Foto: Andrea Boccalini
Images, viaggio intorno al mondo di Rosario Giuliani.
Images è l’ultimo lavoro di Rosario Giuliani, un sassofonista incastonato di diritto nella storia del jazz italiano. È un disco di qualità, di ampio respiro, che mette in risalto le capacità compositive e musicali dell’altista. Probabilmente è il progetto più completo, quello che ci fa conoscere Giuliani a tutto tondo, che dialoga da leader con musicisti americani di alto lignaggio e professionalità. Comunque sia, è un disco da consigliare, da ascoltare attentamente per avere la certezza della dimensione internazionale della musica di Rosario Giuliani.
Jazz Convention: Rosario Giuliani, tu sei uno dei migliori sassofonisti che il jazz italiano abbia espresso negli ultimi anni. Images è il tuo dodicesimo disco da leader. Come lo collochi all’interno della tua carriera dal punto di vista artistico?
Rosario Giuliani: Ogni album racconta momenti importanti e differenti della vita di un musicista, pagine del libro della vita raccontato attraverso la musica. Images aggiunge altre pagine al mio libro, che continuerò a scrivere attraverso le emozioni che la musica stessa mi trasmette giorno dopo giorno.
JC: Nelle note interne al disco tu dici che “quest’album e la musica in esso contenuta sono, per me, qualcosa di molto speciale e profondo”. Potresti approfondire il concetto?
RG: Quando ho cominciato a pensare all’album non avevo ancora scritto la musica, il concetto però mi era ben chiaro. Volevo partire dalle sensazioni provate in alcuni momenti fondamentali della mia vita, come il rapporto con la mia mamma, oppure i momenti con il produttore francese Francis Dreyfus, la collaborazione con Phil Woods o semplicemente luoghi dove sono stato che hanno segnato in maniera indelebile la mia crescita di uomo e artista.
JC: Perché hai chiamato il disco Images?
RG: Immagini! Guardandole, ho cominciato a inseguire l’elemento chiave della foto che potesse animare e ricordare quel tale momento. Un accordo, un intervallo, un frammento ritmico, un’idea per scrivere la colonna sonora di quell’immagine.
JC: I dieci brani contenuti nel disco, tranne Light at Night di Roberto Tarenzi, sono brani tuoi. Tali composizioni sono state scritte di getto o hanno avuto gestazioni e luoghi differenti?
RG: Alcuni sono stati scritti di getto, altri invece hanno avuto bisogno di un lavoro più lungo. Delle volte ho finito di scriverli durante i miei tour in luoghi differenti.
JC: In Images suonano musicisti di profilo elevato, Patitucci, La Barbera e Locke. Com’è nata l’idea di coinvolgere gli americani, compreso il “nostro” talentuoso Tarenzi, e fargli suonare i tuoi pezzi?
RG: Essendo un album che racconta di me e della mia vita, avevo bisogno di musicisti che mi conoscessero non solo sotto l’aspetto artistico, ma soprattutto umano. Grandi amici quindi, che potevano aggiungere e arricchire quello che io immaginavo.
JC: Che definizione dai al jazz suonato in Images?
RG: Non mi piace definire la musica in generale. Quello che posso dire è che Images rappresenta il mio jazz attuale, la mia forma di espressione, il mio modo di trasmettere le emozioni raccontandomi.
JC: Che sensazioni ti ha dato registrare a New York con un cast del genere?
RG: New York è la città del jazz, forse è il jazz, per la storia passata e presente. Penso però che se avessi avuto la possibilità di incidere l’album in qualsiasi altra parte del mondo con gli stessi musicisti il risultato non sarebbe cambiato.
JC: Images è il sesto disco che incidi per la casa discografica francese Dreyfus
RG: Nel 2010 e scomparso il produttore Francis Dreyfus, per me un padre artistico! Questo è stato il primo album concepito senza di lui, avevamo sempre lavorato insieme nei precedenti. Ora Dreyfus Jazz è stata venduta alla BMG France e, quindi, non so ancora se rimarrò con loro… si vedrà! Continuerò comunque a raccontarmi a tutte le persone che vorranno seguirmi con le mie emozioni attraverso la musica, poi, se sarà ancora Dreyfus Jazz oppure altro, non posso dirlo.