Un giorno allo Jonio Jazz Festival

Foto: Fabio Ciminiera










Un giorno allo Jonio Jazz Festival.

Faggiano – 10.8.2013


Una situazione del tutto inattesa. Una festa cittadina a suon di jazz in un paese di poco più di tremila anime.


Se viviamo un momento, meglio un periodo, di crisi, se per la cultura e il sociale mancano sempre soldi, fondi, energie, feedback istituzionali e appoggi privati, lo Jonio Jazz Festival ha provato a ribaltare la questione e con buona risposta, stando alla prima sera.


Il paese invaso dal jazz in una vera e propria festa popolare diffusa nella piazze e nei luoghi significativi del centro storico, all’aperto e all’interno dei palazzi e delle chiese. Il primo evento della serata, ad esempio, la presentazione del mio volume Le rotte della musica è stata ospitata all’interno della Chiesa della Congrega del Carmine e coordinata da Annalisa Defazio nell’ambito delle attività collaterali promosse da Angelo Villani e RossoContemporaneo.


Dopo l’apertura, una serie di palchi disseminata elle varie piazze ha letteralmente condotto e coinvolto ai diversi punti di ritrovo allestiti: panche, ristoranti, stand tutto nella migliore tradizione delle feste paesane con la “sorpresa” del jazz. Musiche e interpretazioni diverse del linguaggio hanno accompagnato il pubblico nella scelta delle posizioni: ognuno ha dovuto e potuto decidere cosa vedere tra le proposte dislocate nei sei palchi.


Dall’etnojazz del Na’im Quintet guidato dalla voce e dai tamburi di Nando Brusco al repertorio degli standard interpretati in quartetto dalla voce di Irene Parabita, dal Concerto Poetico di Maria Elena Leone e Francesca Valente alle sonorità del tango: un set lungo tutta la cena, in pratica, che anima e movimenta la serata del pubblico. E a questo punto, viste le proposte messe inscena – oneste, varie e non necessariamente in compromesso con i gusti e le aspettative del pubblico – viene spontaneo chiedersi ma davvero bisogna sempre puntare in una direzione deteriore oppure propinando musica commerciale? Non si può, come fatto appunto A Faggiano, proporre qualcosa di non consueto anche in una occasione “godereccia”?


Per arrivare infine al palco principale nella piazza grande dove si sono esibiti in un incontro di jazz lo Ionian Trio – composto da Enzo Lanzo, alla batteria, Eddy Olivieri al pianoforte e Francesco Mariella al contrabbasso – insieme alle due voci di Gianna Montecalvo e Susanna Stivali e al sax di Martin Jacobsen. Un concerto particolare per le combinazioni sonore della line up e per la reinterpretazione in sestetto del repertorio degli standard. Una testimonianza di come il jazz e il song-book condiviso tra i musicisti siano sempre soggetti alla rivisitazione scaturite dalle contingenze e dalle intersezioni che avvengono sul palco. La voglia di divertirsi sul palco e di comunicare, come ha affermato Susanna Stivali al termine del concerto, sia tra i protagonisti della performance che verso il pubblico e che trasmette al di là della “quarta parete” l’onestà del proprio modo di proporsi e la capacità di tenere in equilibrio le intenzioni di protagonismo dei solisti, la voglia di lanciarsi nelle improvvisazioni quanto la necessità di tenere fede al significato dei temi.


Alla parte musicale vanno aggiunte inoltre gli interventi artistici coordinati da Angelo Villani e RossoContemporaneo. Presentazioni di libri e dibattiti, mostre di fotografie – in particolare Genius Loci con le immagini del jazz scattate da Maria Grazia Marrulli e Andrea Buccella e la fotografia minimalista di Vito Leone – e l’allestimento di una mostra della collezione di manufatti, opere artistiche e strumenti musicali d’epoca africani a cura del Museo Etno-Antropologico di Lizzano. E, dulcis in fundo, l’exploit di Asso Jazz Wall, un murales a tema jazzistico realizzato da writer provenienti da tutta Italia su uno dei classici muraglioni in cemento armato che tanto ingrigiscono il tessuto delle nostre città.


Una festa popolare in jazz, nel senso più ampio e genuino del termine. Certo, tutto questo potrà far storcere il naso ai puristi e scaturisce. per forza di cose, alla convergenza di tante ragioni. Un’idea semplice, però, senza essere del tutto rinunciataria e, anzi, capace di rilanciare sia con i concerti che con le attività collaterali anche spunti tutt’altro che scontati. Una possibilità per ribaltare tante teorie cervellotiche di politica culturale e dare agli spettatori il modo di essere allietati da qualcosa di meno familiare, di scoprire tra una chiacchierata e un panino, musiche con cui non erano mai entrati in contatto.