Laura Copiello – Nina

Laura Copiello - Nina

Blue Serge – BLS-052 – 2013




Laura Copiello: voce

Claudio Conforto: pianoforte

Dudù Kouate: percussioni

Danilo Gallo: contrabbasso

Moulaye Niang: voce, percussioni





Il confronto con un repertorio e, come in questo particolare caso, con una figura estremamente definita nella sua espressività quanto trasversale tra i generi riveste sempre difficoltà e trappole. Nina Simone ha rivestito un ruolo molteplice, con le sue canzoni, le sue interpretazioni e la sua figura sociale e politica: come spesso accade, una figura contrastata in vita o, quanto meno, nel momento di massimo fulgore, divenuta sicuramente iconica e referenziale negli ultimi anni. Laura Copiello sceglie una visione scarna quanto particolare per avvicinare il songbook della cantante e pianista statunitense: il disco è condotto infatti da voce e pianoforte, ampliata in pochi casi da altre voci, percussioni e dal contrabbasso di Danilo Gallo, per una lettura che combina enfasi e intimità, una certa teatralità e, in alcuni casi, trova punti i contatto tra la canzone afroamericana e la dimensione europea e cameristica della romanza.


Perchè di canzone afroamericana si tratta. Il jazz di Nina Simone affonda le proprie radici nel blues e gospel, in primo luogo, e poi nel vocabolario ancestrale delle tradizioni: per traslato si connota come portatore di sofferenza, spiritualità, sensualità, senso di appartenenza a un popolo e a una vicenda storica. Elementi presenti nella vita e nel percorso artistico di Nina Simone, coerente e personale nel suo muoversi tra i generi, sempre fedele al suo pianoforte e a una dimensione acustica, radicata, profonda del suo suono complessivo dell’incontro del pianoforte con la voce.


Tutto questo si ritrova nel lavoro proposto da Laura Copiello e Claudio Conforto. Sulla scorta di un pianoforte dall’approccio classico e dall’accompagnamento rigoroso ed esigente, defilato alle volte ma sempre solido, la voce si muove nelle diverse direzioni intercettate dai brani: l’interpretazione tiene conto della lezione di Nina Simone, come di quelle dei tanti che hanno composto, riletto o manipolato canzoni come Lilac wine, Ne me quitte pas, Don’t let me be misunderstood, Strange Fruit o Backlash blues, ma non esita a discostarsene, come nel caso di My baby just cares for me, il brano che le ha riconsegnato fama e fortuna nell’ultima parte della carriera, percorsa in maniera dilatata e malinconica e, comunque, più à la Nina Simone, più vicina all’immaginario rappresentato dalla cantante, di quanto non abbia registrato lei stessa. D’altro canto si può aggiungere la chiave ancestrale con cui vengono proposte Nina, in un crescendo di suggestioni africane, o Strange Fruit affidata all’incontro libero, ruvido e, se si vuole, selvaggio di voce e contrabbasso. Copiello e Conforto puntano, dunque, al codice espressivo che caratterizza il percorso di Nina Simone, ne sottolineano le tante matrici e rispondono alle varie sollecitazioni offerte dai temi di un songbook animato dalla capacità di lasciar fluire nella voce, nell’estetica e nel colore dato alla musica il bagaglio di una tradizione molteplice, le idealità e la necessità del riscatto degli afroamericani in una combinazione del tutto originale e riconoscibile.