Foto: da internet
Slideshow. Barbara Casini.
Jazz Convention: Così, a bruciapelo chi è Barbara Casini?
Barbara Casini: Che domandona… sul mio profilo facebook ho scritto “cantante, chitarrista, cantautrice, amante dei gatti”… e potrebbe anche bastare… comunque ho studiato per fare la psicologa e fortunatamente ho lasciato perdere. Penso che cantare sia la cosa che posso fare meglio. Purtroppo ho cominciato tardi a “darmi ascolto”, ma il fatto di aver fatto certe cose in ritardo, come per esempio il primo disco, mi ha anche permesso di farle con una certa maturità già al primo tentativo. Sono autodidatta e incostante, non sono un buon esempio. Ma con gli anni ho acquisito la mia personalità e il mio spessore, e non rinnego il mio percorso.
JC: La tua nuova opera non è un disco ma un libro: vuoi parlarne?
BC: Un’altra cosa fatta in ritardo. Penso che avrei potuto farlo 10 anni fa, ma evidentemente il momento non era arrivato. L’idea me l’ha data Paolo Silvestri, che ha insistito e insistito, finché non ho deciso di buttarmi. Sono diciotto chiacchierate con altrettanti personaggi importanti della musica brasiliana, si tratta di compositori e non semplici interpreti, perché il fuoco del racconto è la composizione. Dico “racconto” perché il libro è strutturato così, come un racconto e un viaggio, ogni tappa apre un orizzonte diverso e insieme simile sul mondo della musica popolare brasiliana.
JC: Cosa ti ha più soddisfatto di quest’esperienza?
BC: È stato splendido poter entrare nelle case di questi “divi” e parlare con la massima semplicità, ma al tempo stesso profondità, del loro modo di vivere l’atto creativo. Ed è stata una grande fortuna incontrare Lucia Angelica (della casa editrice Angelica Editore) che ha sposato immediatamente e con entusiasmo la causa. In un anno il piano è stato ideato, le “interviste” fatte, trascritte, elaborate, scritti i miei commenti e riflessioni, e il libro pubblica, con le bellissime foto di Lilli Bacci e la grafica di Massimo Caria
JC: Mi racconti ora il primo ricordo che hai della musica?
BC: I dischi che c’erano a casa: Carosone, Mina, il jazz che piaceva a mio padre, Charlie Parker, e poi i Beatles.
JC: Quali sono i motivi che ti hanno spinto a diventare una cantante?
BC: Penso che sia stato tutto molto spontaneo, un innamoramento progressivo, ho sempre cantato per divertimento, ho sempre suonato qualcosa, pianoforte, chitarra, batteria, così per divertirmi, fino da piccola; ho fatto i miei studi, mi sono anche laureata, ma questa passione ha preso il sopravvento. Alla fine mi sono detta che se mi dava così tanta felicità ascoltare la musica fatta dagli altri, forse avrei potuto dare felicità agli altri con la musica fatta da me. Ero molto impegnata politicamente e questa riflessione mi è servita per giustificare un lavoro che a prima vista sembrava futile, non socialmente utile. Poi ho incontrato Beppe Fornaroli, un chitarrista strepitoso che era già profondamente coinvolto con la musica brasiliana, abbiamo cominciato a suonare e a vivere insieme e da lì è iniziato il mio percorso “ufficiale” di cantante
JC: Giusto identificarti come vocalist jazz o preferisci piuttosto cantante/autrice di bossa nova?
BC: Tutte e due le definizioni sono riduttive, ma ovviamente la seconda è più giusta. Molto spesso si dice “cantante jazz” per fare una distinzione con “cantante pop”. Io canto anche jazz, ma il mio mondo è quello della musica brasiliana, sono ormai più di trent’anni, è lì che mi identifico e mi distinguo, in senso di sentirmi più brava. Poi in generale sono semplicemente una cantante, canto in varie lingue e questa è una cosa che mi diverte. Ho fatto tutto un disco in francese, per esempio.
JC: Cos’è per te il Brasile?
BC: Un Paese bellissimo con una cultura molto ricca, e l’aspetto musicale è davvero incredibile perché le sue tradizioni popolari, oltre a essere immense e differenziate (pensiamo alle dimensioni di questi Paese, è grande come un continente), sono vive e in movimento. E’ una musica americana, cioè meticcia come essenza, che mescola Europa e Africa, erudizione e folklore, non si finisce mai di scoprire e imparare, e loro non smettono mai di creare ed evolvere.
JC: E cos’è per te il jazz?
BC: Una cosa simile, ma che con il tempo si è diffusa in tutto il mondo e ha inglobato linguaggi, tradizioni, suoni di tutto il mondo. In questo senso più aperta, più capace di assorbire, metabolizzare altri contenuti. E poi c’è l’improvvisazione, che ha un ruolo così importante
JC: Quali sono le idee, i concetti o i sentimenti che associ alla musica in generale?
BC: Alla musica associo l’emozione, lo stupore, la gratificazione di essere di fronte a un fenomeno della creatività umana che unisce il piano più istintivo a quello più astratto. Una forma di intelligenza. Quando riesco a capire più profondamente il suo linguaggio è il piacere dell’intelligenza. Capisco che non mi sto spiegando bene: è come quando si intuisce finalmente un cammino, si svela un percorso. È bello anche restare sulla superficie e semplicemente godere del riflesso dell’acqua, ma se si vede anche al di là è una gioia più piena. Perciò quando c’è qualcuno che mi spiega e mi insegna a capire il percorso della musica resto incantata. Da sola è più difficile perché sono molto ignorante, ci sono così tante cose che non ho ascoltato, ho studiato poco, e così via… Un’altra cosa è la comunicazione. Ricordo ancora quando da ragazzina avevo conosciuto degli amici stranieri e comunicavamo cantandoci le canzoni che ci piacevano e che ci accomunavano, prima ancora che con le parole delle nostre rispettive lingue.
JC: Tra i dischi che hai fatto ce ne è uno a cui sei particolarmente affezionata?
BC: Il primo a mio nome, Todo o Amor. Come ho detto prima è venuto molto tardi, quando è stato pubblicato avevo 42 anni, ma il rovescio della medaglia è che mi è riuscito farlo con una certa maturità, tutti brani miei, controllando tutto, dagli arrangiamenti alla grafica della copertina. E poi Vento, al fianco di Enrico Rava, una grande responsabilità, con un’intera orchestra che mi accompagnava, e Paolo Silvestri, il compositore e arrangiatore, che è entrato nella mia vita!
JC: E tra i dischi che hai ascoltato quale porteresti sull’isola deserta?
BC: Uno solo? Elis e Tom. Ma uno solo è davvero un problema…
JC: Quali sono stati i tuoi maestri nella musica, nella cultura, nella vita?
BC: Il mio nonno paterno è stato un grande esempio, a scuola non aveva fatto studi umanistici ma aveva una cultura vasta e profonda dovuta alle sue letture di storia, poesia, letteratura e teatro. Nella musica i primordi di tutto risalgono a una specie di fratello maggiore, cioè un vicino di casa più grande con cui sono cresciuta e che mi ha fatto conoscere praticamente tutto: dai Beatles e i vari gruppi pop al jazz alla Bossa Nova. La musica classica era più una passione del nonno. Con Stefano – questo è il suo nome – abbiamo iniziato a suonare, strimpellare, cantare in coro, tutto a orecchio, tutto male, ma insomma si suonava e si cantava un sacco.
JC: E il “maestro” che ti ha definitivamente condotta verso il Brasile?
BC: Poi, come ho detto, da adulta già laureata ho incontrato Beppe Fornaroli che mi ha aperto la porta verso il mondo brasiliano che io amavo già ma conoscevo poco, e con lui sono davvero “cresciuta” e ho deciso che quella era la mia strada e il mio lavoro. Infine Paolo Silvestri è stato ed è un grande maestro, per la sua straordinaria cultura e bravura, e anche per il suo modo di essere sempre alla ricerca, sempre in movimento, che fortunatamente mi contagia un po’
JC: E musicisti brasiliani e jazzmen che ti hanno maggiormente influenzato?
BC: Brasiliani: Joao Gilberto e Elis Regina. Nel jazz strumentale Chet Baker, Paul Desmond, Jim Hall. Fra i cantanti jazz Billie Holiday, Nancy Wilson, Anita O Day, Tony Bennett.
JC: Qual è per te il momento più bello della tua carriera di musicista?
BC: Il periodo dopo l’uscita del mio primo disco è stato molto entusiasmante. Poi quando finalmente sono andata ad esibirmi in Brasile, accolta come una di loro. E la realizzazione del disco Vento con tutto quello che ne è conseguito.
JC: Quali sono i musicisti con cui ami collaborare?
BC: Ho tutt’ora una collaborazione stretta con Beppe Fornaroli, e visto che dura da più di 30 anni penso che non finirà mai! Adoro suonare con Sandro Gibellini e Roberto Taufic. Fra i pianisti è un po’ dura dopo aver avuto Bollani nel mio quartetto! Ma ho inciso un disco con Pietro Lussu con grande piacere, divertimento e senso di “comodità”, cosa non sempre facile. Ultimamente ho conosciuto dei giovani musicisti siciliani che mi hanno molto incuriosito, specialmente il giovanissimo pianista, Seby Burgio, spero di iniziare una collaborazione con loro. Con Paolo Silvestri c’è un sodalizio molto forte e secondo me molto fecondo. Purtroppo lui non ama suonare in pubblico, perciò le nostre esibizioni insieme sono sempre con lui sul podio di direttore. I nostri progetti sono molto più complessi che mettere su una formazione per un certo repertorio. Sono lavoro ambiziosi, che prevedono i grandi organici, oppure particolarissime rivisitazioni, come un lavoro sui Pink Floyd in cui io e lui cantiamo i brani a cappella, con molte sovraincisioni.
JC: Come vedi la situazione della musica in Italia?
BC: Io non sono così pessimista. Bisogna distinguere tra la situazione di chi la musica la fa, e la situazione del mercato in cui è possibile muoversi. La seconda cosa è ovviamente abbastanza tragica. Mentre invece secondo me ci sono moltissimi bravi musicisti, c’è ancora molto entusiasmo e potenzialità. Paradossalmente forse proprio la difficoltà può stimolare la creatività, in senso anche di inventarci situazioni e contesti nuovi, e spingerci anche a incontrarsi di più, confrontarci di più, conoscere altre realtà. Insomma crisi è anche crescita…
JC: E più in generale della cultura in Italia?
BC: Anche qui bisogna distinguere fra l’informazione e l’offerta culturale di massa, che fa abbastanza tristezza, e le singole persone e le singole realtà. E’ assurdo pensare che la gente non sia interessata alla cultura, secondo me se si offre più cultura le persone la “consumano” avidamente. Basta pensare al successo che hanno cose tipo il festival della Filosofia o il festival della Letteratura. Certo sono realtà di nicchia, ma io vedo che quando propongo i miei spettacoli più impegnativi, quelli per esempio in cui mescolo musica a teatro, canto e recitazione, il pubblico ha una reazione molto positiva, a volte entusiastica, quasi dicessero: “finalmente!”
JC: Cosa stai progettando a livello musicale per l’immediato futuro?
BC: In questo periodo sono impegnata nella promozione dell’ultimo mio cd inciso con l’Orchestra Jazz della Sardegna, arrangiamenti e direzione di Paolo Silvestri, uscito per l’etichetta Via Veneto Jazz. Oltre a questo, la cosa più immediata è un concerto in cui eseguo sono brani miei, accompagnata dalle chitarre di Beppe Fornaroli e Roberto Taufic. Questo dovrebbe essere il primo passo verso l’incisione (finalmente) di un nuovo disco di brani miei originali. Poi c’è un lavoro con l’attrice e cantante Monica Demuru sulla musica sacra in Brasile, abbiamo fatto la prima al Teatro Valli di Reggio Emilia e speriamo di far circuitare questo spettacolo nei prossimi mesi.
JC: Altre novità?
BC: La vera novità è l’uscita del mio libro. Ne sono molto soddisfatta e sto facendo una serie di presentazioni con musica in giro per l’Italia. E poi ci sono cose più complicate che preferisco non citare per una forma di scaramanzia!