Pata Music – PATA 21 CD – 2012
Norbert Stein: sax tenore
Michael Heupel: flauti
Nicolao Valiensi: euphonium
Ryan Carniaux: tromba
Georg Wissel: sax alto
Albrecht Maurer: violino
Joscha Oetz: contrabbasso
Christoph Haberer: batteria
La patamusica di Norbert Stein prende una nuova conformazione con Pata on the Cadillac. La ricerca del sassofonista tedesco punta questa volta all’unione di elementi diversi in un corto circuito tra improvvisazioni radicali e spinte in avanti da una parte e il richiamo alle matrici dixieland e alla dimensione romantica della sonata.
Una formazione ampia dove, davanti alla ritmica formata da contrabbasso e batteria, una frontline composta da sax tenore, flauto, euphonium, tromba, sax alto e violino si avventura in un ragionamento musicale trasversale. Nella musica di Stein si uniscono elementi diversi in una stratificazione che mette a confronto scrittura e improvvisazione in un approccio libero da schemi predeterminati piuttosto che scardinare tutto in modo indiscriminato. In pratica si sentono sempre forti gli appoggi ritmici e armonici su cui si muovono i solisti. E anche nel momento in cui questi si dissolvono per lasciare spazio solamente agli incroci delle linee melodiche, l’impianto complessivo rimane solitamente leggibile.
Abbiamo già descritto la patafisica e tutti i riferimenti letterari nella recensione a Code Carnival, precedente lavoro di Stein. L’idea di base da cui muove il sassofonista rimane anche in questo quella di tradurre in musica i principi e di rispettare gli stimoli filosofici. E in questo senso si sviluppa anche una certa logica teatrale della proposta di Stein: si alternano momenti diretti alla più stringente sintesi sonora, affidati al trio composto da ritmica e solista in una situazione scarna ed essenziale e passaggi orchestrali nei temi e negli special con cui le sezioni intervengono poi a sostenere il solista. L’attitudine orchestrale attinge certamente alle esperienze radicali di metà novecento, ma non disdegna di tornare indietro al dixieland e, perchè no, a richiami classici e ottocenteschi. Il gioco innescato dal sassofonista è quello di scompaginare e ricomporre di continuo le sezioni formate dai sei strumenti solisti e dalla ritmica: un valzer continuo dove le voci si oppongono e si accompagnano, temi e suggestioni si incontrano e si lasciano. Quello che non viene mai meno, come si diceva prima, è il fil rouge dei vari brani e del complesso del lavoro: in Pata on the Cadillac, i passaggi più spigolosi o arditi vengono rivolti in una dimensione surreale o sognante, a seconda dei casi, oppure ricondotti con sicurezza verso l’approdo melodico.