Dodicilune Dischi – Ed299 – 2012
Emiliano Rodriguez: sax tenore, sax soprano
Luciano Biondini: fisarmonica
Roberto Bartoli: contrabbasso
Ettore Fioravanti: batteria
Terre di Mezzo è un progetto di lunga data che arriva con Danza Gialla al suo terzo lavoro in oltre dieci anni, dopo l’omonimo del 1999 e Faro pubblicato nel 2004: la formazione, nata in trio con Emiliano Rodriguez, Roberto Bartoli e Simone Zanchini, si è ampliata con la batteria di Ettore Fioravanti nel secondo disco e, infine, nel lavoro in questione, troviamo Luciano Biondini alla fisarmonica.
Si potrebbe sintetizzare il lavoro del quartetto con “italianità nel jazz”: l’impasto di fisarmonica e sassofoni, ritmi popolari piegati con delicata attenzione alle necessità di improvvisazioni e temi, una scrittura originale capace di unire la matrice “nazionale” e gli accenti jazzistici.
Per fare questo si passa tra danze, nostalgie di un’Italia minore, reminiscenze bandistiche e richiami felliniani: il repertorio attinge a spunti diversi per trasformarli in un linguaggio compatto, dove i quattro protagonisti si trovano del tutto a proprio agio. Spesso si è utilizzato per operazioni simili il termine di folklore immaginario: in questo caso la definizione va ricontestualizzata, perchè gli elementi popolari sono presenti con le proprie caratteristiche peculiari e il lavoro della formazione – in fase di scrittura, arrangiamento ed esecuzione – punta a dare una prospettiva nuova al materiale.
Isola di sughero diventa la semplificazione del percorso di Terre di Mezzo. Il pathos e l’equilibrio necessari a una danza come la quadriglia diventano, grazie all’attenta applicazione e all’esperienza dei quattro musicisti, il terreno ideale per aggiungere nella tessitura degli elementi tradizionali il portato personale e il percorso jazzistico. Lo stesso accade in Choro Loco, rivisitazione dello choro, oppure attraverso l’approccio melodico e riflessivo di P.P.P. a Pier Paolo Pasolini, dove il quartetto sintetizza maniere diverse nella costruzione di un brano dal passo lento e dalle intenzioni evocative. Oppure nell’incalzante ritmo di May alone, introdotto e sostenuto dal batter di mani e interpretato con piglio.
La ripresa delle matrici popolari ha ormai piena cittadinanza nel jazz odierno: Danza Gialla rappresenta un prodotto fresco e godibile nell’alveo di questo filone.