Foto: da internet
Ryuichi Sakamoto & Alva Noto: S Tour.
Roma. Auditorium Parco della Musica – 23.9.2012
Era il 2003 quando il sofisticato pianista giapponese Ryuichi Sakamoto incrociò per la prima volta ad un festival il visionario dj e tecnico del suono tedesco Carsten Nicolai, in arte Alva Noto. Fu un incontro tra due mondi musicali diametralmente opposti ma con parecchi punti di contatto abilmente sfruttati dai due che, da allora, hanno dato vita ad un sodalizio che ancora non smette di sorprendere, suggellato da quattro dischi, l’ultimo dei quali, Summvs, uscito lo scorso anno. Ma è la dimensione live quella dove meglio si può cogliere l’interazione tra le due arti in delle performance caratterizzate non soltanto dai suoni, ma anche dalle immagini che vengono generate dalle melodie disegnate dallo stesso Sakamoto. Installazioni uniche, mutevoli, in una reciprocità tra arti visive ed improvvisazione che ha trovato posto nelle più importanti istituzioni di arte moderna, dal Guggenheim di New York al Tate Modern di Londra e la Biennale di Venezia.
L’ampia e moderna sala Santa Cecilia dell’auditorium di Roma sembra tuttavia il luogo ideale per assistere a questo tipo di incontro, prima tappa, domenica 23 settembre, di una breve mini tournèe italiana. Sakamoto, d’altra parte, ha sempre avuto un suo fedele seguito, frutto anche delle sue incursioni in ambito cinematografico in cui ha musicato tra gli altri Bertolucci, De Palma e Almodovar, e non sorprende affatto il tutto esaurito fatto registrare anche in questo contesto.
Tutto si presenta minimalista sin dalla scenografia in cui sono presenti sul palco soltanto un pianoforte gran coda posto di fronte ad una consolle con cui Alva Noto manipola suoni, luci ed immagini. Senza batter ciglio i due si posizionano algidi ai loro posti, introdotti da una fredda base su cui il pianista giapponese inizia a dipingere il tema di Trioon II. Tutto è estremamente essenziale, il pianismo di Sakamoto è lineare e spoglio ma mai facile, tratteggia melodie glaciali ma che pian piano cullano l’ascoltatore nelle atmosfere sobrie dell’elettronica di Alva Noto, un autentico fuoriclasse nel suo genere.
La scaletta è notoria dall’inizio e i due seguono rigorosamente il copione già scritto alla lettera, fatto di nove frammenti di media durata tratti da tutti i lavori fin qui pubblicati, senza variazioni o elementi improvvisativi. E questo sarà alla fine proprio il limite di uno spettacolo comunque sui generis, risultando alla lunga troppo monocorde per via anche di quel lieve ma costante rumorismo prodotto dai computer di Alva Noto, per molti rivelatosi quasi snervante. In effetti si tratta di una musica contemporanea difficilmente etichettabile e non stupisce affatto che possa anche spiazzare parte del pubblico presente, apparendo fredda e senza anima. Nei tre bis finali trova posto una strepitosa versione di By This River di Brian Eno, colui che forse più è accostabile alla musica dei due, il cui tema viene scomposto più volte in una musica che alla fine dividerà e farà discutere alimentando una critica infinita, simile a quella mossa a certe opere di arte moderna.