Manu Katché – Manu Katché

Manu Katché - Manu Katché

ECM Records – ECM 2284 – 2012




Manu Katché: batteria, pianoforte

Jim Watson: pianoforte, organo Hammond B3

Nils Petter Molvaer: tromba, loops

Tore Brunborg: sax tenore, sax soprano





L’ultima fatica di Manu Katché, conferma il musicista francese tra i migliori esponenti del jazz europeo e contemporaneo. La meticolosa scelta del suono (targato ECM), il calibrato utilizzo di sonorità acustiche ed elettriche, il ricorso a un groove affabile ma sempre incisivo, fanno da garanzia a un’opera non certamente innovativa, ma di classe cristallina.


Il batterista approda alla sua quarta incisione per l’etichetta bavarese e, ancora una volta, cambia formazione mantenendo il solo Tore Brunborg ai sassofoni.


Manu Katché segue il precedente lavoro Third Ground e presenta una band d’eccellenza: il già menzionato Tore Brunborg, Jim Watson al piano ed organo Hammond e Nils Petter Molvaer alla tromba ed effetti. La presenza del pianista e organista inglese, permette a Katché di fare a meno del contrabbasso, e sopratutto dipinge di colori tenui ma carichi di groove la materia sonora


Entrare in ascolto di Katché significa accettare la leggerezza di una proposta levigatissima, sobria nelle dinamiche di esecuzione, cool.


Katché non ha bisogno di presentazioni. Il batterista di Sledgehammer e Brand New Day, il compagno di strada di Joni Mitchell, Tori Amos, Jan Garbarek e tanti altri, il raffinato espressionista dai mille splash, E’ uomo di sensibilità e cultura che da giovanissimo rifiutò un posto nell’orchestra del prestigioso conservatorio di Parigi per continuare la sua avventura dietro la batteria. E con questa scelta, stravinse.


Veniamo al disco. Complessivamente è un disco alla Katché: atmosfere al confine con lo smooth-jazz, poderosi e al contempo rilassati groove, sprazzi di intimo lirismo nordico. Se rispetto ai precedenti Playground e Neighbourhood, notiamo l’assenza di motivi melodici destinati a restare nella memoria, il risultato è comunque intrigante e denso di controllata passione.


Apre Running after years: traccia in tempo composto, vivace nel groove di batteria e piano, eterea nell’apertura melodica di Molvaer. Un sentimento cosmopolita che potrebbe nascere camminando al mattino per i viali di una metropoli nordica. Andando avanti, timpani tenuti su una clave afro-cubana e il pad sussurrato al B3 della successiva Bliss, ci sprofondano in un racconto notturno dal sapore bluesy. Auto in corsa, insegne al neon, palazzi di vetro e silenzi. Musica da ascolto e che ascolta se stessa. Niente muscoli o travestimenti esuberanti, solo narrazione minimalista. Si prosegue con Loving you: morbida ballata, tutta spazzole, spezie e accenni di religioso pianismo.


Katché raramente prende spazio per un solo, la disciplina della sua poetica è ancorata alla nobiltà dell’insieme, del collettivo, dell’atmosfera. Ecco che un coro di sirene pare suscitare da Walkin by your side, bellissimo episodio che mostra un sapiente utilizzo di riverberi ed altri effetti da parte di Molvaer. Short ride ammicca al post-bop mentre Brunborg sale in cattedra nell’esposizione tematica di Lose, con un suono profondo, libero, nordico.


Chiude l’album Dusk on Carnon, con Katché al piano solo, brano tanto enigmatico quanto severo nella progressione tonale.


Onirico, notturno, silente.