Babel Label – BDV 13121 – 2013
Tom Challenger: sassofoni, clarinetto, percussioni
George Crowley: sassofoni, clarinetto
Dan Nicholls: clarinetto basso, sassofoni
Rory Simmons: tromba
Alex Bonney: tromba
Nathaniel Cross: trombone
Theon Cross: tuba
John Blease: batteria, percussioni
Tutto quello che avreste voluto sentire da una brass band e non avete mai osato chiedere. Questa parafrasi del titolo di un celebre film ad episodi di Woody Allen può ben applicarsi al disco pubblicato da Brass Mask. E in realtà anche la formazione inglese gioca con i travestimenti, la varietà e l’attitudine a puntare verso il melting pot sin dal proprio nome, maschera di ottone, dal titolo e dalle atmosfere carnascialesche della copertina.
Una brass band compatta capace di muoversi dal blues ancestrale a momenti liberi, passando per le più “familiari” atmosfere dixieland e per la traduzione in questo formato di diversi momenti della storia del jazz: in questo modo Tom Challenger, autore dei brani originali e degli arrangiamenti dei tre tradizionali Shallow Water, I Thank You Jesus, Indian Red – guida la compagine in un percorso caleidoscopico e aperto a molteplici suggestioni. Temi dalle intenzioni diverse vengono messi in luce da un continuo lavoro di orchestrazione, capace di utilizzare le diverse voci dei fiati per creare profondità sonora e varietà espressiva. E per non lasciare intentata nessuna strada, nelle tredici tracce del lavoro si affiancano brevi bozzetti di un minuto e brani sotto forma di suite che sfiorano i dieci minuti. Brass Mask fa della varietà una chiave necessaria al proprio essere, un gene presente con forza nel suo corredo.
E di conseguenza Spy Boy è un disco in continuo movimento. La coerenza complessiva viene dalla ricerca fatta sul suono e dal groove che spinge la maggior parte dei brani. Tuba, trombone e percussioni offrono una sezione ritmica fluida e capace di mescolarsi alle evoluzioni degli altri fiati e, in realtà, la dimensione ridotta della formazione permette la creazione e il disfacimento di sezioni e in questo modo il gioco armonico e melodico del gruppo riesce a coprire le necessità che si presentano di volta in volta. È quasi inutile sottolineare come questa continua danza dei vari strumenti aggiunga ogni volta un nuovo accento: ciascun musicista è costretto a rimanere vicino al centro focale del suono e a tenere sempre presenti le linee prodotte dagli altri.