Terre Sommerse – TSJEI 013 – 2012
Angelo Olivieri: tromba, pocket trumpet
Alipio C. Neto: sax tenore, sax soprano curvo
Silvia Bolognesi: contrabbasso
Roberto Raciti: contrabbasso
Marco Ariano: batteria, percussioni, effetti
Ermanno Baron: batteria
Maria Pia De Vito: voce
Eugenio Colombo: sax soprano, flauto
Pasquale Innarella: sax alto
Giancarlo Schiaffini: trombone
Ivano Nardi: batteria, oggetti
Pasta solida, per non dire della forte, trans-generazionale line-up, e su tutto il grande punto di partenza ed ispirazione: tra i reali patriarchi storici del free, Mario Schiano captò questa tendenza di svolta in forte sintonia con le speculazioni dell’ultimo Coltrane e le prime sortite di Coleman, alitando coi suoi strumenti d’ottone su ciò che si rese una corposa e dinamica tradizione.
Peraltro l’anagrafe dei partecipanti alla presente incisione accredita in “presa diretta” il coinvolgimento e l’attenzione rispettivi e reciproci verso la forma free, e il percorso generazionale a due sensi pone in luce, tra le altre, la presenza di due, se non eterni, certo piuttosto vissuti ragazz(acc)i – tali Eugenio Colombo e Giancarlo Schiaffini – e involve anche due signore del jazz, Maria Pia De Vito e Silvia Bolognesi, piuttosto differenti per percorsi e indole ma non poi così distanti per impegno e presenza. Piuttosto variegata la partecipazione del cast, tra cui gli elementi del doppio trio più i diversi convitati, abili a defilarsi lavorando ora in sottrazione alterna per ricompattarsi quindi nelle coralità che il momento espressivo richiama; persistendo entro un’espressione effimera le morfologie rinunciano all’identità stabile, salvo poi condensarsi a guisa di pallidi e lunari gospel o più pervasivamente ricercando per modello le logiche e dinamiche di discussione e di scompaginamento del bop in decadenza.
Ronzanti, friabili, epidermiche, le figurazioni dei soli e dei tutti incarnano un linguaggio privo di passaporto e stile dichiarato, pur incorporando lampi del più acre Davis-style (peraltro presente fra gli autori del lungo programma) o reminiscenze mediterraneo-partenopee, piuttosto caratterizzate quantunque un po’ spettrali, sulla cui pertinenza sospendiamo il giudizio, sia pure per preludere letterariamente alla suite A sud (su materiali di Schiano, Olivieri e Melis) – e pur sempre di “forma libera” si tratta!
Captando lo spirito e le forze del suono e delle voci della sovversività formale, e non omettendo di lasciar rivivere le forze dell’istanza politica del movimento, composito per linguaggio, citazionsita per acting, forte di tre generazioni del “suono liberato” l’ensemble pone su solco (in live all’origine) con sostanziale efficacia un’idea del free che non ne privilegia tanto le più correnti, istantanee destrutturazioni, operando piuttosto con mani ed orecchie in maggior sintonia verso la reinterpretazione pregna di richiami mnemonici del free “di formazione” e prospettivamente più “storico”.