Rava e Douglas al Parco della Musica

Foto: Andrea Buccella










Rava e Douglas al Parco della Musica.

Roma, Auditorium Parco Della Musica – 3/5.12.2012

Due grandi trombettisti sono gli assoluti protagonisti del cartellone jazzistico di dicembre dell’Auditorium di Roma. Il 3 dicembre Enrico Rava gioca in casa con il Parco della Musica Jazz Lab per l’omaggio ad un altro grande trombettista, prematuramente scomparso sul finire del secolo scorso, e amico dello stesso, Lester Bowie. Un ampio repertorio ed un modo di vivere la musica del tutto originale quello lasciato in eredità dal musicista americano, da sempre vicino al free come alla tradizione ma anche al pop, in una miscela eterogenea non sempre troppo apprezzata negli anni dai puristi più miopi. Una vasta scelta da cui attingere, ma di contro le difficoltà nella selezione dei pochi brani da proporre per ricordare una figura indimenticata ed unica. Coadiuvati in questo dal fratello di Lester, Joe Bowie, e dallo storico manager Isio Saba, in scaletta sono così finiti inevitabilmente brani scritti per l’Art Ensemble of Chicago e per la Brass Fantasy così come un brano Whitney Houston o una Strawberry Mango in versione reggae, proprio come amava fare il trombettista dal camice da dottore.


Con i brani arrangiati dall’ottimo trombonista e direttore Mauro Ottolini, i dieci elementi dell’ensemble riescono brillantemente a far entrare fin da subito gli ascoltatori nelle atmosfere della musica di Bowie, bravi nel cogliere il suo stile, soprattutto nelle formazioni più allargate, che confondeva serietà ed ironia, musica alta e quella popolare. E sono necessariamente i brani attinti dalla Brass Fantasy a funzionare meglio, più facili e leggeri, in cui sarcasmo e interplay vengono ad essere gli elementi caratterizzanti, punti di forza di una formazione ormai solida. Faticano invece a prendere corpo i brani estratti dal repertorio dell”AEOC, non tanto nella valida e corposa ritmica in cui spiccano la batteria di un sempre più convincente Zeno De Rossi e il contrabbasso di Stefano Senni, quanto invece negli arrangiamenti della ricca sezione fiati, con un Rava piuttosto defilato e un’intesa tra tutti gli elementi non sempre impeccabile. A mancare sono soprattutto i richiami africani e quelli free, quasi un marchio di fabbrica dello storico quintetto, e brani come Odwalla, riproposta anche come bis finale, perde qui la sua essenza. Ma è davvero un dettaglio, complici anche alcuni meccanismi da affinare dovuti alla prima uscita del progetto, di un omaggio comunque sincero che ha perfettamente rappresentato lo spirito di un Lester Bowie che, come si augura Rava in conclusione, avrà sicuramente apprezzato e gradito.


Per il ciclo carta bianca, due giorni più tardi, sbarca a Roma l’eclettico trombettista e compositore Dave Douglas accompagnato dai soli tasti del piano di Uri Caine. I brani sono per la maggior parte attinti dall’ultimo lavoro discografico di Douglas, Be Still, dove vengono incisi una raccolta di inni materni e canti popolari. Qui la dimensione è più intima rispetto al quintetto delle registrazioni, ma i brani proposti sembrano prestarsi perfettamente alla forma del duo, grazie anche ad un affiatamento apparso fin da subito eccellente. In fondo i due artisti si sono spesso trovati a loro agio proprio in tale contesto, immortalati anche da splendidi album, Caine con Fresu e Douglas con Solal solo per fare due esempi di qualche anno addietro. Ecco che l’aspettativa è dunque molta e ben ripagata in un concerto estremamente raffinato e complesso. Douglas lascia da parte effetti e artifici elettronici per un suono acustico più caldo e non amplificato così come lo stesso Caine, dando vita ad un set squisitamente acustico ancor più profondo, ideale per l’accogliente sala Petrassi. Il trombettista inizia subito di gran carriera e senza fronzoli si presenta in vertiginosi soli in un tributo al batterista Paul Motian. Caine sulle prime rimane timido, limitandosi ad accompagnare sapientemente il fiume di note che escono dalla tromba di Douglas, ma già dal secondo brano inizia a ritagliarsi i suoi spazi, fatti di un pianismo soave sofisticato e mai banale. Douglas è protagonista di lunghi monologhi lasciando al piano piena libertà di movimento, ma è proprio nei momenti di dialogo e interazione tra i due che si colgono gli spunti più interessanti in un elegante gioco delle parti interpretato al meglio. Le composizioni del disco, molte in stile folk, trovano qui una nuova veste ben più ricercata e fine ed il contributo originale di un Caine ,leggero ma estremamente efficace, ne è il vero valore aggiunto . Nei due bis acclamati a gran voce da una entusiasta platea anche un omaggio a Parker ed alla sua Billie’s Bounce per un concerto ricco di eleganza poetica ma anche avventuroso nella sua articolazione fatta di una creatività e raffinatezza musicale non comune.