Foto: La copertina del disco
Ha il nome di un fiore, Magnolia, il nuovo disco di Mirko Signorile.
Eravamo rimasti a Clessidra, una sorta di prequel di Magnolia. Mirko Signorile con quel disco aveva tracciato nuove vie alla sua musica: un corso principale rappresentato dal jazz e poi tanti rivoli per definire il profilo di un artista votato alla sperimentazione e al cambiamento. Signorile è un pianista raffinato, curioso, dedito alla ricerca, con ampie vedute e conoscenze musicali. Ha una particolare predilezione per le musiche da film. I suoi brani spesso hanno dei caratteri olografici. Rappresentano in forma “fisica” le emozioni di quello che sta suonando. Magnolia raccoglie al meglio il mondo musicale che Signorile sta metabolizzando. Alla formazione “standard” della band ha aggiunto il violoncello e il canto, ha affinato la melodia. Il mondo suonato è quello che il pianista rivive quotidianamente, nei suoi sogni, nella realtà, nei ricordi, nell’infanzia e nella dimensione onirica del viaggio. Signorile vuole catturare attraverso la qualità, alta, della sua musica l’attenzione delle “anime sensibili”, ne vuole estendere la sensibilità, far provare emozioni, che sono sue ma che desidera essere appannaggio di tanti. C’è un che di nipponico in Magnolia, impalpabile e concreto nello stesso tempo, fatto di superficie e profondità. Ma lo spiegherà lui…
Jazz Convention: Facciamo il punto sulla tua produzione discografica; Magnolia è il tuo disco…
Mirko Signorile: Magnolia è il mio sesto cd da leader. Racchiude undici brani che ho scritto nel corso di questi ultimi due anni e mezzo, praticamente da subito dopo l’uscita di Clessidra. È un disco particolarmente importante perché unisce tanti artisti e professionisti ai quali sono legato anche da affetto, a partire dai musicisti che formano il quintetto con i quali collaboro da anni, per continuare con Marco Valente produttore per Auand, e Francesco Aiello e Davide Viterbo, i tecnici di ripresa e di missaggio. Un cd realizzato tra la primavera e l’autunno del 2012 e che abbiamo presentato in prima nazionale al Teatro Forma di Bari il 15 dicembre.
JC: Che musica suoni in Magnolia? Il jazz è una componente ma non l’unica…
MS: Non mi chiedo mai che musica suono o cosa voglio esprimere. Credo che le definizioni servano a poco. Nei migliori dei casi a chiarire i confini a chi ha bisogno di mettere ordine alle cose; nei casi peggiori a confondere e a privare l’esperienza musicale del suo valore più autententico: l’emozione. Magnolia è un disco molto narrativo, in un certo senso anche cinematografico. Questo perché sia nella composizione che nell’arrangiamento penso a delle scene musicali molto chiare e semplici. Le melodie lineari le approccio seguendo delle tecniche di reiterazione e di variazione dei temi. Il jazz esiste nell’improvvisazione, ma ci sono anche brani come Il giro della testa e La villa bianca che sono interamente scritti come se fossero musica classica.
JC: Come è nato queste progetto? Quanto tempo hai impiegato per realizzarlo? La scelta dei musicisti?
MS: Magnolia segue temporalmente Clessidra. Ho continuato a scrivere brani, come dicevo, da subito. E in questo senso c’è un filo conduttore che pervade la mia musica dal 2007. Mi riferisco in particolar modo all’evocatività delle melodie e la presenza di una musica più ad ampio raggio. Con il passare del tempo, si allarga il mio interesse per la musica e questo mi arricchisce sia come compositore e improvvisatore. È un disco che definisce ancora di più l’importanza dei musicisti che compongono l’ensamble. Mi riferisco in primis a Fabio Accardi, Giorgio Vendola, Cesare Pastanella con i quali da diversi anni condivido il palco e anche molte scelte in fase di arrangiamento e preparazione della nuova musica. In qualche modo è un lavoro di squadra. C’è molta fiducia reciproca e una bella condivisione. Quando accade questo, la musica viaggia a un livello più elevato, riesce a creare un sound speciale. Credo che questo si possa ascoltare in Magnolia. È importante anche la presenza di Giovanna Buccarella al violoncello, di Marco Messina all’elettronica (in Viola e Magnolia) e di Giovanna Carone che fischia e canta il tema de Il giro della testa. Il violoncello, che è l’elemento di novità in questo disco, è uno strumento che amo; è nella mia musica sia per rinforzare le melodie sia per creare background .
JC: Il disco si apre con un lungo piano sequenza che si chiama Viola, potrebbe essere il titolo di un film: le composizioni sono scritte tutte di tuo pugno. Ce le racconti?
MS: Il primo brano s’intitola Viola ed è un omaggio al colore viola, un colore che amo particolarmente anche perché è il colore del settimo chacra. È un brano di grande impatto, con momenti di collettivo molto densi e un solo di pianoforte in continua crescita. Si svolge su una ritmica molto serrata in quattro quarti, con gli strumenti che entrano uno dopo l’altro. Molto intensi ed evocativi sono anche i dub sul pianoforte e sul violoncello di Messina. Come burattini è anch’esso un omaggio al mondo dei burattini, un mondo nel quale la malinconia e la gioia convivono magicamente. Sono sempre stato affascinato da questo luogo speciale. La prima parte è molto evocativa; il tema inizialmente è suonato dal glochenspiel, poi dal piano e, in una variazione, da tutti e due all’unisono. Anche qui gli strumenti entrano un po’ alla volta, per andare, con il solo di pianoforte, in un’atmosfera che riproduce il tip-tap degli anni 50. La rosa del deserto si caratterizza per un tema molto semplice suonato dal violoncello su un ostinato di pianoforte e di batà, che sono dei tamburi africani suonati nei riti religiosi. Il titolo di questo brano è nato per caso vedendo per la prima volta la rosa del deserto in un vivaio di Valenzano dove ero andato per comprare un mazzo di fiori. Magnolia è l’unico brano in cui da subito gli strumenti suonano insieme. È nato come uno sviluppo di Monadi. Tutti i brani del disco hanno in qualche modo delle storie molto intime; Magnolia è il nome immaginario di una bambina che popola il luogo incantato di quest’album. È una bambina che gioca con una bambola indossando delle scarpe con i tacchi rossi. Lei rappresenta il bisogno di sorprendersi per le cose che ci accadano, soprattutto per le più semplici, quelle che spesso non riusciamo a vedere. La musica di Magnolia parla di sentimenti, di gioie e nostalgie. E lo fa con semplicità. E si aprirono le ali è un brano che ho scritto pensando ad una persona che aveva attraversato un periodo difficile e che, superandolo, era tornata nel pieno della gioia della vita; aveva riaperto le ali. È un pezzo composto da due temi che si avvicendano. Il primo, in solo pianoforte e poi in duo con il violoncello, è suonato come intro. Il secondo lo segue. È molto particolare perché ritmicamente segue dei tempi sempre diversi passando dal ¾, al 4/4 e poi al 5/4. Per questo brano ho scritto un quartetto di violoncelli, suonati tutti in sovra incisione da Giovanna Buccarella. Quando ho scritto Il giro della testa volevo raccontare con la musica quella sensazione di vertigine che si prova quando ci si trova di fronte a qualcosa di bello, che sia un luogo o una persona. Il brano è interamente scritto. Avevo bisogno di qualcuno che sapesse fischiare e cantare bene, e quando ho sentito Giovanna Carone fischiare, la bellezza del suo canto la conoscevo già, ho pensato che fosse la persona giusta. È un brano con un tema aperto e che nella parte finale è raddoppiato dalle campane intonate. La danza del rivale l’ho scritto pensando ai bizzarri movimenti che compie un particolare uccello, il “rivale”, durante il corteggiamento. È su di un ritmo con una cadenza in tre, come se fosse un waltzer, ma in 4/4. Racconti di fata è anch’esso un brano interamente scritto dove per la prima volta ho voluto scrivere anche il solo di pianoforte. È un racconto che fa una fata a una bambina durante il quale le parla di luoghi incantati e di pozioni magiche. Autoritratto è ispirato, nella prima parte, a Retrato en branco e preto di Antonio Carlos Jobim. All’interno c’è un bellissimo solo di Giorgio Vendola, molto lirico. Intorno a me prende spunto da Intorno a noi di Clessidra. È un brano solare nella tonalità di sol che modula in la maggiore. Ho pensato a questo titolo perché sono sempre più consapevole di quanto amore ci sia intorno a me. La villa bianca è un luogo nel quale ho passato molte estati felici. Il luogo della mia villeggiatura. È un brano molto evocativo, scritto per pianoforte e violoncello.
JC: Cosa ti aspetti da Magnolia?
MS: Faccio musica per esprimere la mia anima. Un disco è il mezzo attraverso il quale fissare le emozioni di un particolare momento della mia vita. Vorrei che la mia musica potesse raggiungere il maggior numero di persone. Questo è quello che mi aspetto da Magnolia.