Roccella Jazz 2012. Cala il sipario (Parte VI)

Foto: Elio Carrozza





Roccella Jazz 2012. Cala il sipario (Parte VI)


(segue dalla quinta parte)



Tutto ciò che ha un inizio ha una fine, è la legge naturale delle cose, e contiano pochi giorni e una manciata di esibizioni per la chiusura di Roccella 2012. Hanno termine anche i seminari-incontro di quest’anno, e ci ritroviamo in ristretta compagnia insieme al già coinvolto Franco Fayenz per la sua rievocazione della figura dello scomparso George Russell, che già fu ospite d’eccellenza in una vecchia edizione del Festival, esperienza poi fissata sui solchi del doppio album La Folia: the Roccella Variations, oltre a diverse, successive risonanze locali di tale prestigioso passaggio.



Jazz Convention: Ancora una celebrazione per George Russell: facendone oggetto di questa trattazione si è inteso premiare l’uomo o anche un certo modo di essere jazzman?»


Franco Fayenz: «Per quanto attiene al personaggio, ho inteso premiarlo perché Russell in particolare ha iniziato a dare un contributo molto importante al jazz già in quegli anni in cui gli Stati uniti non erano ancora direttamente coinvolti nel secondo Conflitto Mondiale. Già nei primi anni ’40, Russell aveva lanciato la hit Cubana Be-Cubana Bop, poi portata al successo mondiale dalla band di Dizzy Gillespie. Altrettanto significativa considero la composizione del brano A Bird in Igor’s Yard, che prende ispirazione da due grandissimi personaggi quali Charlie Parker (è noto che il nomignolo Bird, o Yardbird, risale ad un episodio in cui aveva ucciso una gallina per strada, fatto da cui riportò intensa emozione) come pure Igor Stravinsky, di cui aveva inteso celebrare l’avvicinamento al jazz, già sancito in Ebony Concerto, portato in scena e quindi al successo dall’orchestra di Woody Herman. Insomma, con Russell trattiamo di un personaggio tuttora sottovalutato, e che a mio giudizio è da rivalutare senz’altro nell’Empireo dei Grandi.»



JC: «Qualche speciale aneddoto da ricordare del personaggio?»


Franco Fayenz: «Stando a ciò che mi riguarda, innanzitutto la fortuna di aver potuto coltivare con lui un’amicizia personale anche al di fuori dello scenario di Roccella. Ritengo comunque degno di nota, quale aneddoto, che la storica esibizione roccellese sia avvenuta appena 3 o 4 giorni dopo il completamento della registrazione delle Roccella Variations, titolo che era comunque stato ideato e conferito “prima” di questo concerto. A conseguenza di questo che io considero un immenso contributo, ritengo giusto che poi Roccella Jonica, come peraltro vi dicevo in precedenza, abbia poi tributato a Russell grande riconoscimento.»



Possiamo far coincidere la seconda metà del Festival a partire dalla giornata dai grandissimi nomi, rispettivamente di Jon Hassell e Tom Harrell, modelli capitali della tromba, sia pur interpretandone visioni pressoché agli antipodi.



Grande attesa per il concerto d’apertura del Jon Hassell Group, impreziosito dagli aggiuntivi atout delle presenze di Enrico Rava e Luca Aquino: senza dubbio concentrazione e atmosfera d’insieme conformati già dai primi istanti del concerto, sostenuto instancabilmente dalle quattro corde del timoniere Michel Benita, colorito dagli sferzanti intercalari dell’esotico violino di Kheir-Eddine M’Kachiche (meno presente nelle ultime parti) e dagli elaborati apporti chitarristici di Rick Cox, ma l’affresco sonoro intessuto dal Hassell Group, nella sua tenuta d’insieme, denunciava alcune vacuità nelle compattezze di trama. Nulla da eccepire sull’apporto e l’evidente coinvolgimento degli illustri trombettisti aggiunti, con l’emissione più lacerata e meditativa di Rava, più cristallina e rotonda nel caso del giovane Aquino, mentre Hassell appariva giocare più in sottrazione, animando più da dietro le quinte una macchina via via più introversa, che legittimava l’apparizione di qualche elemento di maggior sorpresa, gli elementi effettistici troppo vistosamente esposti richiamavano più ad una distratta cornice pre-world che alle grandi spinte innovative del caposcuola dai visionari tempi di Possible Music o Earthquake.



Con tutto l’apprezzamento per l’inerente (ma già non più recentissimo) album Last night the moon came dropping its clothes in the street, e certamente consapevoli del valore delle presenze in gioco, a queste avremmo richiesto qualcosa che pervadesse le attenzioni e la memoria in modalità meno perfettibile, e più persistente sulla distanza globale della performance, comunque di fascino.



Breve pausa, prima dell’avvento sul palco del quintetto di Tom Harrell, e poco da eccepire sull’ormai raggiunto golden standard della formazione, che da alcuni episodi, anche discografici, in qua ripropone una formula apprezzata pur nella riproposta del modello, sia pure composito: il sostegno convincente del basso di gran mestiere di Ugonna Okegwo, la batteria sfaccettata e di visioni ampie, dal be-bop fino a grintose uscite hip-hop, di Johnathan Blake, l’ariosa e ispirata tastiera di Danny Grissett, la partnership tenoristica ormai tradizionale di Wayne Escoffrey (che più che complementare conferma essere l’assortimento da parte di un diverso idioma) e su tutto l’emissione piena dell’assorto leader. Guidate dal sempre gentile e incruento carisma dell’innocentemente sempre un po’ sornione trombettista, le cinque punte della stella harrelliana non raggiungano al 100% un amalgama esente dal sospetto, se non dell’autocelebrazione, almeno della poco mascherata riproposta di sé, e astenendoci ancora una volta dall’esprimerci sulla gestione d’immagine del mitico solista, apparso a fine concerto sensibilmente toccato dal compatto apprezzamento degli estimatori, confermiamo come Harrell persista nel farsi alfiere di una musicalità apollinea, compunta in una sua esposizione dolente e controllata, poco sensibile alle oscillazioni di stile circostanti (inclusa la sua band, cui non difettano adeguate sinergie) – e in ciò, estimatori più o meno convinti concorderanno nel ritrovare i fondamenti delle solidità del personaggio.



Torniamo quindi agli incontri con quanti hanno vissuto anche in forma attiva il Festival: presenza aggiuntasi in corso d’opera alla ?”crew” degli operatori mediatici, l’animatore della pagina Facebook “Difendiamo Roccella Jazz”, che nell’arco delle passate stagioni si è distinta quale veicolo e catalizzatore delle iniziative a sostegno della “nuova vigilia”, non rimanendo sul versante della pura virtualità ma scendendo in campo nel concreto a favore della causa roccellese: svelato l’anonimato virtuale, facciamo la conoscenza della simpatica e omnisorridente blogger.



JC: «Perché ancora tanto sulla “difensiva”? Ormai è fatta…»


Carmen Sergi: «Siamo nati con l’obiettivo di difendere il festival e continueremo a farlo perché si deve preservare ciò che è bello, si deve proteggere ciò che si ama. L’avventura di “Difendiamo Roccella Jazz” è iniziata nel settembre 2011, dopo aver letto la ben nota lettera del Presidente Zito al direttore di Calabria Ora sulle difficoltà del Roccella Jazz e sull’intenzione di mettere definitivamente fine all’ultra-trentennale esperienza del festival. E’ partito tutto dal web, contattando una persona che, all’epoca, conoscevo solo via facebook, la dott.ssa Valerio, dicendole che dovevamo fare qualcosa per evitare che il Roccella Jazz morisse e che avremmo potuto aprire una pagina Facebook. “Detto e fatto”: abbiamo, immediatamente, aperto la pagina, ho scritto una lettera al direttore di Calabria Ora e l’avventura è iniziata. Abbiamo cominciato a farci conoscere attraverso un’azione di, come si direbbe oggi, “web P.R.”, postando link nelle varie pagine di jazz, parlando, sempre via internet, con appassionati, esperti del settore e musicisti (una menzione speciale la meritano la straordinaria Roberta Gambarini che ha sempre ri-postato i nostri link e si è messa a disposizione nel diffondere i contenuti ed il fotografo Francesco Truono che ci ha “donato” la foto che è diventata il simbolo della nostra campagna)».



JC: «Osservavamo comunque che la vostra azione non si è limitata alla sfera virtuale».


Carmen Sergi: «Nel giro di poco tempo, numerose persone – tra le quali moltissimi italiani, italiani all’estero e, soprattutto, giovani – mi hanno contattata e mi hanno aiutata a portare avanti questa campagna. E’ grazie a loro che siamo riusciti a raccogliere oltre 2.500 firme nelle due petizioni (on line e cartacea), è grazie a loro che la pagina è riuscita ad ottenere una visibilità vastissima, siamo riusciti a farci visualizzare da oltre 30.000 persone in tutto il mondo (dati insight di facebook) ed è sempre grazie a loro che siamo riusciti ad ottenere, su delega del Presidente della Regione Calabria, un appuntamento con l’assessore alla Cultura, Prof. Mario Caligiuri. Le istituzioni sono state iperdisponibili ad ascoltarci; l’assessore si è anche prestato a farsi fotografare e ad essere inserito in un album della pagina e, scherzando, lo abbiamo definito il “social assessore” (sorriso – l’ennesimo: NdR) «.



Nella serata del mercoledì, un programma diverso e decisamente trascinante per il Tinissima Quartet di Francesco Bearzatti, che con infiniti ammiccamenti ha esposto un programma fisicamente catturante che esponeva popolari cover rock trattate con temi di Thelonious Monk. “Monk ?n Roll” per l’appunto, si è articolato dalla pinkfloydiana Money a My Sharona, passando per Led Zeppelin ed altre grandi icone rock, tutte molto riconoscibili per la nitidissima ritmica del basso di Danilo Gallo (egualmente pronto a lanciarsi anche in possenti solo di tensione chitarristica) e la sfaccettata macchina percussiva di uno Zeno De Rossi in palpabile forma (particolarmente sul finale) con le presenze solistiche condivise tra Giovanni Falzone, decisamente “in motion” e Bearzatti sempre piuttosto gigionesco ma mai gratuitamente, e comunque apprezzabile nei suoi estri di qualità, il tutto coronato dall”indubbio successo della versione “per così dire bootleg” in anteprima dell’album, andate letteralmente a ruba tra i presenti.



JC: «Bearzatti, gran successo stasera per Monk ?n Roll!


Francesco Bearzatti: «Beh si, tutto è iniziato un po’ per gioco, proponendo delle cover rock sulle quali ho innestato dei temi di Monk, delle cose spiritose da proporre come bis a fine concerto suonando nei club. Adesso se n’è raccolta tutta un’intera collezione, con la quale ho messo insieme quest’album che uscirà entro pochi mesi, giusto il tempo di risolvere alcune questioni di diritti d’autore, visti i numerosi nomi in ballo. E, insomma, sembra che piacciano…»



Nella serata successiva concerto d’apertura da parte della Radar Band con la regia e il violoncello di Paolo Damiani, variegato progetto “open” di musica totale, che oltre alla strumentazione più tradizionalmente jazz includeva anche l’antica chitarra battente di Francesco Loccisano. «Con quest’orchestra composta per lo più da musicisti giovanissimi» secondo le parole del leader Damiani «abbiamo voluto proporre un’esperienza musicale per l’appunto “aperta” secondo un variegato tragitto stilistico che importasse gli umori del Mediterraneo e soprattutto le varie espressioni della musica contemporanea». A seguire, l’atteso trio Molvaer-Aarset-Bang e connesse, elettro-acustiche alchimie: il trombettista c’incanala lungo l’oscuro tunnel della sua fascinosa e criptica musicalità che non rinuncia a tratti misteriosi, anch’egli esploratore fisico dello strumento di cui amplia l’estensione con la propria vocalità, e il programma da lui proposto si fondava sugli apporti piuttosto rarefatti, quantunque non privi di preziosità, della chitarra di Eivind Aarset, dalle tinte acide e trasparenti, apparentemente defilata rispetto ai palpabilmente più vitalizzanti e presenti apporti di un Jan Bang in gran forma, che ha determinato ampiamente e d’impatto le architetture del soundscape d’insieme con la concentrata e nervosa instant-performance delle sue elettroniche. Uno scambio di battute a caldo, raggiungendo dietro le quinte il rilassatissimo e pago trombettista.



JC: «Grazie per averci così tanto coinvolti: quali impressioni riportate di questa serata?»


Nils-Petter Molvaer: «Davvero una grandissima esperienza qui. Non siamo nuovi alle esibizioni in Italia, ed è in programma di tornarci ancora per almeno due o tre concerti prima della fine dell’anno, ma questo posto è davvero unico, pur andando molto spesso in tour credo che in Europa sia tra i due scenari che davvero mi esaltano. Poi, ritrovarsi qui è sempre magnifico, i panorami, grande cibo, vini eccellenti, e tanto altro ancora…»



Ringraziamo il grande Molvaer accomiatandoci prima che il tutto si trasformi in una lezione di epicureismo spiccio, e realizzando come ogni notte su questa parte del globo i “rumori mediterranei” non si plachino abitualmente prima delle due della notte; il dovuto riposo prima di affrontare l’ultima giornata, che programmiamo di iniziare, avendo già dato la parola alle personalità del territorio, incontrando anche il sindaco di Roccella, l’avvocato Giuseppe Certomà.



JC: «Sindaco, un saluto e una presentazione ai partecipanti al Festival?»


Giuseppe Certomà: «Le mie considerazioni ritengo siano le stesse di quanti hanno assiduamente lavorato per la riuscita del Festival. Abbiamo superato le difficoltà e le incertezze delle note vicende organizzative, in primis: contributi economici non attribuiti regolarmente da alcuni anni, cosicché si era accumulato un consistente credito nei confronti delle Istituzioni di riferimento. Tutto ciò fa sì che si possa non disporre adeguatamente delle liquidità necessarie a coprire le uscite di base, vedi i cachet, le spese di viaggio e alloggio degli artisti e dei collaboratori, ma certamente anche il mantenimento delle svariate spese infrastrutturali. Finalmente in quest’occasione la Regione Calabria ha dato priorità alla nostra manifestazione, rendendosi disponibile a recepire le nostre istanze. Messo in moto ciò, a questo punto permettete che faccia io una domanda: avete apprezzato la qualità degli spettacoli e della sistemazione?»



JC: «Abbiamo potuto coniugare il dovere (dell’informazione) con il piacere (del soggiorno e degli ascolti).»


Giuseppe Certomà: «Ecco, e di questo sono lieto e devo ringraziarvi! Tutto ciò ci soddisfa e ci sprona a impegnarci ulteriormente per la crescita del Festival e il miglioramento della qualità delle strutture del territorio, mediante i quali i nostri visitatori possano trarre sempre maggior soddisfazione. Una volta riscontrato il parere positivo dei rappresentanti regionali a dar vita ad una Fondo di dotazione, che potrebbe essere la soluzione finale, sarà questo lo scopo dell’istituzione di una Fondazione che conterebbe su suoi fondi stabili, in forma di immobili o liquidità, una struttura finanziaria solida per meglio reggere gli urti delle incertezze organizzative che possono determinarsi.»



Il sabato, e Roccella 2012 dunque, si conclude, dopo l’esibizione dei citati Istanbul Sessions, con la colorita Orquestra Todos, che con il calore e il melting garantito dall’assortita falange di musicisti provenienti da ben tre continenti suggellava con pienezza lo spirito della mescolanza e dell’incontro che tutte le premesse e ancora quest’edizione confermano essere il tratto più peculiare di Roccella Jazz, sulle cui ultime impressioni ci congediamo con il Direttore Artistico.



JC: «Damiani, pur avendo condotto tutto egregiamente in porto, non è mancata qualche frecciata polemica.»


Paolo Damiani: «La stoccata, direi, polemica mi sembrava quanto meno dovuta e condivisibile: ora, vi pare possibile che si debba continuare ad affrontare la gogna dell’incertezza di non poter riaprire i battenti su una realtà che già da 32 anni ha già dovuto affrontare ostacoli di ogni sorta? La politica, ritengo debba farsi definitivamente carico del tutelare quelle cose che davvero abbiano un valore, e dico che bisogna interrogarsi sullo stesso concetto di Festival, e vedere quanti di questi hanno già loro maturato un loro status autonomo e che nessuno metterebbe più in discussione, cito a caso il Festival del Cinema di Venezia, ad esempio!»



JC: «Siamo un po’ titubanti a chiedere se non vi siano invece elementi o pronunciamenti ostativi contro il Festival, sia al di fuori di questo o all’interno della comunità che lo ospita».


Paolo Damiani: «Un festival come il nostro, che si è piazzato al primo posto nel bando, ha apparentemente sottratto ossigeno ad altre manifestazioni non concorrenti, ma parallele, che si vedono private della possibilità di un finanziamento pubblico, e ciò potrà creare anche legittimi malcontenti, ma non ha senso ritrovarsi gli uni contro gli altri. Pertanto dico agli organizzatori di altri festival, carissimi amici in certi casi, che stanno davvero sbagliando il bersaglio nello scagliarsi contro la riuscita del nostro Festival, interpretandola a loro discapito. Questa non è l’unica fra tante realtà a tutt’oggi assurde quale quella di un Teatro alla Scala che, come molti non sapranno, deve continuare a concorrere per la possibilità di un finanziamento pubblico contro altre realtà del settore. Io dico che una realtà come quella di Roccella Jazz, con tutto il carisma che ha raccolto, al bando non dovrebbe nemmeno partecipare! Quanto alla comunità del luogo, esattamente come voi avete già definito “simbiotico” il Festival rispetto al territorio e alla comunità, certamente non posso indicare voci di dissenso locali verso un Festival che è sempre più strumento di crescita per il luogo».



JC: «Con quale spirito ci accomiatiamo dall’appena passata edizione, e siamo già al lavoro per le prossime?»


Paolo Damiani: «Come ritengo da tutti condiviso, lo spirito è del tutto soddisfacente, anche per le complesse ragioni già esposte. Una volta guadagnata la serenità delle basi per poter lavorare almeno per il prossimo biennio, siamo certamente già al lavoro per le prossime edizioni. Smaltita l’esperienza in corso, e dopo qualche legittimo giorno di vacanza, sto già ragionando e ipotizzando sui primi passi per mettere in moto la prossima edizione!»



L’agosto 2012 non ci lascia che una settimana: sopravvissuti ai nefasti anticicloni Caronte, Minosse, Caligola, nient’affatto sollevati dall’ancor più implacabile Lucifero e, almeno nel centro-sud, piuttosto delusi dalle blande promesse di refrigerio di Poppea, turbati dalle incertezze sul futuro dell’Euro e schiacciati dal dirompente avvento dell’Era del Pulcino Pio, che dire… Mai avremmo creduto, lo si ripete, ad una sparizione in concreto dell’ormai iconico Festival, e pur testimoni di ben altro destino a favore (o a danno) di apparentate manifestazioni, un altro biennio (e certamente non solo!) appare assicurato, nel colore e nel senso della sorpresa che anche l’appena chiusa edizione ha mantenuto, nello sfaccettato stile e con il coinvolgente carattere che è ormai proprio di Roccella Jazz.



Un particolare ringraziamento a: Maurizio Quattrini, Saverio Surace, Francesco Truono, Elio Carrozza, Carmen Sergi, Fabio Ciminiera e Franco Fayenz.