Analisi di una fotografia: Liguori visto da Masotti

Foto: Roberto Masotti










Analisi di una fotografia: Liguori visto da Masotti.


Negli anni Settanta il jazz italiano è rappresentato visivamente da una foto di Roberto Masotti che diventa un’immagine-simbolo: si tratta dello scatto all’Idea Trio di Gaetano Liguori, in bianco e nero, utilizzato per il retro del disco I signori della guerra (1975) e visto più volte su diverse riviste musicali. Forse è proprio il ritratto più emblematico dello stesso Liguori e persino dell’intero jazz italiano di quel periodo, quando i concerti nei palasport (dove si paga il biglietto a prezzo politico) arrivano a raccogliere anche cinquemila persone, mentre nei luoghi pubblici con il recital gratuito il numero degli ascoltatori è spesso raddoppiato. E Liguori improvvisa un jazz molto avanzato, storicamente vicino alle note libere, percussive, modali di Cecil Taylor, McCoy Tyner, Don Pullen, Dollar Brand: i pezzi in repertorio si chiamano Cile rosso Cile libero, Collective suite, Cantata rossa, Viva la Cassa del Mezzogiorno, Tarantella del vibrione, Ballato per uno studente ammazzato.


Di tutto questo c’è come presenza vibrante, autentica, vibrante nella foto di Masotti, a cominciare dallo scenario. L’autore riprende il trio seduto a terra accanto a un paio di scale da imbianchino sistemate per la tinteggiatura probabilmente in un ampio locale, stando almeno dai pochi dettagli circostanti (il pavimento a piastrelle, lo sfondo chiaro di una parete quasi in lontananza). Le scale aperte a triangolo creano una rigorosa simmetria a metà fra la prospettiva rinascimentale e il dinamismo futurista: danno anche un senso ritmico (quasi ad imitare quello musicale jazz) entro cui si inseriscono le figure umane.


Ovviamente al centro vi è Gaetano Liguori, la cui postura (mani incrociate sulle ginocchia, gambe divaricate, sguardo fisso alla macchina) viene a formare un triangolo perfetto al centro della scena, dalla quale ripartono gli altri elementi figurativi. Monico e Del Piano sono di spalle a Liguori, a far da comprimari, come effettivamente accade nella musica del Trio. Il gioco di triangoli si rifrange quasi all’infinito grazie ad altri minuscoli particolari, dalla posizione di una gamba e di un braccio di Monico, al colletto di Del Piano, fino al capellino orientale sempre di Monico dai triangoli bianconeri.


Quest’ultimo è forse l’elemento del vestiario di maggior spicco, sul piano fotografico: l’abbigliamento volutamente casual in un’ostentata normalità, anche per come viene ripreso da Masotti, conferisce ulteriore significato all’immagine jazzistica dell’Idea Trio. Sembra quasi comunicare di star di fronte a ragazzi qualsiasi, o meglio ai giovani impegnati, ai quali la griffe non interessa, preferendo invece le connotazioni sportive (le scarpe da tennis), guerrigliere (la camicia militare), terzomondiste (il copricapo). Insomma non è importante come si appare esternamente, bensì cosa si vuole dire, come sembra appunto rivelare la fotografia.


Ovviamente la foto non può comunicare la musica, semmai trasmetterne alcune sensazioni mediante accorgimenti precipuamente visuali: e allora Masotti si concentra sullo sguardo del protagonista. Gaetano Liguori ha infatti il volto al centro di una foto quadrata, ha il viso in posizione frontale illuminato quasi interamente dalla luce (tranne una leggera ombra alla destra): è un ghigno che guarda in macchina, tradendo una certa malinconia nello sguardo, che non è lo spleen di romantica memoria, bensì la tristezza del giovane di quegl’anni, da tempo abituato a scontrarsi con una realtà urbana durissima. I capelli lunghi (ben pettinati, ossia lontani dalla selvaggeria fricchetona) e i baffoni spioventi (simbolo invece di coscienza politica) aggiungono ulteriore spessore espressivo, fornendo altresì un forte contrasto cromatico con l’incarnato e con le tinte chiare degli abiti, in distonia con le scure “divise” degli altri suoi compagni.


In conclusione la foto di Masotti a Liguori non è soltanto l’inconsapevole tributo (almeno per quell’epoca) a una fase irripetibile della musica italiana, ma soprattutto il tentativo (perfettamente riuscito) dell’autore di capire il personaggio e il contesto in cui opera sociomusicalmente, rimarcandone l’antidivismo e la naturalità pur attraverso una compostezza rappresentativa che denota le origini di designer del jazzfotografo Masotti.