Foto: Romualdo Del Noce
Billie Holiday ad Aspettando Giffoni – Ada Montellanico live
Avellino, Auditorium Banca della Campania – 16.6.2013
Ada Montellanico: voce
Enrico Zanisi: pianoforte
Pietro Ciancaglini: contrabbasso
Ermanno Baron: batteria
“Gli alberi del Sud hanno uno strano frutto.
Sangue sulle foglie e sangue sulle radici.
Strano frutto che pende dai pioppi,
ecco uno strano, amaro raccolto”
Una stagione di consistente profilo corona il settimo anno di Aspettando Giffoni, manifestazione ormai provvista di vita proprio e non solo in guisa di anticamera alla kermesse del Giffoni Festival.
Cartellone di qualità articolato in dieci serate, che verso l’epilogo ha trovato uno spiccato punto d’interesse nel concerto in oggetto: star indiscussa non soltanto della nostra scena jazz, Ada Montellanico, insieme a Diane Schuur e al Cordoba Reunion feat. Paolo Fresu, ha conferito lustro ad un ciclo di evidente interesse, che facciamo introdurre dal Direttore artistico.
Jazz Convention: Una presentazione del Ciclo in generale, e quindi più nello specifico del programma?
Alfonso Scarinzi: Dopo nove anni di attività del Giffoni Film Festival, la Banca della Campania svolge un’azione sinergica con il Festival, dando vita ad un’attività collaterale rivolta ai giovani. Nell’arco delle sette stagioni abbiamo messo insieme fino a 22 serate, toccando le 12 di quest’anno, in cui abbiamo voluto proporre un cartellone articolato e che guardasse in modo trasversale ai gusti del grande pubblico, prendendo come tema ideale il concetto della “ripartenza”: un’occasione per tentare di superare il difficile momento che stiamo attraversando anche con gli spunti degli appuntamenti proposti, per riflettere sul presente e guardare al futuro con rinnovata fiducia. Io lavoro da 35 anni come giornalista, con interessi verso l’ambito teatrale, per conto della banca curo il marketing e le PR, e ho potuto sfruttare conoscenze maturate dunque sul campo per poter assortire il cartellone, che quest’anno vanta almeno quattro serate di grande jazz, tra cui consiglierei assolutamente di non mancare anche all’evento del 23 giugno, il Cordoba Reunion che vedrà la guest star Paolo Fresu, progetto cui si è lavorato già dall’anno scorso e, naturalmente, il concerto di questa sera su Billie Holiday, con Ada Montellanico e tre validissimi e giovanissimi strumentisti. Sottolineo l’importanza anche della serata con i finalisti del Premio Strega, di estremo interesse e per cui invito senz’altro alla partecipazione.
Alquanto denso il programma dedicato alla grande cantante, cui la protagonista della serata si era già cimentata anche in un’esperienza discografica sancita alcuni anni orsono, particolarmente avvalorata dal contributo di tre solisti praticamente dell’ultima generazione, qui egualmente coinvolti in senso creativo: il contrabbassista Pietro Ciancaglini, autore di alcuni arrangiamenti e timone della sezione ritmica, il batterista Ermanno Baron, piuttosto attivo nel mutare le scansioni ritmiche (e apprezzabile in un curioso quanto gustoso duo con Ada in un solare quanto colorito intervento scat), nonché, un capofila ormai tra i protagonisti della tastiera, Enrico Zanisi sempre decisivo per invenzione ed armonia e di sempre più felice mano nell’eloquenza e tenuta dei passaggi in solo.
Doveroso tornare con sempre più convinto apprezzamento sullo status performativo acquisito da Montellanico, la cui morfologia vocale ha acquisito una fisionomia e un’anima segnate da un peculiare mélange di solidità e calore, forza e concentrazione interpretative accompagnate da una gestualità calibrata e sinergica, anche visivamente, con la sua presenza scenica.
Ampiamente diversificate le soluzioni espositive del programma, che con abilità registica collocava verso l’epilogo il cavallo di battaglia, la nota, enormemente discussa e “problematica” Strange Fruit, poema che è stato un caso a sé nella storia dell’interpretazione in musica.
Riferimento poco metaforico alle vittime afroamericane delle impiccagioni durante la recrudescenza delle persecuzioni razziali negli USA, il crudo testo di denuncia del poeta Lewis Allen fu proposto alla grande Billie Holiday perché lo includesse nel repertorio, ma la decisione di registrarla fu apertamente osteggiata dall’abituale casa discografica e boicottata dalla maggior parte delle emittenti radiofoniche, non solo americane, ma la sofferta interpretazione conquistò il favore del tempo facendone un caposaldo non solo del canto jazz ma anche un punto fondativo dell’intera cultura connessa. L’approccio di Ada Montellanico si conferma personale e particolarmente vissuto, donando nel breve, bruciante ascolto un esempio non soltanto di consapevolezza e partecipazione civile, ma siglando con un marchio di fabbrica fulminante per incisiva brevità l’efficacia di tratto espressivo e la maturità raggiunta da questa Signora del canto.
Attenzione e consenso da parte del folto e compatto pubblico, che sanciva con entusiasmo il successo di un’operazione che fungeva anche da grande appuntamento concertistico in apertura alla corrente estate dello spettacolo, concluso nell’incontro in un clima appagato e di estrema cordialità con la protagonista.
JC: Grande partecipazione, nel dar vita ad un recital Billie Holiday, e palpabile emozione nel presentare una delle hit più rinomate della stessa, l’impegnativa Strange Fruit.
Ada Montellanico: Questa sera, dando vita ad un programma su Billie Holiday abbiamo tentato l’impossibile, direi: Billie rimane un’artista che tutti conoscono, una di quelle personalità che ha catturato l’attenzione di un pubblico più allargato, ed è difficile anche solo tentare di accostarsi alla sua statura. Strange Fruit in particolare è un brano che mi emoziona sempre molto, cui ho dedicato la più larga presentazione, che mi ha permesso di mettermi in più profonda comunicazione con il pubblico. Ci fa rivivere un violento, drammatico pezzo di storia, un dramma che va oltre il periodo contingente e certamente s’innesta su un discorso politico che non ha purtroppo perduto attualità”.
JC: Abbiamo notato, e piuttosto favorevolmente, il coinvolgimento di un trio di strumentisti dell’ultimissima generazione.
AM: Avendo per tanti anni cantato, e avendo avuto l’onore di farlo con alcuni tra i grandi e più titolati (Pieranunzi, Rava etc.), ho adesso grande considerazione verso questi giovani talenti presso i quali percepisco delle energie nuove. Se penso a coloro con cui ho lavorato, iniziando da Francesco Diodati con cui lavoro del 2008, ma anche i Zanisi, Paternesi, Evangelista, Ponticelli, se con loro non ho propriamente agito da talent-scout, ho voluto avvicinarli al mio mondo già da prima che stessero per “esplodere” in termini di affermazione. Li coinvolgo sulla scia di un feeling che percepisco affine al mio e al carattere dei miei progetti, guardando quindi più in generale alla logica della mia ricerca musicale.
JC: Come si inserisce questo concerto nel sistema più generale della realtà concertistica attuale?
AM: Io, tirando le somme, ho potuto calcare palchi importantissimi e questo mi fa affermare con serenità che c’è spazio per tutti. Riconosco l’importanza del fatto che si debba “sbigliettare”, ricorrendo a nomi che richiamino grande pubblico, questo però non deve escludere da parte degli organizzatori una ricerca e, volendo una “presa di rischio” dimostrando curiosità e ricettività verso progetti alternativi e nuovi. “Pretenderei” da parte dell’istituzione culturale la considerazione della Cultura come risorsa territoriale, non guardando soltanto all’utile economico ma del portare comunque avanti il valore dei nostri talenti e delle nostre risorse. L’allargamento del pubblico comporta una popolarizzazione ma anche l’inclusione di fasce di partecipanti anche non particolarmente sintonizzate sulle proposte. Di mio, non ho mai inteso scegliere un percorso commerciale, anche quando avrei potuto (guardo per esempio al mio apprezzato lavoro su Tenco), prescindendo da un gradimento fine a sé stesso, e tenendo presente che il motore di tutto è e rimane la Musica: non ritengo insomma che il jazz debba allargarsi a tutti i costi, partendo sempre da una proposta musicale con una propria esigenza espressiva. Temo che abbiamo piuttosto cominciato a scontrarci con gli esiti e i parametri dei talent-show: non è sufficiente una dotazione tecnica, come le “tre ottave” che molti principianti vantano, se la molla di base è un esibizionismo che non fa davvero i conti con la Musica. Billie Holiday c’insegnava che anche solo otto note bastano e avanzano e lo stesso potrei dire per un altro grande come Chet Baker. L’estensione può, certo, arricchire il talento, ma devo dissuadere con onestà un giovane che si approcci al jazz senza possedere le giuste risorse: il jazz non è soltanto uno stile ma, e devo insistere su questo, soprattutto un “modo” di rapportarsi alla Musica.