Soundscape, il nuovo disco di Stefano D’Anna

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Soundscape, il nuovo disco di Stefano D’Anna.


Stefano D’Anna è un sassofonista di grande sensibilità, dotato di una tecnica formidabile, spiccate capacità improvvisative, un’esecuzione torrenziale e un irreprensibile chiarezza esecutiva. Soundscape è il suo ultimo lavoro in quartetto, un disco dal suono moderno e “americano” nella genetica. Contiene sette brani originali che esprimono freschezza compositiva, libertà d’intenti e colori che si perdono in sprazzi di accennate melodie.



Jazz Convention: Nasci a Palermo ma vivi a Cagliari, da un’isola all’altra, da un mood ad un altro…


Stefano D’Anna: Si, l’insularità a quanto pare è nel mio karma! Al di là di questo dato comune, sono tuttavia due luoghi molto diversi. Senza dilungarsi posso dire che in generale, per me, in Sicilia è più presente il senso dell’individualismo, a volte fino all’esasperazione, mentre in Sardegna ho avvertito di più il senso di appartenenza a un territorio e la capacità di fare squadra.



JC: Leapin’ in, suonato in trio con Enzo Pietropaoli e Fabrizio Sferra, è il disco che ti ha dato una visibilità enorme, anche a livello internazionale. Da allora che sviluppi ha avuto la tua carriera?


SDA: Credo che la mia attività si sia svolta essenzialmente su un piano di approfondimento del linguaggio e delle capacità strumentali. Leapin’ in mi ha portato vari riconoscimenti, tra cui la vittoria al Top Jazz 1992 e l’inclusione nella Penguin Guide, e a esso sono seguite diverse collaborazioni prestigiose, fondamentali per l’evoluzione legata a quanto detto sopra.



JC: Dopo sono arrivati Carousel e Runa, altri due dischi di successo e tante collaborazioni, e registrazioni, importanti sviluppate nel corso degli anni.


SDA: Le collaborazioni sono forse la cosa, della mia attività, a cui in un certo senso tengo di più. Credo che per un musicista la considerazione dei colleghi sia una cosa molto importante. Per me almeno lo è senz’altro. Il fatto che musicisti come Enrico Pieranunzi, Umberto Fiorentino, Antonio Zambrini e diversi altri mi abbiano chiamato per dare voce alla propria musica è stata per me una grande soddisfazione.



JC: Soundscape è il tuo ultimo lavoro. Quanti ne hai realizzati da leader e a quale sei più legato?


SDA: Soundscape è il quinto disco a mio nome. Forse è il disco che finora preferisco. Senza nulla togliere agli altri, mi piace il fatto che raffigura una storia e delle affinità condivise tra i musicisti, e soprattutto, che è il disco di un gruppo capace di rappresentare tutto questo nella pratica viva della musica.



JC: Soundscape è in quartetto: la scelta dei musicisti e la chitarra al posto del pianoforte?


SDA: Come dicevo, ho chiamato i musicisti a cui sono più vicino per affinità e per pratiche condivise. Con Gianrico Manca abbiamo iniziato a collaborare prestissimo dopo il mio arrivo in Sardegna, e avevo da anni il desiderio di realizzare un gruppo con Enrico Bracco. La ricerca e l’esplorazione delle affinità sono alla base delle mie scelte: dopo la registrazione ho chiamato Nicola Muresu, contrabbassista esperto e davvero affidabile, con cui il gruppo ha potuto iniziare a manifestare appieno le proprie potenzialità.



JC: I sette brani che compongono Soundscape sono tutte tue composizioni. Ci puoi raccontare brevemente come nascono e quanto c’è d’improvvisato nel disco?


SDA: Passaggio, Soultown, SML e Heatwave hanno già un loro vissuto, sono stati suonati e testati dal vivo nel corso del tempo. Gli altri sono più recenti e si faranno strada nella pratica musicale. Una cosa a cui cerco di tendere è comporre dei brani che riescano ad avere una loro valenza al di fuori del contesto della registrazione di un disco. Così da risultare adatti ad essere usati come componenti del repertorio live. Non sempre questa cosa riesce. A volte dei brani che formano la scaletta di un disco terminano lì il loro percorso. Una cosa di di cui sono molto contento è che almeno sei di questi sette brani sono delle composizioni “vere”, nel senso che hanno dimostrato di essere dei veicoli significativi dell’idea che sta alla loro base, anche nelle esibizioni live. Il tema di Blues Siete si compone di un’introduzione di sax solo ispirata a degli elementi della musica del ballo sardo, chiaramente innestati in maniera opportuna nel contesto armonico e fraseologico del blues moderno.



JC: Che definizione dai al jazz suonato in Soundscape?


SDA: L’idea è quella di una proposta che riesca a coniugare gli elementi del linguaggio del jazz con l’ecletticità delle fonti ispirative e la spontaneità dell’interplay dei musicisti. Questo per dare vita a una musica che riesca a raccontare delle storie attraverso la sua realizzazione.



JC: I nuovi progetti di Stefano D’Anna?


SDA: Accanto allo sviluppo delle potenzialità di Soundscape, ci sono un paio di idee che sto mettendo a punto, ma non vorrei parlarne adesso. Per realizzare i progetti c’è bisogno di una convergenza di diversi fattori, e preferirei che a parlare fosse la musica quando sarà il momento.