Pus(h)In Records – PH1005.2 – 2010
Elia Casu: chitarra, electronics
Matteo Muntoni: basso, basso preparato
Stefano Vacca: batteria, percussioni
Stanze impolverate di bar fatiscenti, terre abbacinate dal fuoco di mezzogiorno, primi-piani, dettagli, suspense. Ma anche la più folklorica Sicilia e gli scatti di Little Italy nei primi del novecento. Sarà anche un Piccolo Ensemble Elettroacustico, ma l’album presenta questo e tanto altro, in un lavoro di ricerca volutamente disorganico: sette tracce, un solo vero inedito.
L’anima cinematografica dei temi viene autenticamente fertilizzata, che siano le frenetiche sequenze dei western di Leone, restituite mediante incursioni drum&bass, o piuttosto le ossessioni erotiche in Malena, realizzate visivamente con un abile utilizzo di disorientanti “reverse” e live electronics.
Come una sfida a poker per antonomasia, Ostinloop è un serrato gioco di specchi tra musica per cinema e cinema stesso. L’interpretazione della colonna sonora diventa un’interpretazione del cinema e dei suoi fotogrammi. Chiara la radice semiologica di questa tesi: se ad un più tradizionale ascolto delle sperimentali orchestrazioni del Maestro il nostro orecchio annoda corrispondenze con le memorie cinematografiche, qui siamo in presenza di un livello simbolico superiore. In forza della reale deformazione sonora del materiale originale, l’epifania di piani sequenza o frammenti melodici è pulviscolare, opaca, nebbiosa.
Morricone riceve così un sincero omaggio mediante un elaborato macrotestuale di incisiva personalità, specie alludendo ai suoi maggiori e caratteristici stilemi musicali (fischi, scacciapensieri, percussioni, spari di rivoltella), senza retorica o facili citazionismi.
Passiamo all’ascolto. La voce di Gianluca Medas-Bartolomeo Vanzetti suscita più di un brivido in apertura di seconda traccia, con le accorate parole dell’arringa finale di Sacco e Vanzetti. Un essenziale motivo in delay, in luogo dell’originale sintetizzatore, annuncia lo spettro dell’esecuzione capitale.
Dal suono al groove. Ecco che la successiva Here’s to you, tratta dell’identico film, è una sincera randellata ritmica: l’ostinato chitarristico, come un servo fedele, prepara il paesaggio sonoro per le violente divagazioni rock dei tamburi di Stefano Vacca.
Giù la testa è una compiuta micro suite: apre uno sbilenco valzer sognante (il noto refrain Scion Scion della pellicola), tanto misurato nell’esposizione quanto visionario nello sviluppo del solo collettivo. La ritmica aggira il timing cercando soluzioni più timbriche che percussive, mentre il basso acustico di Matteo Muntoni si agita spostando gli appoggi lungo pericolanti linee di supporto armonico. Alcuni istanti di sonica confusione e ci riconosciamo in un condiviso sentimento di stupore con il limpido swing della meravigliosa aria liederistica di Giù la testa, un conclamato vertice morriconiano.
Chiude l’album Per un pugno di dollari, lunghissima composizione di frammenti vocali ed elettronica, derive improvvisative e rumorismi: come se Morricone fosse stato distillato nell’alambicco di un alchimista post-moderno per diventare un’estratto balsamico, un principio musicale, un suono.
Un lodevole plauso al rifiuto di fare del compositore romano un autore di standard tradizionali da esplorare con unilaterali improvvisazioni, chorus dopo chorus. Un’indicazione precisa di effervescente personalità della band e di distanza da un facile provincialismo italiano.
Leggero, audace, cinefilo.