Slideshow. Zlatko Kaucic.

Foto: da internet










Slideshow. Zlatko Kaucic.


JC: Jazz Convention: Puoi anzitutto parlarci del tuo nuovo CD, Dreiländer trio?


Zlatko Kaucic: L’idea di questo cd arriva da Claudio Cojaniz: un giorno siamo andati a San Vito al Tagliamento, presso l’Antico Teatro Sociale Arrigoni e in pratica abbiamo fatto la registrazione in 2-3 ore; Giovanni ha portato con sé il registratore e così è nata la musica, anche se il pianoforte era già stonato! Senza fare troppe chiacchiere o filosofie, abbiamo improvvisato, anche con qualche pezzo già scritto o in testa, che abbiamo portato con noi!



JC: Ci dici in due parole chi è Zlatko Kaucic?


ZK: Mah… un essere umano che si interessa a tutto, che è creativo, differente dai mainstream correnti, fuori dai giri commerciali!



JC: Mi racconti ora il primo ricordo che hai della musica?


ZK: Quando era bambino, circa a dieci anni, sentivo musica alla radio, specialmente Radio Luxembourg, ma anche la RAI Italiana. E, inoltre, il suono degli uccelli nel cielo ha sempre richiamato la mia attenzione! La mia prima batteria l’ho fatta con scatole, botti e i fustini del Dash: eravamo alla metà degli anni Sessanta e si comprava in Italia il detergente in bidoni di cartone; per le bacchette sono andato a farle nel bosco, come “piatti” usavo i ricambi del tritatutto (quello per le patate) e suonavo insieme con la musica che c’era in radio!



JC: Quali sono i motivi che ti hanno spinto a diventare un musicista jazz?


ZK: Dopo che ho fatto esperienza in gruppo, con gli “Upupa” a Udine (musica tipo Jimi Hendrix, rock sinfonico) sono andato a Zurigo dove ho trovato grandi musicisti che abitavano a un paio di chilometri da nostra casa; nel nostro condominio c’erano Alan Blairman (batterista con Archie Sheep, Mal Waldron, Karl Berger), c’era anche l’improvvisatore radicale Stefan Witwer e tanti altri. In un altro palazzo c’erano Irene Schwaitzer, Peter Frei, eccetera, eccetera! Loro mi hanno spinto verso il Jazz.



JC: Ma tu allora cosa sentivi?


ZK: Io ero ancora ancorato al jazz rock (Weather Report, Billy Cobham, Return To Forever). Un giorno dopo di aver sentito Alan Blairman con Mal Waldron mi sono appassionato di questa musica, anche perché ho notato che suonare la batteria jazz è completamente diverso dalla fusion, e Alan suonava uno stile tipo Ed Blackwell, Billy Higgins… Beh, grazie a Blairman mi sono innamorato di questa bella musica! A Zurigo avevo poi l’opportunità di ascoltare anche altre proposte come il gruppo sudafricano Blue Notes con Dudu Pukwana, Mongezi Feza, Harry Miller e via dicendo.



JC: Quali batteristi jazz hai poi ascoltato di più?


ZK: Ce ne sono tanti, tutti quelli che han contributo a sviluppare concetti, idee, suoni in maniera nuova: Syd Catlett, Joe Jones, Philly Jo Jones, Max Roach, Elvin Jones, Roy Haynes, Tony Williams, Jack de Johnette e i citati Higgins e Blackwell-



JC: E tra gli Europei?


ZK: Soprattutto Han Bennink, Paul Lytton, Tony Oxley…



JC: Ma cos’è per te il jazz?


ZK: È un suono, forse il più bello del mondo, e un modo di vivere, sentire, gioire, piangere, ridere!



JC: Quali sono le idee, i concetti o i sentimenti che associ alla musica jazz?


ZK: Sono i racconti che mi interessano, così come in maniera eguale mi interessano i concetti! E soprattutto la diversità dei racconti!



JC: Tra i dischi che hai fatto ce ne è uno a cui sei particolarmente affezionato?


ZK: Ce ne sono tanti, però in particolare il doppio CD “Zlati Coln” per la Splasc(h) Music, che ho fatto per il nostro più grande poeta sloveno, Srecko Kosovel, con Steve Lacy, Paul McCandess, Jean-jaques Avenel…



JC: E tra i dischi che hai ascoltato quale porteresti sull’isola deserta?


ZK: Live At Plugged Nickel di Miles Davis, The Secret Life of the Plants di Steve Wonder, Yellow Shark di Frank Zappa e The Skies Of America di Ornette Coleman.



JC: Quali sono stati i tuoi maestri nella musica e nella vita?


ZK: Nella musica Coltrane, Parker, Ornette, Peter Delphinich, nella vita Che Guevara, Srecko Kosovel, i partigiani, Pavel Havel, mia nonna e mio nonno!



JC: E i batteristi che ti hanno maggiormente influenzato?


ZK: Alan Blairman e Billy Higgins prima, adesso sto cercando me stesso!



JC: Qual è per te il momento più bello della tua carriera di musicista?


ZK: Ci sono tanti momenti belli, in particolare quando condivido la musica con i musicisti con cui suoni e la passi all’ascoltatore, e quando faccio bei dischi che mi piacciono!



JC: Quali sono i musicisti con cui ami collaborare?


ZK: Quelli che sono molto aperti da tutte le parti, musica, arte, vita, filosofia…



JC: Come vedi la situazione della musica jazz in Slovenia?


ZK: Da noi c’è una crisi pazzesca, non ci sono posti per suonare, abbiamo tre festival di Jazz, come il Lubiana Jazz Fest, uno di più vecchi dopo Cerknoper per la musica d’avanguardia e Maribor. La destra ha distrutto tutto! Giovani talenti come Jure Pukl, Igor Lumpert, Kaja Draksler e tanti altri sono andati a vivere a New York, in casa sono rimasti in pochi come Samo Salamon, Cene Resnik, Igor Bezget.



JC: E più in generale che differenze noti tra Slovenia e Italia per il jazz?


ZK: Da voi c’è tanta tradizione, e nonostante il Berlusconismo abbia distrutto tanti club, è incredibile quanti giovani talenti ci sono ancora! Da noi invece i giovani vanno studiare in Austria, Olanda o Stati Uniti, quindi ciò crea un problema e porta a poca “originalità”!



JC: Cosa stai progettando a livello musicale per l’immediato futuro?


ZK: Sto lavorando in vari gruppi, ho suonato in Austria con Evan Parker, poi mi dedicherò al Trio Balanescu-Girotto-Kaucic, come pure al Doline trio, con Saadet Türkoz e Giovanni Maier, al trio December Soul, con Stefano Battaglia e Paolino dalla Porta, e infine il duo con Johannes Bauer.