Slideshow. Antonio Marangolo

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Slideshow. Antonio Marangolo.


Jazz Convention: Così, a bruciapelo chi è Antonio Marangolo?


Antonio Marangolo: Un’anima inquieta che fa mille cose così così e non riesce a farne una sola come vorrebbe



JC: Cosa mi dici del tuo nuovo disco?


AM: L’ultimo CD, Sirkus Trio, con Stefano Solani al contrabbasso e Gilson Silveira alle percussioni, è l’unico di quelli che ho fatto che riesco ancora ad ascoltare dopo sei mesi, gli altri mi avevano già stufato mentre li facevo.



JC: Mi racconti ora il primo ricordo che hai della musica?


AM: Mio padre e mia madre al pianoforte a quattro mani. avevo sei anni e non sapevo che sapessero suonare perché in casa non avevamo il piano.



JC: Quali sono i motivi che ti hanno spinto a diventare un musicista?


AM: Ho cominciato a suonare per moda al tempo dei Beatles, poi ho capito che era il mezzo per andarsene dalla Sicilia. in seguito ho amato e studiato la musica.



JC: E in particolare ti ritieni un jazzista?


AM: Mi ritengo un jazzista tanto quanto il mondo del jazz italiano pensa che io non lo sia, per il fatto che abbia lavorato con Guccini, Capossela, Fossati, Conte, Lolli, Endrigo o Miriam Makeba



JC: Ma cos’è per te il jazz?


AM: Il jazz è improvvisazione, purché lo sia anche la vita. se no è un hobby.



JC: Quali sono le idee, i concetti o i sentimenti che associ alla musica jazz?


AM: Una disciplina per cui il cervello è sempre al lavoro anche nel sonno.



JC: Tra i dischi che hai fatto ce ne è uno a cui sei particolarmente affezionato?


AM: Sono affezionato sempre all’ultimo per una durata che va da un giorno a sei mesi da quando l’ho finito.



JC: E tra i dischi che hai ascoltato quale porteresti sull’isola deserta?


AM: Ne porterei due, Heavy weather dei Weather Report e Magical Mistery Tour dei Beatles



JC: Quali sono stati i tuoi maestri nella musica, nella cultura, nella vita?


AM: Maestri nella vita mio padre e i suoi amici intellettuali, il produttore discografico da poco scomparso Lilli Greco, quattro anni di night club suonando sette ore a sera compresi Natale pasqua e capodanno. E i miei 33 traslochi.



JC: E i solisti che ti hanno maggiormente influenzato?


AM: Più che solisti musicisti: Wayne Shorter, Joe Zawinul, Errol Garner, Archie Shepp, Ornette Coleman, Lee Konitz, Ernie Watts, Brian Wilson voce dei Beach Boys, George Martin arrangiatore dei Beatles. Sono tra i pochi sassofonisti che non ha seguito né Parker né Coltrane.



JC: Qual è per te il momento più bello della tua carriera di musicista?


AM: Il successo ottenuto nel 1990 con il mio Marangolo Quartetto Orizzontale al Festival du jazz a Montréal in Canada e il favoloso debutto a Parigi con Paolo Conte, Ares Tavolazzi, Ellade Bandini, Mimmo Turone e Jimmy Villotti.



JC: Quali sono i musicisti con cui ami collaborare?


AM: Mi piace suonare con i musicisti sensibili che hanno sempre un orecchio a ciò che stanno suonando i colleghi. li ho sempre scelti così.



JC: Come vedi la situazione della musica in Italia?


AM: La situazione della musica in Italia non è cattiva perché non c’è proprio nessuna situazione della musica. Gli italiani sono interessati al cibo



JC: E più in generale della cultura in Italia?


AM: Quando il ministro Tremonti ha detto che con la cultura non si mangia aveva ragione: a non mangiare sono solo gli artisti.



JC: Cosa stai progettando a livello musicale per l’immediato futuro?


AM: Concerti con musicisti giovani senza pezzi stabiliti: completamente improvvisati e basati sul timbro.