Steve Swallow Quintet @ Gezmataz 2013

Foto: Andrea Gaggero










Steve Swallow Quintet @ Gezmataz 2013.

Genova, Porto Antico – 21.7.2013

Steve Swallow: basso

Carla Bley: organo

Chris Cheek: sax tenore

Steve Cardenas: chitarra

Jorge Rossy: batteria


Per il festival Gezmataz 2013, Steve Swallow si presenta a Genova con il suo nuovo quintetto. Prosegue così il sodalizio con Carla Bley, che passa dal dialogo a due puro e semplice, al trio con Andy Sheppard più eventuali ospiti, alla celebrata big band. Questa formazione somiglia, non è un paradosso, più ad una specie di orchestra ristretta, condensata, che ad un duo o a un trio allargati. Carla Bley ricorda, infatti, nel suo modo di suonare l’organo per accordi giustapposti e ripetuti, il lavoro di sezione dei fiati di un ensemble orchestrale. È la tastierista a determinare il sound del gruppo, coadiuvata dal bassista, provvisto, per suo conto, di un inconfondibile fraseggio chitarristico. Swallow dispensa note secche ed essenziali per costruire un’impalcatura consistente, ma leggera, per le sortite dei solisti. Gli dà man forte il batterista Jorge Rossy, raffinato sì nell’accompagnamento sui piatti, ma non particolarmente inventivo o geniale in questa circostanza.


Steve Cardenas ha nel manico del suo strumento il rock e il latin sound, il jazz moderno e meno attuale. Purtuttavia non riesce mai ad essere particolarmente personale. I suoi interventi con chitarra elettrica in prevalenza, sono corretti, adeguati, si insinuano a dovere nel tessuto delle composizioni dei leaders, ma non riescono a scaldare i cuori o le menti. Chris Cheek, invece, è tipico sassofonista da big band. Quando entra in gioco spinge sul tenore con veemenza. Ha un approccio da contraltista, alla David Sanborn. Non conosce le mezze misure. Nei suoi soli sembra impegnato in una chase con altre eventuali ance dell’orchestra. Qui, però, non deve dar la paga a nessuno. Compete alla fine con sé stesso. Tanto fuoco alla fine si affievolisce per difetto di combustione.


Si ascolta, in sintesi, una musica dai toni e dai climi diversi. Si transita da temi obliqui, con il marchio di fabbrica della Bley, a brani di agevole cantabilità, a pezzi con uno swing non rilucente, piuttosto opaco. Non mancano un blues ?trattato? e un’aria natalizia decisamente fuori contesto nel caldo opprimente della piazza delle feste.


Si esce dal concerto con l’idea di aver assistito all’esibizione di un quintetto ben assortito, dove fanno la parte del leone Swallow e la Bley, due protagonisti assoluti del jazz degli anni settanta, ottanta e oltre. Non si accende, ad ogni modo, la scintilla dell’imprevedibilità. Si rimane ammirati come di fronte ad un esercizio di stile. Da simili personaggi ci si può aspettare qualcosa di più e di meglio.


Il numerosissimo pubblico genovese tributa convinti applausi, comunque, alla chiusura del concerto.