Gaetano Partipilo: sax alto. sax tenore, flauto
Pietro Lussu: pianoforte, Fender Rhodes, Wurlitzer
Pasquale Bardaro: vibrafono
Vincenzo Florio: contrabbasso
Marco Valeri: batteria
Pierpaolo Bisogno: percussioni
Ospiti:
Heidi Vogel: voce
Alice Ricciardi: voce
Rosalia De Souza: voce
Mr. Natural: voce
Fabrizio Bosso: tromba
Vito Di Modugno: organo Hammond
Nicola Conte: chitarra
Marcello Piarulli: basso elettrico
Giuseppe Bassi: contrabbasso
Gianni Partipilo: sax tenore
Leo Gadaleta: violino
Luisiana Lorusso: violino
Antonio Buono: viola
Mauro Greco: violoncello
Voci, ritmo, atmosfere rilassate ed eleganti. Questo il filo conduttore di Besides, Songs from the Sixties. Come riporta il sottotitolo, i brani sono in buona parte ripresi dagli anni sessanta e si muovono a cavallo tra ambientazioni cinematografiche, riflessi brasiliani e hard bop: l’altro fattore determinante, sempre evidenziato nel sottotitolo, è la centralità della canzone, affidata a voci diverse e a sonorità morbide. La scelta dei brani rimanda a Nat e Cannonball Adderley, Roberto Carlos, Herbie Mann, Chico Buarque e Bruno Canfora, la scrittura degli originali ne riprende ingredienti per proseguire in maniera conseguente il tracciato.
Come si evince dalla lunga lista di musicisti coinvolti, Gaetano Partipilo dispone intorno alla “band residente” una gamma di soluzioni espressive molto diverse tra loro e combinate per ampliare ulteriormente la visione della scaletta. Tre voci femminili diverse per approccio e una maschile, una schiera di solisti. un quartetto d’archi: il sestetto dialoga con le differenti maniere di interpretare coinvolte nel disco e offre una base solida sulla quale ogni solista, ogni voce può aggiungere il proprio tassello alla costruzione del lavoro di Partipilo, direttore musicale di un progetto dal forte sapore corale.
Il ritmo costituisce la spina dorsale di Besides. Basta considerare ad esempio 13 – Death March, già presente in Upgrading, il precedente lavoro del sassofonista realizzato con la Urban Society. La differenza è nell’approccio: se già la precedente versione aveva un portato ritmico deciso, nel nuovo disco questo aspetto viene enfatizzato e avvicina la composizione di Gary McFarland a un trascinante boogaloo. È un’attitudine che corre per tutto il disco e ne diventa la cifra caratteristica. Anche alcune delle ballad – come l’iniziale Beyond the day, Autumn Serenade e, sia pure in maniera minore, Moon flower – vengono colorate con una attenzione per il ritmo che, pur senza alzare i valori metronomici, le rende pulsanti e frizzanti. Naturalmente il discorso ancor più valido in quei brani come Right now, The sticks, The Jive Samba che affondano nelle radici più profonde e calde dell’hard bop o come Se voce pensa o Los marchianos che guardano ai ritmi latini.