Sunny Sky Records – Sunny Sky 729 – 2012
Scott McLemore: batteria
Sunna Gunnlaugs: pianoforte, Wurlitzer
Robert Porhhallsson: basso acustico, basso elettrico
Andres Thor: chitarra acustica, chitarra elettrica
Oskar Gudjonsson: sax tenore
Remote Location è un album centrato sullo sviluppo delle melodie composte dal batterista Scott McLemore, statunitense ma trasferitosi in Islanda. Si tratta di melodie dirette, scandite in maniera leggibile e dal respiro ampio: la musica, registrata alla guida di un quintetto di musicisti islandesi, si pone in un punto intermedio tra le esperienze del primo Pat Metheny e il jazz nordico.
Le melodie sono il centro delle ricerca di McLemore. Lo sviluppo che viene offerto ai brani – a seconda dei casi, libero, ostinato, cantabile, narrativo – punta sempre e comunque a far risaltare la linea melodica e ad offrire uno spunto preciso per gli assolo. Il lavoro operato dalla formazione punta ad alleggerire, a lasciare spazio: la musica così non si sovraccarica mai di elementi ridondanti e rimane aperta alle suggestioni dei vari interpreti. La stessa presenza di due strumenti armonici come pianoforte e chitarra viene risolta a favore del sostegno del prima e di un ruolo “da secondo fiato” della seconda. E anche quando la deriva del brano porta verso il crescendo – gli assolo dell’omonima Remote Location o di Woods at Night – oppure si alzano i volumi – come in Citizen Sitting Zen o nel finale di Dunegrass – non c’è mai disordine o confusione: si cresce di intensità o di volume con passaggi meditati e senza strappi.
La sottrazione proposta da McLemore utilizza sospensioni e suggestioni piuttosto che i silenzi: linee e sostegni proseguono nel disegno suggerendo agli altri musicisti, prima, e all’ascoltatore, poi, gli elementi necessari alla musica.
La forte attenzione alle melodie e la coerenza tra i vari brani rende Remote Location simile per certi versi ad una suite unitaria. A maggior ragione, se si considera il trattamento differente riservato ai vari brani e la presenza di introduzioni affidate al solo pianoforte di Sunna Gunnlaugs e di un breve interludio come Una Danza en la Cocina, il discorso complessivo del lavoro prende ulteriormente forma in una dimensione compatta e mai forzata.