Pasquale Innarella Quartet – Uomini di Terra

Pasquale Innarella Quartet - Uomini di Terra

Terre Sommerse – TSJEI014 – 2012




Pasquale Innarella: sax tenore, sax alto, sax soprano

Francesco Lo Cascio: vibrafono, percussioni

Pino Sallusti: contrabbasso

Roberto Altamura: batteria






Registrato dal vivo in una live recording session di tre giorni, Uomini di terra vede il Pasquale Innarella Quartet alle prese con una operazione leggibile sia al livello squisitamente musicale che secondo una lettura politica e di impegno sociale.


Il quartetto è una realtà musicale attiva già da diversi anni. Insieme i quattro musicisti hanno già registrato nel 2006 L’uomo del 300 Gilera e hanno codificato in maniera sicura il proprio linguaggio. Innarella unisce nel suono dei suoi sassofoni improvvisazione radicale e senso melodico in una fusione stretta e vivace, animata da un equilibrio tutto personale tra questi due poli. Slanci impetuosi e aperture liriche si inseguono continuamente e danno una forte caratterizzazione al suo stile. La ostruzione del quartetto segue un principio analogo. Innanzitutto con la scelta di accostarsi ad uno strumento armonico “eccentrico” come il vibrafono e, in particolare, con lo stile fluido e sempre efficace di un musicista come Francesco Lo Cascio capace da una parte di far coesistere anche nella sua voce melodia e radicalità e quindi di interpretare e rispondere alle stesse istanze del leader, dall’altra di farlo questo con grande senso estetico e una spiccata attenzione alle dinamiche del quartetto. La ritmica formata da Pino Sallusti al contrabbasso e Roberto Altamura alla batteria crea ulteriori sponde per le intenzioni del sassofonista e per la ricerca sempre in atto di punti di equilibrio tra le diverse spinte che ne animano scrittura e assolo.


Le composizioni – tutte a firma di Innarella, a parte Malayka di Fadhili William e Non è l’amore che va via di Vinicio Capossela – sono quindi fortemente ancorate alla scrittura e alle necessità del tema, ma sono sempre aperte a deviazioni libere o, meglio, ne contengono i possibili spunti e la decisione se coglierli, o meno, sta ai solisti e al collettivo.


Le atmosfere – e con questo iniziamo ad andare verso la seconda lettura – in qualche modo richiamano un immaginario sonoro e stilistico italiano e, più precisamente, rurale e meridionale. La rapida successione di Festa contadina e Non è l’amore che va via rimanda alla memoria dei film neorealisti e alle immagini dei documentari dalle campagne meridionali della prima stagione della RAI. Altri riflessi tipici in questo senso si possono individuare nell’inciso di Donne delle Tembe o in un passaggio “ballabile” del tema de L’uomo delle terre. In altri casi come nell’apertura de L’uomo delle terre o nei passaggi dove l’intervento percussivo del vibrafono in connessione con la batteria e con il passo del contrabbasso crea accenni poliritmici, si può leggere un richiamo all’elemento africano.


La lettura politica è nelle dediche, nelle parole che accompagnano il disco e nel significato generale del disco. L’uomo della terra è Giuseppe Di Vittorio, storico sindacalista e dirigente del Partito Comunista negli anni cinquanta; Rocco Scotellaro – al quale è dedicata Flowers per Rocco Scotellaro, secondo brano del disco – è stato politico e letterato lucano, impegnato in tutta la sua attività a migliorare le condizioni di vita e lavoro dei contadini meridionali, sottoposti a condizioni disumane. Donne delle Tembe richiama una pratica antica della vita della campagna: le donne tiravano via le zolle di terra – le tembe, appunto – appena divelte da zappe e aratri. Nel compiere questa operazione restavano con le gambe immerse nella terra molle fino alle ginocchia, finché non tiravano fuori i piedi e si spostavano con un passo in avanti per compiere nuovamente la stessa operazione. Il concerto, poi, viene spesso accompagnato dal video realizzato da Mario Perrotta con le immagini della vita contadina dell’Appenino Irpino-Dauno, a partire dagli inizi del secolo scorso ad oggi.