El Gallo Rojo – 314-50 – 2013
Simone Massaroni: chitarra elettrica, chitarra acustica, composizione
Danilo Gallo: contrabbasso, composizione
Zeno De Rossi: batteria, composizione
Massimiliano Sorrentini: batteria, percussioni, composizione
Achille Succi: sax alto, clarino basso, shakuchaki, composizione
Piero Bittolo Bon: sax alto, clarinetto, pocket trumpet, composizione
Alfonso Santimone: pianoforte, organo, laptop, composizione
Beppe Scardino: sax baritono, composizione
Francesco Bigoni: clarinetto, sax tenore, composizione
Enrico Terragnoli: chitarra elettrica, chitarra acustica, banjo, sampler, composizione
Dimitri Sillato: pianoforte, violino, composizione
Giulio Corini: basso, composizione
Nelide Bandello: batteria, shaker, composizione
Stefano Senni: basso, slappin’ bass, composizione
Album-avvenimento, e punto di verifica dello stato creativo della mole di contributi finora licenziati alle stampe, circolati sul palco e, non ultimo, mediatizzati in rete, il numero 50 della pregiata etichetta Gallo Rojo ha trovato le sue fondamenta logistiche alcuni mesi orsono un’operazione di crowd-funding estesa alla base di estimatori del collettivo, certo mai con le mani in mano negli otto, piuttosto fertili anni dell’articolata attività (unitamente al contributo forte di ospiti di sperimentato temperamento).
Fucina di sberleffo ragionato (in buona parte) che esordisce per sentori di nachos e chili con quel Mexico-feticcio, speziato e semi-stereotipato e che pur si presta nelle sue movenze a fungere da piattaforma mobile e di colore alle crude esternazioni bop da gaglioffi sapienti dei variamente assortiti giovanotti, e il gioco delle combinazioni mobili transita nella citazione a tinte forti della grande frontiera friselliana, e attraverso una sequenza di titoli che rinunciamo a riportare (seppur pittoreschi), si snoda lungo revisioni eccentriche di forme danzanti, destrutturazioni sensibili della formula-trio, distorti schemi fusion, free dilatato e interrogativo, laboratori polimaterici, spoglie e meditative stanze pianistiche, esangui contemplazioni entro spettrali plaghe impressioniste: l’identikit in molti casi sfuggente dei contributi autoriali dei talenti sonanti può (anche) fungere da compendio delle varie visionarietà e della congerie di “bio-diversità” comunque convergenti su un comune terreno di progettualità avant-jazz, che strizzando l’occhio al combo della golden age (benché poco funzionale al di là della dimensione di canovaccio delle parti) e tendendo l’orecchio alle varie stanze dell’edificio mobile del jazz persiste entro una delle sue più dinamiche palestre.
«Colpo di lama nel sipario, irruzione di luce, interruzione del tessuto di prevedibilità», il flusso di energie targata Gallo Rojo mantiene negli intenti alta la tensione ma non sfuggirà, tra i molti caratteri possibili dell’operazione, un non dichiarato “rispetto” per la definizione di uno stato della forma, intento non dichiarato al di qua del punto d’onore dell’impegno avversativo agli standard.
Certamente invitando a recuperare altri lavori “diversamente programmatici” dell’etichetta, che sveleranno l’ampiezza di caratteri degli attori via via in campo, entro il presente Dia de los Muertos l’ensemble di talenti in campo e in gioco non sembra mirare a superarsi, impresa improba(bile) e del resto anche innecessaria, dato il carattere in parte riespositivo del progetto, suggestivo e comunque utile nel dare corpo alle articolate traiettorie soggettive, sinergiche più di quanto basta nell’incarnazione dell’idea di collettivo in una sintesi estesa (e fortunatamente solo parziale) dei contributi soprattutto creativi e visionari dei variamente interattivi, e pur sempre individuali, talenti del collettivo.