Slideshow. Eva Simontacchi.

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Slideshow. Eva Simontacchi.


Jazz Convention: Eva, così, a bruciapelo puoi parlarci del tuo nuovo lavoro discografico Places?


Eva Simontacchi: Il mio nuovo lavoro discografico Places nasce in un momento della mia vita in cui avevo bisogno di esprimermi attraverso la musica, i suoni, i testi che si trovano ora nel mio progetto. Ci sono momenti in cui si avverte una evoluzione nel proprio percorso di vita, un cambiamento. E questo cambiamento, questa evoluzione, avevo la necessità di esprimerli attraverso la musica. Non sono standard scelti a caso, ma hanno tutti un motivo per essere stati inclusi nella tracklist. L’album contiene anche due brani originali, Places e Sun and Rain, i cui testi svelano in parte la mia ricerca. Per l’incisione del disco ho chiamato Roberto Cipelli al piano, che ha curato gli arrangiamenti, Attilio Zanchi al contrabbasso, Massimo Manzi alla batteria e Tom Harrell alla tromba/flicorno. Tom Harrell aveva il suono perfetto per il progetto che avevo in mente. Personalmente, lo ritengo un vero poeta, un musicista eccelso. Roberto Cipelli e Attilio Zanchi avevano collaborato con me in passato, per l’incisione dell’album Pure Ecstasy (Splasc(H) Records, 2008).



JC: Facendo un balzo all’indietro, ci racconti ora il primo ricordo che hai della musica?


ES: La musica mi ha sempre rapita, fin da piccolissima. Ricordo che ho iniziato molto presto a muovermi al ritmo della musica e a cantare. Ho iniziato altrettanto presto lo studio del pianoforte, ma ricordo che esibirmi ai saggi davanti alla platea di genitori mi metteva molta ansia. Mio padre, Ruggero, era un amante della musica; in casa ascoltava dalla musica classica al jazz, alle grandi orchestre. Ascoltavo con lui i suoi dischi di Benny Goodman, Duke Ellington, Nat King Cole, e di musica classica e sinfonica prima di avere l’età per scegliermi da sola i dischi da acquistare. Ricordo che il mio primo 45 giri lo acquistai all’età di 12 anni.



JC: Quali sono i motivi che ti hanno spinto a diventare una cantante?


ES: Mi ha sempre dato molta gioia cantare, e a un certo punto della mia vita ho deciso di fare ciò che mi rendeva felice.



JC: Ti piace la definizione di cantante jazz o gradisci altro?


ES: La definizione di cantante jazz la trovo appropriata. Si, mi piace. Se vogliamo passare a una lingua straniera, Jazz vocalist.



JC: L’essere donna è di ostacolo nell’ambito jazz?


ES: Non trovo che essere donna mi ostacoli. Non l’ho mai avvertito come ostacolo.



JC: Ha ancora un significato oggi la parola jazz?


ES: Si, certamente.



JC: Ma cos’è per te il jazz?


ES: Il jazz lo associo alla creatività, alla libertà, al gioco, al mistero, al sospeso, al non definito, a qualcosa in continuo divenire. Per questo mi affascina. Sebbene ci siano delle regole da seguire, il jazz può ancora stupire e concedere spazio e libertà.



JC: Quali sono le idee, i concetti o i sentimenti che associ alla musica jazz?


ES: Libertà, creatività, dialogo (nel senso di interplay), colori, ma soprattutto gioco. C’è una bella situazione ludica nel jazz.



JC: Tra i pezzi di Places ce ne è uno a cui sei particolarmente affezionata? e perchè?


ES: I brani della tracklist di Places li ho scelti con molta attenzione perchè trovavano una corrispondenza in me in quel momento. Si tratta di brani che trovo meravigliosi, ma ho aggiunto anche Cheek To Cheek per dare una nota di leggerezza. Se dovessi sceglierne uno in particolare sarei molto combattuta tra For All We Know, The Island, e I’m Glad There Is You… Ma ora che ne ho nominati tre, mi spiace avere escluso gli altri. No, proprio non ci riesco. Ognuno rispecchia una parte di me.



JC: E tra i dischi che hai ascoltato quale porteresti sull’isola deserta?


ES: Porterei Let’s Get Lost di Chet Baker e Here’s To Life di Shirley Horn, ma è troppo riduttivo inserirne solo due…. Sull’isola deserta mi mancherebbe tutto il resto della mia collezione di album! E quelli che ancora non conosco e che sono in arrivo!



JC: Quali sono stati i tuoi maestri nella voce, nella musica, nella cultura, nella vita?


ES: Una grande maestra per me è Sheila Jordan. La ammiro sia come musicista che come persona. Mia madre, Carmen, e mio padre Ruggero mi sono stati maestri di vita, di cultura. La mia amica storica Nadia Pazzaglia, vari amici artisti (pittori, attori, musicisti) mi hanno aiutato ad espandere le mie vedute sin da giovanissima. E’ troppo riduttivo nominare solo alcune persone. A volte le persone da cui ho imparato di più sono quelle a cui potrei essere meno legata. Per esempio un insegnante un pò antipatico che potrebbe avermi trattata senza il dovuto riguardo, e che in questo modo mi ha stimolata a fare molto di più percorrendo nuove strade, nuove idee, cercando di superare i miei limiti andando oltre. Mi sento di dire che ho imparato tanto attraverso moltissime persone, perchè sono una spugna, e tutto ciò che mi attira e mi piace tendo a farlo mio, a sperimentarlo. E sono davvero grata a tutte le persone che ho incontrato per questa ricchezza, e per quando mi hanno ispirato.



JC: Le cantanti jazz che ami di più?


ES: Shirley Horn, Ella Fitzerald, Sheila Jordan, Jay Clayton, Carmen McRae, Diana Krall, Natalie Cole, Nat King Cole, Frank Sinatra, Mel Tormé, Kurt Elling, Chet Baker, e moltissimi altri.



JC: Qual è stato per te il momento più bello della tua carriera di musicista?


ES: Ho vissuto momenti bellissimi, ma mi piace pensare che il più bello debba ancora venire! The best is yet to come!



JC: Quali sono i musicisti con cui ami collaborare?


ES: Mi piace moltissimo avere tante esperienze e suonare con musicisti diversi. Ho ovviamente un gruppo più stabile, ma trovo stimolante collaborare con altre formazioni e con situazioni strumentali diverse tra di loro.



JC: Cosa stai progettando a livello musicale per l’immediato futuro?


ES: Ho mille idee che mi frullano per la testa, e sono talmente tante e tutte interconnesse, che non potrei per ora esprimermi su un singolo progetto. So per esperienza che queste idee matureranno e al momento giusto mi sarà chiara la direzione da prendere. Tutti i pezzi del puzzle cadranno al posto giusto, e saprò che è arrivato il momento per dare corso a qualcosa di nuovo.