Un anno (o quasi) di libri dal 2012 al 2013

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Un anno (o quasi) di libri dal 2012 al 2013.


Non possiamo lamentarci su quanto accaduto di recente all’editoria italiana per quel che concerne i saggi sul jazz: due titoli “classici” che da decenni aspettavano una traduzione sono finalmente usciti sul nostro mercato, ovvero Hear Me Talkin’ To Ya. La storia del jazz raccontata dagli uomini che l’hanno fatta di Nat Shapiro e Nat Hentoff (Italic, Ancona) e Black Music. I maestri del jazz di Amiri Baraka (Shake, Milano). E finalmente abbiamo pure due storie complete e complesse che aprono nuove prospettive culturali e musicologiche allo studio del jazz medesimo: la Nuova storia del jazz del britannico Alyn Shipton (Einaudi, Torino) e Storia del jazz. Una prospettiva globale di Stefano Zenni (Stampa Alternativa, Viterbo) vanno lette quali opere tra loro complementari e fondative per l’era odierna (e magari futura) della jazzologia internazionale. Ci sono poi due guide 1001 canzoni di Robert Dimery (Atlante, Roma) e soprattutto 1000 dischi per un secolo 1900-2000 di Enrico Merlin (Il Saggiatore, Milano), dove il jazz è fortemente rappresentato (e rappresentativo delle tendenze nel mondo d’oggi), soprattutto in quest’ultimo caso dove il critico e chitarra (esperto di Miles Davis) abbonda con LP e CD dall’hot al free.


Passando invece alle novità generali più o meno recenti, il campo è assai eterogeneo: due soli i libri sulle origini, ma entrambi di alto livello; da un lato Blues. Una breve introduzione di Elijah Wald (EDT, Torino), risulta un breve testo che serve a orientarsi fra le differenti interpretazioni, offrendo un panorama completo di come si evolva il principale canto afroamericano e di come, parallelamente, si evolva anche il modo di intenderlo, toccando anche gli effetti del blues sulla poesia e il collegamento a stili odierni come il rap, mostrando di conseguenza l’ampiezza di un fenomeno storico-musicale di immensa popolarità. Dall’altro Hot Jazz. Da Jelly Roll Morton a Wynton Marsalis di Giorgio Lombardi (Daniela Piazza Editore, Torino) è la nuova edizione, riveduta e aggiornata, in unico volume, di quella che è ritenuta la più ampia retrospettiva sul jazz tradizionale, scritta da un italiano: partendo dalle forme pre-jazzistiche, si analizzano in dettaglio le scuole hot (New Orleans, Chicago, New York, Kansas City) e i conseguenti sviluppi (mainstream e revival) con una ricerca diretta a rivalutare il peso di una tradizione e a riscoprire fonti ancora ricchissime di linfa vitale.


Assai rare e molto sui generis le monografie dedicate a jazzmen o esponenti del sound afroamericano: Coltrane secondo Coltrane. Tutte le interviste a cura di Chris DeVito (EDT, Torino) è un lavoro encomiabile che permette di avere finalmente a disposizione (e ordinata cronologicamente) la voce diretta del protagonista, spesso però chiuso in se stesso nel rivelare i segreti della propria arte. Miles Davis Rewind. Il divino, il principe, Bitches Brew e altro a cura di Gian Nissola (Comune di Valenza Po) riguarda gli atti di un convegno sul trombettista al quale han partecipato in praesentia o con un paper alcuni tra i maggiori critici italiani, come Stefano Zenni, Giorgio Lombardi, Alberto Bazzurro, Franco Bergoglio, Enrico Merlin, Luigi Villa Freddi, Massimo Donà. Abbey Lincoln: l’urlo dell’Africanità di Patrizia Lomuscio (Enteredizioni, Cerignola) è il classico libretto a uso e consumo degli studenti di canto jazz di un conservatorio: nonostante i buoni spunti, resta un libro dilettantesco per la fretta e la trascuratezza con cui è stato realizzato, tra errori, sviste, refusi, che un editore serio non avrebbe dovuto pubblicare. Amy. Mia figlia di Mitch Winehouse (Bompiani, Milano) è l’accorato omaggio del padre di Amy Winehouse alla memoria, alla vita, alla musica della soul singer inglese, che però non aggiunge nulla di importante sul piano musicologico, così come Whitney Houston. La voce spezzata di Episch Porzioni & Prince Greedy (Chinanski, Milano) che è una biografia più vicina al gossip che alla saggistica.


Più consolidata, benché eteroclita, la tipologia di studi sul jazz italiano a cominciare da Sardinia Hot Jazz di Claudio Loi (Aipsa Edizioni) dove si raccontano le origini dei ritmi sincopati a cominciare dalle felici intuizioni teoriche di Antonio Gramsci per passare in rassegna i musicisti fino agli anni Sessanta, quindi via via Carletto Bistrusso, Franco e Berto Pisano, Carlo Pes, i Marc 4, Gianfranco Contu, Ninni Manca, Bruno Massida, Giovanni Crasta e Marcello Melis (conosciuto internazionalmente). Da collegare è senz’altro In Sardegna. Un viaggio musicale di Paolo Fresu (Feltrinelli, Milano), dove il grande trombettista berchiddiano pubblica il diario molto appassionato che tiene nei cinquanta giorni in cui, per celebrare il cinquantesimo compleanno, suona ogni volta in un luogo diverso dell’Isola con sempre nuovi musicisti. E non chiamatelo jazz di Gianfranco Schiaffini (Auditorium Milano) è un testo a metà fra l’autobiografia e il trattato dove il celebre trombonista affronta il tema dell’improvvisazione nelle diverse forme sonore attuali, con il beneficio delle tante significative collaborazioni da Cecil Taylor a Anthony Braxton, da Steve Lacy a Misha Mengelberg (senza trascurare i “classici” Stockhausen, Cage, Scelsi, Nono).


In un ambito tangente, oggi è di moda la canzone jazzata: dunque ben vengano anche i testi d’approfondimento come Paolo Conte. Un rebus di musica e parole di Mauro Bico e Massimiliano Guido (Carocci, Roma) i quali indagano sullo stretto connubio del testo letterario con una sonorità quasi sempre profumata di sincopi e di swing. Più distesi gli altri tre titoli: ne I miei tu-li-pàn. Mamma cantava nel trio Lescano di Alba Beiras (Armenio, Brolo), l’autrice, figlia di Maria Bria, racconta le vicende che han portato la madre, nel dopoguerra, a sostituire Caterinetta nel celebre Trio con Alessandra e Giuditta in tournée nel Sud America. Non dimenticar le mie parole di Franco Clivio (Edizioni Angolo Manzoni), come annuncia il sottotiolo Canzoni “sempreverdi” nell’archivio della memoria, è il resoconto (di un farmacista e paroliere) sulla musica leggera tra gli anni Trenta e Cinquanta, quando il jazz inizia a far capolino tra gli interpreti e i compositori. La canzone italiana in cento voci di Guido Michelone (Effequ, Orbetello) riassume quanto succede, nel pop, da Modugno ai nostri giorni, con frequenti incursioni nel mondo jazzistico tricolore.


Restando in Italia, continua anche il discorso sulla letteratura che si apre al jazz, a cominciare dai jazzisti che si cimentano in opere letterarie come Il plurale di due e altri racconti del clarinettista Pier Renzo Ponzo (Music For People, Bene Vagienna) e Novelle crudeli del batterista Francesco Cusa (Eris, Torino), entrambe raccolte di flash più o meno brevi, senza collegamenti al jazz, se non per un tipo di scrittura che idealmente s’avvicina all’improvvisazione. Più complesso il discorso di Quando il jazz crea parole di Mario Parodi (Zona, Civitella in Val di Chiana), in cui l’autore, poeta e saggista sportivo, scrive alcune liriche ispirandosi parallelamente a grandi solisti e a quadri più o meno celebri. Ancor più raffinate le proposte Miles Davis. I giochi di Miles e Louis Armstrong. Il soffio di Satchmo, entrambi di Roberto Piumini e Claudio Comini (Curci, Milano), che perpetuano il lavoro già svolto per Ellington, Monk, Coltrane, dedicando ai maestri del jazz una breve favola con espressionistiche illustrazioni (e con Cd allegati del Corrado Guarino Quartetto).


Dall’illustrazione al fumetto il passo è breve: e sono infatti le strip di Guido Crepax (estrapolate dagli originari contesti) protagoniste del libro più Cd Bonne Nuit di Diego Baiardi e Antonio Crepax (Incipit Books, Saluzzo) un progetto sulle ninne nanne affidate dal pianista vercellese a una fitta schiera di grandi interpreti (jazz e pop). Il cuore di R. Crumb di Robert Crumb (Castelvecchi, Roma) è un’antologia un po’ autobiografica del geniale cartoonist, nonché suonatore di banjo che nell’America psichedelica dei favolosi sixties opta per il blues, il dixieland e l’hillibilly. Lomax. Ricercatori di folk songs di Duchazeau (Fandango, Bologna) è una graphic novel ispirata ai diari che John e Alan Lomax, padre e figlio, tengono nel 1933 per la campagna di registrazioni nel profondo Sud a catturare, senza pregiudizi razziali, lo spirito genuino di blues e gospel.


Infine esistono tre libri non sul jazz, ma che con questa musica intrattengono rapporti culturali significativi: Il pretesto fantastico. Indagine su un enigma letterario di Giorgio Rimondi (Solfanelli, Chieti) è opera di un esperto di jazz fiction e di estetica musicale, discipline che l’autore rimette in circolo dentro un testo carico di riflessioni filosofiche. Con La musica dell’assenza. 31 generi tradizionali, perduti, ritrovati di Gianluca Grossi (Arcana, Roma) si compie una discutibile ricognizione, in stile world music, sul folclore urbano più o meno recente, includendovi anche blues, cajun, spiritual, dixieland, come se fossero antiche cariatidi da riscoprire. Meglio allora un vecchio pamphlet sociologico quale Long Play e altri volteggi della puntina di Theodor W. Adorno a cura di Massimo Carboni (Castelvecchi, Roma), libricino che aiuta a capire la l’essenza dei dischi “fotografie virtuali dei loro proprietari: sono ideologie, volendo essere lusinghieri”.


Bibliografia citata (in ordine alfabetico per titolo):

1000 dischi per un secolo 1900-2000 di Enrico Merlin (Il Saggiatore, Milano)

1001 canzoni di Robert Dimery (Atlante, Roma)

Abbey Lincoln: l’urlo dell’Africanità di Patrizia Lomuscio (Enteredizioni, Cerignola)

Amy. Mia figlia di Mitch Winehouse (Bompiani, Milano)

Black Music. I maestri del jazz di Amiri Baraka (Shake, Milano)

Blues. Una breve introduzione di Elijah Wald (EDT, Torino)

Bonne Nuit di Diego Baiardi e Antonio Crepax (Incipit Books, Saluzzo)

Coltrane secondo Coltrane. Tutte le interviste a cura di Chris DeVito (EDT, Torino)

E non chiamatelo jazz di Gianfranco Schiaffini (Auditorium Milano)

Hear Me Talkin’ To Ya. La storia del jazz raccontata dagli uomini che l’hanno fatta di Nat Shapiro e Nat Hentoff (Italic, Ancona)

Hot Jazz. Da Jelly Roll Morton a Wynton Marsalis di Giorgio Lombardi (Daniela Piazza Editore, Torino)

I miei tu-li-pàn. Mamma cantava nel trio Lescano di Alba Beiras (Armenio, Brolo)

Il cuore di R. Crumb di Robert Crumb (Castelvecchi, Roma)

Il plurale di due e altri racconti di Pier Renzo Ponzo (Music For People, Bene Vagienna)

Il pretesto fantastico. Indagine su un enigma letterario di Giorgio Rimondi (Solfanelli, Chieti)

In Sardegna. Un viaggio musicale di Paolo Fresu (Feltrinelli, Milano)

La canzone italiana in cento voci di Guido Michelone (Effequ, Orbetello)

La musica dell’assenza. 31 generi tradizionali, perduti, ritrovati di Gianluca Grossi (Arcana, Roma)

Lomax. Ricercatori di folk songs di Duchazeau (Fandango, Bologna)

Long Play e altri volteggi della puntina di Theodor W. Adorno a cura di Massimo Carboni (Castelvecchi, Roma)

Louis Armstrong. Il soffio di Satchmo di Roberto Piumini e Claudio Comini (Curci, Milano)

Miles Davis Rewind. Il divino, il principe, Bitches Brew e altro a cura di Gian Nissola (Comune di Valenza Po)

Miles Davis. I giochi di Miles di Roberto Piumini e Claudio Comini (Curci, Milano)

Non dimenticar le mie parole di Franco Clivio (Edizioni Angolo Manzoni)

Novelle crudeli di Francesco Cusa (Eris, Torino)

Nuova storia del jazz Alyn Shipton (Einaudi, Torino)

Paolo Conte. Un rebus di musica e parole di Mauro Bico e Massimiliano Guido (Carocci, Roma)

Quando il jazz crea parole di Mario Parodi (Zona, Civitella in Val di Chiana)

Sardinia Hot Jazz di Claudio Loi (Aipsa Edizioni)

Storia del jazz. Una prospettiva globale di Stefano Zenni (Stampa Alternativa, Viterbo)

Whitney Houston. La voce spezzata di Episch Porzioni & Prince Greedy (Chinanski, Milano).