europa, America, Asia e comunque nelle principali piazze con grandissima attenzione.»
Già pregustando le serate (e le giornate) che promettono d’intrattenerci in tono decisamente maggiore con il trio di trombe all-stars Hassell-Rava-Aquino, con Gonzalo Rubalcaba, Tom Harrell, il trio Molvaer-Haarset-Bang, Tord Gustavsen, Paolo Damiani Radar Band, Kudsi Erguner Ensemble, Michele Rabbia, Francesco Bearzatti, Ada Montellanico, Imperial Quartet, il duo Girotto-Biondini, Flavio Boltro, il duo Antonini-Carboni, Giovanni Falzone, Max de Aloe e molti altri, terminiamo l’istruttiva e rinfrancante passeggiata riconsegnando la parola al Direttore Artistico, Paolo Damiani.
Jazz Convention: «Damiani, con quale spirito vogliamo accomiatarci e salutare l’imminente nuova edizione?»
Paolo Damiani: «Non solo l’apertura ai musicisti dalla Turchia, ma anche tutte le peripezie affrontate nel salvare e riorganizzare questa edizione sono secondo me ben rese nel nuovo sottotitolo del Festival, ossia: “Cose Turke”!»
Non è certo humour da poco, specie da parte di “chi la sa lunga”.
Già con l’immaginazione siamo tentati d’immaginare come il Festival potrà superarsi nell’edizione 2013: per adesso ci basti approntarci ed invitare dunque a dirigersi ancora una volta verso Roccella Jazz, che ci/vi attende in forma smagliante e a porte aperte.