Keith Jarrett/Gary Peacock/Jack DeJohnette – Somewhere

Keith Jarrett/Gary Peacock/Jack DeJohnette - Somewhere

ECM Records – ECM 2200 – 2013




Keith Jarrett: pianoforte

Gary Peacock: contrabbasso

Jack DeJohnette: batteria





Recensire un nuovo disco del Trio per antonomasia è semplice e nello stesso tempo complicato. Cosa dire per non far sembrare le parole vecchie, i termini desueti, evitando di ricorrere all’eternità, sport prediletto da Jarrett, schivare la perfezione matematica o la quadratura geometrica delle sue performance. Cosa dire di un avvenimento gia avvenuto prima della sua uscita, evitare di essere vittime di un condizionamento a priori, di un capolavoro annunciato e per questo reale senza che lo sia ancora nel giudizio della critica e del pubblico. Sgombrando il campo dai dubbi e da qualsiasi suggestione subliminale, da social marketing, diciamo subito che Somewhere è un disco notevole, che si staglia in alto, forse in parità, con un pugno di altri dischi di eccelsa qualità di Jarrett & Co…


Registrato dal vivo a Lucerna nel 2009 e comprendente standard di consumata fama ed esecuzione e due costruzioni a nome di Jarrett, Somewhere si palesa con una introduzione meditata di piano solo intitolata Deep Space. Le invenzioni del pianista, che passeggia furtivo sulla tastiera, preparano il terreno all’ingresso di Peacock e DeJohnette, che prima sommessi e sussurranti, privileggiando accenni ed espressioni facciali, partono dal profondo dello spazio verso la lunga corsa che li porterà alla sudata suite di Solar.


Il piano solo di Jarrett riprende in mano la situazione aprendo Stars Fell on Alabama, una ballad intensa, alla loro maniera, rarefatta, fumosa, che si muove dietro un velo, una cortina di seta che tratteggia sinuosa le forme. Ed ecco che a tanta bruma subentra dell’agitazione, un andamento ondivago, scherzoso, da burla, è Between the Devil and the Deep Blue Sea. Contrabbasso e batteria sono lì che spingono il pianista tra i marosi sfidandolo in un gioco di equilibri e fluttuazioni swing. Somewhere fa da proscenio alla seconda suite, uno standard riletto a loro modo, intenso, narrativo e per pochi intimi. Questo primo passaggio sfocia in Everywhere, una composizione dello stesso Jarrett che apre risvolti inusitati, affidandosi all’improvvisazione e ad una sistemica ricostruzione della genetica jazz, suggerita e deviata verso nuove ellissi dalla forza propulsiva e dinamica della sezione ritmica. Arriva Tonight, marchio di fabbrica del trio. Qui c’è il loro mondo, il loro jazz: un continuo inseguirsi, sfidarsi ad alta velocità, domare e dominare il tempo con assolo straordinari e giravolte di note che somigliano alla dinamica di una bacchetta illusoria.


Sembra quel pittore che in ogni suo quadro, ogni volta, come firma, usa dipingere un oggetto diverso ma allo stesso tempo identificante della sua arte. È il carattere di Jarrett, che prima ti tormenta, ti fa soffrire, ti tiene in sospeso, poi magari suona, ti incanta e infine ti addolcisce chiudendo con una ballad riconciliante, un valzer di note che strappano applausi e perdoni (I Thought About You).