Alessio Riccio – Ninshubar From the Above to the Below

Alessio Riccio – Ninshubar From the Above to the Below

Unorthodox Recordings UNHX 011CD – 2013




Alessio Riccio: batteria, percussioni, laptops, ritmiche ibride, organic sound mosaics

Hasse Poulsen: chitarre

Monica Demuru: voce

Catherine Jauniaux: voce





Non si è evidentemente eclissata la teoria di istanze fenomenologiche della musica elettronica, che ha storicamente incrociato anche l’agitante scena del Movimento; e molti praticanti dell’àmbito, pur appartenenti a fasce anagrafiche anche successive,non sembrano ignorarne o averne rimosso le basilari istanze.


Nel presente lavoro ciò è confermato e in misura non minima come in parte dalla ripresa di materiali fondanti di pensatori-manifesto dell’epoca, spazianti da Felix Guattari o dall’allora “recuperato” Nietzsche, dal neo-dibattere di relativi postulati e ipotesi di lavoro civile, dall’analisi delle ritualità all’individualismo politicizzato, che con mordaci energie sembrano voler tornare alla carica nell’interfacciarsi con i tempi attuali e variamente mutati di segno.


Dilettandosi, ma anche addentrandosi, nel gioco semantico tra sovversività ed “immersività”, tra i temi caldi e più tesi delle elaborate note di copertina, ci permettiamo di bypassarle cogliendovi istanze già stagionate per la generazione di chi scrive, per immergerci nell’ascolto, che necessita di attenzione partecipativa, ma lascia anche libero l’orecchio – per quanto si può, essendo la “libertà formale” (ma il termine non è esaustivo) proposta assai condizionata dalle veementi energie e dall’elevato peso specifico dei “segni” e delle figurazioni qui poste in essere.


Certamente vivente delle possenti forze dell’istantaneità, nel lavoro di fitta trama si gioca la tenzone tra la complessa, spesso violenta elettroacustica e la meta/paratestualità del recitato e dei nastri (lungo i quali si srotola un esteso parterre che oltre i performers presenti e passati di Riccio include “presenze” estese da Alvin Curran, Fred Frith a Elliot Sharp o Frank Zappa, a segnare una carismatica avanguardia, storica e/o tuttora operante).


Ninshubar è brulicante e iperbolica “biologia” sonora, ibrida per quanto le sfaccettature dell’elettronica consentono, e certamente “mutante” nelle sue reazioni di rigetto e di denuncia: la furia oracolare delle voci, il tappeto elettroacustico non-sintetico di percussioni e chitarre attinge a densità ad alto spessore ed espressività furente, tenendo elevata la soglia della partecipazione “fisica” e della pervasività d’impatto delle elettroniche e del live-performing.


Coniugando le complesse morfologie di sintesi e del mixing si fanno convergere le forme – non necessariamente (o ormai più) distinte – della post-Accademia e dell’elettronica pop, sfiorandone anche le quote “cosmiche” meno contemplative che, particolarmente concentrate sulle tensioni “metropolitane” e interrogandosi nel corso della suite sugli effetti destruenti dello “zapping” passivo ad opera degli attuali materiali mediatici, puntano il dito sulle banalità autoriali della civiltà dello spettacolo e sulle violenze politiche della dimensione del consumismo e del mercato del’informazione.


Dal recupero dei “nouveaux philosophes” alla denuncia della dimensione industriale preconizzata da Edgar Varèse, l’operazione non nostalgica, ma in continuità con la visionarietà e le forze eversive della già rammentata epoca culturale, che, con gli “aggiornamenti” di sensorialità e sintonie, è non-garbato e provocatorio invito ad una nuova ecologia mentale attraverso un’incisiva revisione della Forma che non passa, nella visione di Ninshubar, attraverso canali incruenti.


Non si potrà negare coinvolgimento (e in linea con le premesse anche “responsabilizzazione”) alle vocalist-speakers Monica Demuru e Catherine Jauniaux e alle energie interventistiche del chitarrista Hasse Poulsen, e certamente all’autore-teorico-sound designer della complessiva operazione, che oltre all’impegno, teoretico e ideologico, ma anche fisicamente profuso, delle forze di un certo free capta indignazione costruttiva e furie animalesche, e nell’elaborato patchwork elettro(nico)-acustico ci fa tastare il polso sullo stato della partecipazione creativa di certi esponenti ad elevata componente polemica e vigile della nostra Avanguardia.