Slideshow. Davide Merlino.

Foto: da internet










Slideshow. Davide Merlino.


Jazz Convention: Così, a bruciapelo chi è Davide Merlino?


Davide Merlino: Un musicista che ha la fortuna di suonare con delle persone fantastiche e quindi di crear sempre nuova musica e forti emozioni.



JC: Chi sono o cosa sono i Mu?


DM: Il mio progetto principale a cui sto lavorando da quattro anni. Grazie ai miei sodali i Mu stanno facendo della musica di confine, molto fresca e coinvolgente. Con loro sento che sto crescendo sempre più, siamo una bella forza insieme. Con Riccardo Chiaberta e Simone Prando suoniamo da una decina di anni e sono la mia ritmica preferita, poi si è inserito Dario Trapani portando una ventata di freschezza al nostro sound.



JC: Mi racconti ora il primo ricordo che hai della musica?


DM: I dischi di Bach e Beethoven che ascoltavo di nascosto da mia madre quando ero bambino. Mi riempivano di emozioni e volevo sentirli da solo.



JC: E andando più a fondo nella tua memoria?


DM: Tra i primi ricordi vedo un “piccolo Merlino”, rapito davanti allo stereo dai dischi di mia madre, appunto Bach e Beethoven, talvolta Mozart, ma anche immagini di me che ascolto mio padre batterista che suona Led Zeppelin o Deep Purple. Poi la prima volta che la musica mi ha colpito e mi ha eccitato e ho alzato il volume ascoltando i Nirvana e poi da lì ho iniziato a suonare.



JC: Quali sono i motivi che ti hanno spinto a diventare un musicista?


DM: Mio padre era un batterista e quindi per gioco ho iniziato a picchiare malamente il tamburo e poi con il passare del tempo l’hobby si è trasformato in passione.



JC: E in particolare come mai sei diventato un polistrumentista jazz?


DM: Gli studi classici in Conservatorio (sono laureato in Strumenti a Percussione) mi hanno aiutato a non concentrarmi solo su uno strumento e grazie agli ottimi insegnanti che ho avuto son sempre stato curioso.



JC: Quale strumento ami di più fra quelli che usi?


DM: Il vibrafono è lo strumento su cui sto studiando di più (non si direbbe..he he) e che utilizzo con i Mu, ma quando utilizzo un multiset in una situazione di solo performance penso di raggiungere la mia massima espressione!



JC: Ma cos’è per te il jazz?


DM: La possibilità di esprimere le emozioni che porto dentro. Una grande opportunità per crear qualcosa di inaudito.



JC: Quali sono le idee, i concetti o i sentimenti che associ alla musica jazz?


DM: Meglio parlare di musica improvvisata o improvvisa più che di jazz, la riteniamo più vicina come definizione di ciò che facciamo. Con i MU cerchiamo di utilizzar armonie jazzy, ma contaminandole con tutto quello che abbiamo sentito e che sentiamo di musica o che leggiamo come libri o che assaporiamo quando si gira per le nostre montagne. Con l’altra mia formazione il DavideMerlinoPercussiontrio siamo strutturalmente molto più liberi perché oltre a brani scritti suoniamo buona parte del concerto completamente free, basandoci su patterns o sfruttando i magici timbri delle percussioni (steel pan, logdrum, kalimba e altri oggetti). Questo per spiegare cosa associo al concetto “jazz”: l’ambiente che mi circonda, ciò che sento, leggo, osservo tutto ciò che mi rende libero è jazz.



JC: Tra i brani che hai scritto o suonato ce ne è uno a cui sei particolarmente legato?


DM: Il brano che suono più spesso e che viene sempre apprezzato è Macondo, la mia prima composizione, registrata nel primo omonimo disco MU. Del disco nuovo invece mi piace molto Father (in rete c’è un bel video con questa musica) che rispecchia la felicità, le preoccupazioni, la gioia e i dolori dell’esser padre.



JC: Tra i dischi che hai fatto ce ne è uno a cui sei particolarmente affezionato?


DM: Direi Dropouts (Abeat 2012) l’ultimo disco con i MU, ma il disco più bello è sempre quello che non si è ancora registrato!



JC: E tra i dischi che hai ascoltato quale porteresti sull’isola deserta?


DM: Almeno tre casse di dischi sennò non riesco a risponderti! Ora sto ascoltando molto questi tre dischi e me li porterei volentieri sull’isola: Indicum del Bobo Stenson Trio, Paris, Instanbul, Shangai di Joel Grare e King of limbs dei Radiohead, ma la lista sarebbe infinita: come lasciare a casa i Sigur Ros o Keith Jarrett trio o Bill Frisell o tanti altri…



JC: Quali sono stati i tuoi maestri nella musica, nella cultura, nella vita?


DM: Ho avuto tanti maestri, ma chi mi insegna giornalmente sono i miei allievi da cui ho la fortuna di imparare tantissimo e di migliorarmi, come musicista, didatta e come persona. Cerco di imparare da tutte le persone con cui mi capita di suonare, ma anche dai libri che leggo o dalle persone che incontro, sono tutti maestri d’arte. Dovessi citare un autore che ha influito sul mio modo di suonare parlerei di Alessandro Baricco, la spazialità dei suoi testi, la musicalità senza confini mi affascina e mi condiziona.



JC: E se dovessi citare un pittore?


DM: Parlerei di Basquiat e delle sue tele, soprattutto quelle enormi con qualche pennellata spessa, se li guardi da vicino sembra ti stia venendo incontro, che emozione! Maestri con la “M” ne ho di cari: da Matteo Moretti con il quale in Conservatorio ho fatto poca tecnica e tanto altro, lunghe chiacchierata sul respiro e a trattar gli studi per tamburo come fossero delle Suite di Bach per violoncello..un grande didatta e amico. Ramberto Ciammarughi che molto pazientemente cerca di modellarmi e instradarmi, un mito per me che “sono una cozza”. Luca Gusella che mi ha posto per primo davanti a grossi problemi tecnici, inarrivabile musicista eclettico e un grande professionista.



JC: Qual è per te il momento più bello della tua carriera di musicista?


DM: Non son così famoso per poter annoverare mille situazioni fantastiche, quindi mi limiterò a citare il concerto dei Mu live su Radiotre RAI e sempre con loro la vittoria del concorso internazionale Percfest 2010.



JC: Quali sono i musicisti con cui ami collaborare?


DM: Ho la fortuna di suonare con ottimi musicisti tra cui Achille Succi, Brian Quinn, Luca Gusella, Lorenzo Erra, in varie formazioni dal duo al grande ensemble. Ovvio che suonar con musicisti di grande esperienza come loro è un viaggio molto istruttivo. I miei sodali Mu o i ragazzi che si alternano nel trio di percussioni sono persone con cui collaboro da una decina di anni e che quindi ci scambiamo idee di qualità in quantità, un’esperienza continua anche questa ovviamente.



JC: Come vedi la situazione della musica in Italia?


DM: Una domanda meno triste? In un momento di grossa crisi lo Stato invece di far “lo Stato” e dare alla popolazione un appoggio culturale ed economico, decide di tagliare, ed ecco la nostra disastrosa situazione.



JC: E più in generale della cultura in Italia?


DM: In Italia abbiamo forse i più grandi artisti (storicamente non ci batte nessuno!), ma sicuramente siano i peggiori sostenitori di noi stessi. L’erba del vicino è sempre più verde? Peccato.



JC: Cosa stai progettando a livello musicale per l’immediato futuro?


DM: Il tour dei Mu è il primo impegno e poi mi piacerebbe registrare il secondo capitolo del DavideMerlinoPercussionTrio, dopo Frammenti, un album ancor più free del precedente con qualche ospite in più. Porto poi avanti uno spettacolo da solo o accompagnato da immagini e video, una bella prova di forza e concentrazione. Dirigo anche un’orchestra di venti percussionisti, una formazione unica in Italia coni quali stiamo preparando il nuovo programma e stiamo registrando il nostro primo album con tutte musiche originali di Lorenzo Erra. Un grande impegno questo ensemble che mi vede come promotore e direttore.



JC: Qualcuno infine da ringraziare?


DM: Sì, Diril cymbals e Agner Swiss drumsticks.