Slideshow. Gigi Di Gregorio

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Slideshow. Gigi Di Gregorio.


Jazz Convention: Così, a bruciapelo chi è Gigi Di Gregorio?


Gigi Di Gregorio: Così a bruciapelo? Un disordinato cronico, confusionario e un po’ pasticcione. Quando suono però mi sembra sempre tutto a posto.



JC: Mi racconti ora il primo ricordo che hai della musica?


GDG: Mettevo a cinque anni La Cumparsita in un mangiadischi a 45 giri più volte al giorno. Il suono della fisarmonica mi incantava.



JC: Quali sono i motivi che ti hanno spinto a diventare un musicista jazz?


GDG: Un bisogno, senza dubbio. Il sound in questa musica è assolutamente magico e le sue possibilità infinite.



JC: E in particolare un sassofonista?


GDG: Mi piace il canto. Charlie Parker è stato il primo sassofonista che ho scoperto e credo che la scelta del tenore sia stata una conseguenza naturale dettata da un certo timore e inconscio ossequio. Una cosa stupida se ci pensi, provo le stesse cose anche adesso quando sento Sonny Rollins, Dexter Gordon, John Coltrane e tutti gli altri tenoristi (e altisti).



JC: Ma cos’è per te il jazz?


GDG: La mia dimensione spirituale, un discorso, un dialogo continuo. Il jazz è comunicazione e fa parte delle arti umane, è quindi soprattutto una forma di espressione. Il termine “improvvisazione” genera confusione, non è corretto. Secondo me non c’è proprio molto di improvvisato. Qualcuno ha detto che nel jazz si comincia e intanto si prende la mira, in altri generi si prende la mira e poi si comincia. Mi è piaciuta!



JC: Quali sono le idee, i concetti o i sentimenti che associ alla musica jazz?


GDG: Il mistero, l’imprevedibile, l’interazione, la condivisione, la passione, la ricerca , i sensi, la forza!!!



JC: Tra i dischi che hai fatto ce ne è uno a cui sei particolarmente affezionato?


GDG: No, nessuno e tutti: registrare è un’esperienza utile e ha sempre un valore anche se rappresenta poi, solo un momento.



JC: E tra i dischi che hai ascoltato quale porteresti sull’isola deserta?


GDG: Pavane pour une énfante défunte di Maurice Ravel, nell’album della Philarmonic Orchestra di New York diretta da Pierre Boulez. È il primo che mi è venuto in mente ma in verità ce ne sarebbero tantissimi altri. Penso di aver associato questa musica alla nostalgia che mi verrebbe a stare su un’isola deserta. Non sono molto adatto a questo tipo di esperienze! In realtà ce ne sarebbero tantissimi, anche un long playing a caso di Joe Henderson.



JC: Quali sono stati i tuoi maestri nel sax, nella musica, nella cultura, nella vita?


GDG: Ci andrebbe un mese per rispondere a questa domanda. Io di maestri ne incontro tutti i giorni e nello stesso tempo mi chiedo se sia giusto affidarsi solo a qualcuno. Forse essere non più molto giovane mi fa pensare a tutti quelli che mi dicevano: “È così!”. Preferisco risponderti che i miei maestri sono stati tutti quelli che mi hanno saputo ascoltare anche senza poi dirmi niente. Imparo tutti i giorni da queste persone sia nella vita sia nella musica, che poi per me sono la stessa cosa. Stimo molto le persone che usano la loro esperienza per aiutare in qualche modo gli altri e scelgono di fare una cosa sola, bene. Non è certo il mio caso.



JC: Qual è per te il momento più bello della tua carriera di musicista?


GDG: A questa domanda non so proprio rispondere. Scusate.



JC: Quali sono i musicisti con cui ami collaborare?


GDG: Sono quelli che mi colpiscono anche come persone.



JC: Come vedi la situazione oggi della musica in Italia?


GDG: Meriterebbe più partecipazione e equilibrio. Finché sarà al servizio dell’economia abbiamo poche speranze.



JC: E più in generale della cultura in Italia?


GDG: Io non sono adatto a rispondere a questa domanda, non mi sento colto. Certo è, che dovremmo tutti fare una riflessione sulle parole del sociologo Edgar Morin circa la presa di coscienza della condizione umana. Consiglio a tutti i suoi “Sette saperi necessari”.



JC: Cosa stai progettando a livello musicale per l’immediato futuro?


GDG: Una registrazione con il mio ottetto, e una in duo. Spero soprattutto di continuare la collaborazione con il grande pianista Harold Danko con cui ho un gruppo ormai da quattri anni.