Chris Potter – The Sirens

Chris Potter - The Sirens

ECM Records – ECM 2258 – 2013




Chris Potter: sax tenore e soprano,clarino basso

Craig Taborn: pianoforte

David Virelles: piano preparato, celesta, harmonium

Larry Grenadier: contrabbasso

Eric Harland: batteria





Prendere a paradigma (o magari a manifesto) del presente album i momenti ad andamento differente, ma di analoga sapidità, quali l’eruttiva freschezza con cui principia (Wine Dark Sea), gli alterni umori della centrale sequenza omerica, o il più rarefatto congedo finale, renderà ragione della qualità e dello spessore partecipativo, e della maturità d’intenti e di realizzazione esecutiva del quarantenne sassofonista da Chicago, già ampiamente notato nelle falangi di Dave Holland, quindi decisivo nel rude soundscape di solide formazioni capitanate dal da poco compianto Paul Motian (oltre che datore di suggestivi apporti nel recente, corposo quartetto Unity Band di Pat Metheny), ma per suo conto anche convincente attore di personali discografia e carriera concertistica, che ne ha fatto una diversa incarnazione di personalità musicalmente complete alla Michael Brecker – pur non condividendo con quest’ultimo gli ammiccamenti fusion o le esposizioni mediatiche.


Incisione a programma questa in oggetto, riscontrata la piena immersione nelle universali tematiche dell’Odissea, probabilmente inesauribile per implicazioni e valenze, e al cui riguardo possiamo ricordare un’analoga operazione tentata da Louis Sclavis – ma, fatte salve le rispettive grandezze, sono certamente diverse le sensibilità e le forze in campo qui spese.


“Benché tali temi si collochino nel loro spazio archetipico, si tratta di cose con cui noi tutti abbiamo a che fare” secondo il sentire del sassofonista. “Le storie sono antiche, ma le emozioni umane non cambiano mai; è per questo che il libro ci appare tuttora reale. Così io ho inteso mantenere per tale musica un lirismo che si fondasse su quello spirito senza tempo,molto umano – e niente è più umano della melodia!”


Dalla controllata, ipnotica sensualità di Wayfinder si transita verso le onde lunghe e via via più increspate che conferiscono morfologia e sostanza all’eponima The Sirens, dominata da un brunito e intimistico canto del clarino basso (in cui Potter dispensa non inferiore talento rispetto ai sassofoni), l’eloquenza sobria di Potter si articola nella condivisione dialogica con gli accuratamente dispensati chiaroscuri del piano di Taborn e la baritonale cantabilità delle corde di Grenadier, umori i quali, proseguendo nella sequenza ulissea, s’avvicendano al disegno piuttosto netto delle tele di Penelope, intessuta da un ispirato soprano in riflessivo protagonismo lungo un passaggio improntato d’umori serali. Più grintosa ed assertiva l’incarnazione della ninfa Kalipso, pervasa dalla plastica ad altorilievo di un più vivido tenore, per approdare nella quiete della serena spiaggia di Nausikaa, pittorica contemplazione delle prime luci del mattino e sovrapposizione di tiepidi umori in crescendo. Sentori e turbamenti misterici, d’espressività gradualmente più drastica nell’austera Stranger at the Gates, preludono alle rarefatte preziosità dell’epilogo in The Shades, tratteggiata nel contrappunto timbricamente abbastanza inusuale della vellutata celesta alle centellinate note del piano, esemplificative in economia di tratto dello spegnimento delle passioni e della catartica dissoluzione della coscienza.


Difficilmente tacceremmo di calligrafico un album segnato almeno dall’epicità della concentrata performance del solista, che vorremmo aggettivare di “virile” non tanto a parallelismo dei caratteri della solitaria avventura dell’antico alter-ego ellenico, ma soprattutto per la corposità di voce e per la dispensazione di gamme umorali, opportunamente poco inclini a dichiarata spettacolarità, quanto pervase di riflessive alternanze di toni sensibili e forti, ma senza eccessi di massa. Tutto appare puntuale, calibrato, entro una prova personale e insieme di respiro collettivo, che mai mira a stravolgimenti della forma d’insieme: ad esemplificazione – anche – delle asperità e dei contrasti che sono poi proprie di ogni percorso esistenziale, la prestazione e il progetto di Potter sono ulteriore riprova della compiuta personalità di questo musicista di riferimento, che cementa su un mattone solido per efficacia e gusto il proprio percorso da protagonista d’ampio sentire, colto, e ulteriormente convincente.