The Swallow Quintet – Into the Woodwork

The Swallow Quintet - Into the Woodwork

ECM Records/Watt Production – Xtra Watt 13 – 2013




Steve Swallow: basso

Carla Bley: organo

Chris Cheek: sax tenore

Steve Cardenas: chitarra

Jorge Rossy: batteria





Uno dei sodalizi più duraturi e intensi della storia del jazz, insieme a tre musicisti tra i più interessanti della generazione dei quarantenni. Un quintetto maturo con una voce gentile quanto solida, con la capacità di trovare la giusta chiave per interpretare la musica composta da Steve Swallow. Per quanto riguarda la lunga e significativa esperienza di Swallow e Carla Bley rimandiamo alla voce dello stesso bassista nell’intervista registrata nell’autunno del 2012. Chris Cheek, Steve Cardenas e Jorge Rossy sono tre interpreti di grande spessore, incontrati nei progetti a loro nome come a fianco di leader importanti, capaci di dare un apporto personale e di mantenere sempre l’equilibrio tra gli aspetti compositivi e l’esecuzione.


Le dodici tracce proposte da Swallow attraversano le varie stagioni del jazz moderno: costruzioni ardite e blues lineari, spazio per gli assolo e le espressioni dei musicisti e rispetto per le forme e le strutture. Il quintetto si lancia nelle direzioni tracciate dalla scrittura con piglio sicuro. Il lavoro viene concepito come una suite, con temi e suggestioni ricorrenti e con un filo rosso ad unire gli episodi del disco: il passo ieratico delle prime note di Sad old candle e la movimentata Into the Woodwork, introdotta dalla linea filante disegnata dall’organo, stabiliscono le coordinate espressive entro le quali si muoverà il quintetto. Il disco è estremamente compatto ed elegante, suonato con grazia e con una scelta di suoni sempre appropriata, capace di passare dalle escursioni elettriche che ricordano le collaborazioni tra Swallow e Scofield alla dimensione intima del segmento centrale, costituito da Suitable for Framing e Small Comfort. Forse, ed è un paradosso, la compiutezza raggiunta dall’architettura e la levigatezza dei suoni possono lasciare un po’ disarmati: ma è la sensazione di un momento che cede subito il posto all’impasto sonoro creato dalle cinque voci, alla connessione stretta e all’interplay.


L’approccio melodico delle composizioni di Swallow diffonde un’aura lieve e accogliente e lo sviluppo lineare, mai contorto e sempre leggibile dei temi, il senso di orientamento offerto all’ascoltatore dal ritorno ciclico di passaggi e atmosfere crea una dimensione familiare con il discorso intrapreso dal quintetto. E anche quando in Still there arrivano le citazioni all’organo di canzoni estremamente radicate nella storia americana, come può esserlo John Brown, non si supera mai il livello di guardia né si deborda nel kitsch: si rimane all’interno del quadro tracciato da Swallow, un disegno discreto, come afferma lui stesso in un’intervista relativa a questo lavoro, e pacato del lavoro nel suo complesso.