Dora Sisti – Mai prima d’ora

ARC - Archipelago

Zone di Musica – ZDM1311 – 2013




Dora Sisti: voce

Andrea Verlingieri: sax tenore, sax soprano

Carlo Ferro: pianoforte, tastiere

Giuseppe Salvaggio: basso elettrico

Marco Tardioli: batteria, percussioni





Dora Sisti per il suo esordio discografico sceglie una strada intermedia tra canzone, jazz, sperimentazione e richiami alla classicità romantica. I sette brani del lavoro, per una durata complessiva di quarantadue minuti, ci presentano una composizione di Chick Corea, Five Hundred Miles High, e quattro canzoni originali e due poesie, rispettivamente di Dualismo di Arrigo Boito e Robin’s Waltz di Emiliy Dickinson, messe in musica dalla leader.


La formazione, oltre alla voce, prevede un quartetto con sassofono, pianoforte, basso elettrico e batteria: anche in questo senso la scelta è quella di disporre un terreno intermedio che possa sfruttare gli slanci lirici della voce senza perdere di vista le spinte più energiche che vengono dalle corde del basso e dall’atteggiamento ritmico di Marco Tardioli naturalmente legata alle linee tracciate da Giuseppe Salvaggio.


Il filo conduttore di Mai prima d’ora diventa proprio la ricerca dell’equilibrio tra le diverse tensioni e intenzioni con cui il quintetto affronta le canzoni e i testi del disco. Una dimensione spiccatamente poetica e romantica che sa trasformarsi in spinta aggressiva oppure in episodi incalzanti conditi dagli unisono tra voce e sassofoni. La forma e, meglio, l’idea di canzone delineata da Dora Sisti aggiunge alle ambientazioni mainstream jazz, gli accenti della fusion e l’ariosità lirica con cui affronta le ballad.


Il lavoro si fa apprezzare per una ricerca espressiva particolare: è abbastanza difficile inventare qualcosa di inaudito nella musica di oggi e forse non era questo nemmeno l’obiettivo principale del disco. Nel corso delle tracce si percepisce però la voglia di tentare una strada personale, di correre anche il rischio di esagerare o di non mettere perfettamente a fuoco alcuni passaggi, invece che rimanere bloccati in una deliziosa quanto statica esecuzione di maniera.


Una linea peculiare che cerca di tenere insieme l’attitudine al jazz e lo sguardo alla canzone d’autore, di accondiscendere l’impulso poetico dei testi senza avvertire la necessità di accompagnarli con sdolcinature o sperimentalismi fuori luogo. I diversi elementi si accostano in una visione complessiva che, nonostante qualche lieve ingenuità, ci consegna un’opera prima apprezzabile per le sue potenzialità.