Painting Jazz Duo – Talk and Fly

Painting Jazz Duo - Talk and Fly

Dodicilune Dischi – Ed 308 – 2013




Emanuele Passerini: sax tenore, sax soprano

Galag Massimiliano Bruno Belloni: pianoforte





Musicisti “non a tempo pieno” che, di getto e in un’unica sessione di studio, davvero sembrano aver preso le mosse, come da note allegate, dal materiale semplice (spunto minimale) di una scala o un brandello melodico, così come mostrerebbe il cantiere sonoro posto in esplorativa risonanza con l’iniziale Errol, ma l’atmosfera e i motori si scaldano rapidamente per toccare temperature ed elevazioni espressive di ben maggiore fermezza: tesa, drammatica, mantrica, insomma di spirito intensamente coltraniano è la Journey to the East che non a caso precede la sequenza Monk & Trane in the Sky.


Il valore aggiunto e allusivo della psichedelica beatlesiana, ma certo anche (e non in piccola quota) l’obliqua e mai levigata ispirazione monkiana appaiono tra i vari moventi che improntano l’ispirazione istantanea della “pittorica” coppia che, se sortisce anche in pennellate rapide e spatolate asciutte quali i fulminei estri di Soprano Shouts o I can’t stand You talk, si dispone più volentieri a flussi “visivi” ben più estesi ed emotivamente più panoramici, conformando un lirismo asciutto intinto nelle discrete tonalità serotine (After the rain, Naima, My funny Valentine), ricollegandosi alle abissali inquietudini del Monaco traendo da cupi accordi, clusters, riverberazioni una materia pro-melodica primordiale (Misterioso), ponendo in risonanza del piano il corpo scheletrico e del soprano spingendo a esangue duttilità l’anima (Pizzicato), non omettendo riprese della ritmata fraseologia della classicità (Piano Reassures, Introspection) ma anche ascendendo verso più estranianti e sospese dimensioni free (Ugly Beauty, Agitation, Conversation).


Non si negherà credito ad un siffatto cimento tra pasta melodica, effettismo dissonante e spoliazione strumentale, ma nell’insieme il duo mostra presa di distanza dall’artificio, prevalendo un apporto di passione genuina e gusto per l’invenzione schietta.
La composita dualità piano-sax in jazz, con il peculiare lessico variamente esposto ed elaborato nelle esemplificazioni quanto meno eterogenee, se scorriamo con la memoria, dei Brubeck-Desmond, Barbieri-Brand/Ibrahim, Waldron-Lacy, Abrahams-Braxton, i rari Zawinul-Shorter, fino a Iyer-Mahanthappa, ovviamente tra i più noti, sembra qui incontrare almeno due ben motivati interpreti, che ne hanno appreso la lezione e si dispongono verso questa formula mostrando di averne captato lo spirito e la natura di sortilegio discreto, sfida creativa e momento di verità.