ECM Records – ECM 2304-05 – 2013
Tomasz Stanko: tromba
David Virelles: pianoforte
Thomas Morgan: contrabbasso
Gerald Cleaver: batteria
Tomasz Stanko recluta tre musicisti di stanza a New York per formare un nuovo quartetto capace di spaziare attraverso dimensioni differenti. E infatti si passa dal mainstream, declinato secondo le diverse stagioni, alle soluzioni più radical e si muove dai riflessi colti e contemporanei – minimalismo e serialità, in particolare – per arrivare alle visioni liriche. Il filo conduttore di un lavoro generoso – articolato in un disco doppio e, soprattutto, ricco di soluzioni e spunti – è una ricerca che punta verso direzioni non scontate. E questo senza la voglia di stupire o la necessità di scardinare in maniera forzosa o forzata: piuttosto per mezzo di una visione personale, capace di utilizzare la forza espressiva dei tre “emergenti” compagni di viaggio – le virgolette derivano dal già solido pedigree di Virelles, Morgan e Cleaver – e una voce sedimentata nel corso di una carriera lunga quasi cinquant’anni ma non per questo paga o ripiegata in maniera sterile su sè stessa.
Non è un caso che il disco sia dedicato a Wislawa Szymborska, alle sue poesie, alle suggestioni provocate dalle parole della poetessa polacca. l’idea di coniugare semplicità e significato, versi asciutti, quotidiani, capaci allo stesso tempo di contenere rigore ed ironia, sciolti dal legame di rima e metro per seguire le necessità del senso e del tono. L’atmosfera profonda, densa, sobria delle due lunghe versioni di Wislawa, poste in testa e al termine del lavoro, chiariscono il ragionamento sulle matrici espressive operato dal trombettista polacco ed esplicitato con grande trasporto dai suoi compagni di viaggio. La melodia viene posta al centro di uno sviluppo aperto e rigoroso al tempo stesso: la linea del canto diventa spesso il filo conduttore intorno al quale si liberano le strutture ritmiche ed armoniche, in un atteggiamento che coglie la dimensione evocativa del free, senza rinunciare alla forma – e, in particolare, alla forza, alla sicurezza e alla potenzialità narrativa della forma.
Stanko trova l’equilibrio, in pratica, tra le pulsioni che attraversano il disco. La sintesi tra stupore e rigore, tra le varie stagioni del jazz vissute dal trombettista, tra i riferimenti colti e la pulsione dello swing: il punto centrale di Wislawa è in una concezione lucida, capace di accostare elementi diversi e far convivere con naturalezza gli opposti, capace di far scaturire i passaggi in maniera fluida e consequenziale. E in questo senso il dialogo con i fili musicali tracciati dal novecento si pone come punto di partenza per lo sviluppo della musica del quartetto. Le diverse antinomie – libertà/rigore, Europa/America, tradizione/innovazione e via proseguendo – vengono sfruttate da Stanko proprio per dare corpo al discorso che si faceva in apertura: essere personali nel rispetto di quanto è stato nella storia della musica e nella propria carriera e senza puntare in maniera cieca o totalitaria all’innovazione. Le dodici tracce di Wislawa recano il tratto distintivo di una ricerca costantemente attenta a non essere autoreferenziale, lo sviluppo ampio e rilassato aiutano il trombettista a non affrettare mai i tempi e a lasciare il respiro necessario a comporre la sintesi, a muoversi tra le pulsioni presenti nei temi e nelle atmosfere del disco.